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Agricoltura, un terzo dei terreni coltivabili è abbandonato

Oltre 3,7 milioni di ettari di superficie agricola in Italia potrebbero tornare in produzione: è uno degli obiettivi di Agea, l’agenzia per le erogazioni del ministero che gestisce 7,5 miliardi l’anno

di Giorgio dell'Orefice

Fondazione Enpaia, l’investitore istituzionale che guarda all’agricoltura

3' di lettura

La transizione ecologica ha già lasciato il segno in agricoltura. E l’ha lasciato in negativo con un sensibile calo (in Italia come in Francia) delle domande di aiuto Pac da parte degli agricoltori. Tuttavia, con la fuoriuscita dal settore dei piccoli proprietari, si sta anche registrando una tendenza al rafforzamento delle imprese di maggiori dimensioni e più strutturate, che in molti casi stanno rilevando terreni e attività usciti dal settore.

Insieme a queste tendenze l’agricoltura italiana ha davanti a sé anche grandi chance di rafforzamento legate, ad esempio, alla possibilità di riportare in produzione i circa 3,7 milioni di ettari di terreni abbandonati come ulteriori opportunità, in particolare in un periodo di rialzo dei tassi e di stretta creditizia potranno venire da intese col sistema bancario per favorire la liquidità anticipata basata proprio sui titoli Pac oppure dalla lotta alle frodi sui fondi comunitari e al lavoro irregolare in agricoltura.

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Si snoda attraverso questi molteplici paletti il nuovo corso di Agea, l’agenzia per le erogazioni in agricoltura, l’organismo pagatore vigilato dal ministero dell’Agricoltura dal quale transitano circa 7,5 miliardi di euro l’anno tra aiuti diretti agli agricoltori e contributi allo sviluppo rurale.

«Questo è il primo anno di applicazione della nuova riforma della Politica agricola comune – spiega il direttore di Agea, Fabio Vitale –. Una riforma che ha subordinato gli aiuti alla produzione a precisi vincoli ambientali: dalla percentuale del 4% di terreni a seminativo da lasciare a riposo obbligatorio agli ecoschemi. Alla prova dei fatti abbiamo registrato in questo primo anno un calo del 10% delle domande di aiuto in Francia e anche in Italia dove, le richieste pervenute ad Agea, sono passate dalle circa 500mila dello scorso anno alle 450mila del 2023. Si tratta di piccoli produttori che escono dal settore o di imprenditori che decidono di rimanerci ma sottoponendosi alle regole del libero mercato, rinunciando quindi agli aiuti, ma anche ai vincoli, di Bruxelles. Attenzione però, non ci sono solo uscite dal settore, ma anche il contemporaneo rafforzamento di imprese più strutturate che stanno acquisendo terreni e titoli di agricoltori che hanno abbandonato. E questo è un dato positivo».

Come grandi opportunità possono venire dal recupero di terreni abbandonati e dalla liquidità anticipata. «Sotto il primo profilo – aggiunge Vitale – abbiamo censito 3,7 milioni di ettari che potenzialmente possono tornare in produzione. Si tratta di un quantitativo pari a un terzo della superficie agricola italiana di circa 12 milioni di ettari. Occorre però una strategia che incentivi i giovani a entrare in agricoltura e d'altro canto individui le colture sulle quali è strategico investire. Riportare queste superfici in produzione potrebbe inoltre consentire all’Italia di richiedere a Bruxelles un’integrazione nei sostegni all’agricoltura. In secondo luogo, siamo convinti che nel proprio percorso di rafforzamento l’agricoltura italiana possa essere sostenuta da un’intesa col sistema creditizio per anticipare alle imprese la liquidità di cui hanno bisogno. Noi conosciamo in anticipo le somme cui ogni singola impresa ha diritto. Perché non consentire loro di avere la disponibilità di queste risorse prima della canonica data del 16 ottobre di ogni anno?».

E poi c’è l’importante capitolo dei dati, dell’enorme mole di informazioni in possesso di Agea su terreni agricoli, colture e imprese che rielaborati mediante le tecnologie digitali possono aprire nuovi scenari. «Il primo è quello della lotta alle frodi ai danni delle casse comunitarie – aggiunge il direttore di Agea –. In passato il nostro organismo era soggetto passivo delle frodi perché venivamo interpellati dall’autorità giudiziaria solo per avvalorare tesi già portate avanti dagli inquirenti. Adesso invece siamo noi che sottoponiamo alle forze dell’ordine incongruenze emerse dall'analisi dei dati in nostro possesso e dai nostri indici di rischio. Stimiamo che le frodi sugli aiuti agricoli in Italia ammontino in media a 400 milioni di euro l’anno. Grazie anche al rinnovato rapporto con i Centri di assistenza agricola riusciremo a ridimensionare questa anomalia».

E infine l’altra importante novità della nuova Pac: la condizionalità sociale (che subordina l’erogazione degli aiuti al rispetto di norme come quelle in materia sul lavoro) e in particolare il contrasto all’occupazione irregolare. «Su questo abbiamo stipulato una convenzione con l’Inps – conclude Vitale –. Sempre dall’analisi dei dati in nostro possesso se individuiamo che in un determinato vigneto per la cui vendemmia, ad esempio, è richiesta una manodopera di dieci persone al giorno e invece ci lavorano in tre segnaleremo il caso a Inps e forze dell’ordine che poi andranno a verificare».

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