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Agrifood e open innovation, 8 aziende su 10 si affidano a partner esterni

Secondo un report dell’acceleratore d’impresa Eatable Adventures e di Verona Agrifood Innovation Hub aumenta la fiducia nelle start up e la collaborazione tra aziende consolidate e player emergenti

di Gianni Rusconi

(angelo.gi - stock.adobe.com)

3' di lettura

A che punto siamo con l’innovazione (digitale) nell’agrifood? Una domanda che negli ultimi anni è divenuta sempre più ricorrente anche nel nostro Paese ma non sempre si è risposto in modo puntuale e approfondito sulle modalità attraverso le quali le aziende del settore stanno cercando di cambiare pelle.
Il rapporto stilato da Eatable Adventures, uno dei principali acceleratori globali in materia Foodtech, e promosso da Verona Agrifood Innovation Hub, fra i più importanti poli di sviluppo per l'ecosistema agrifoodtech italiano, ha cercato di fare luce proprio su questo aspetto e di mettere sotto i riflettori, in particolare, il modello dell'open innovation raccogliendo le impressioni di aziende di medie e grandi dimensioni attive in Europa (poco meno della metà del campione), America Latina e Nord America.

Ebbene, il dato che fotografa la penetrazione a livello globale di questo modello è per certi aspetti sorprendente: il 78% delle realtà oggetto di indagine, infatti, dichiara di utilizzare fonti esterne per portare innovazione all’interno della propria struttura mentre il 90% assicura di aver compreso appieno il ruolo strategico dell’innovazione aperta, tanto da confermare l’intenzione di investire o collaborare con un soggetto terzo nei prossimi tre anni (l’85% lo farà già entro il prossimo anno).

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Dal rapporto emerge inoltre come stia crescendo progressivamente la fiducia nelle start up (tra scouting di realtà virtuose, investimenti diretti in nuove imprese innovative e loro incubazione) e di conseguenza la rilevanza della collaborazione tra aziende consolidate e player emergenti, anche il ruolo di “driver” del cambiamento resta al momento nelle mani di Università, poli tecnologici e consulenti esterni.

Le principali aree di innovazione

Sebbene ancora oggi nove aziende su dieci su scala globale scelgano di concentrare i propri sforzi e investimenti nel miglioramento dei prodotti, l’attenzione si sta spostando sempre più verso le nuove tecnologie (voce che interessa il 57% delle imprese) e verso l’efficientamento dei processi (il 53%); non trascurabili sono anche l'attenzione verso la creazione di modelli di business innovativi (riguarda il 46% delle imprese) e soprattutto i progetti per dare vita a dipartimenti specifici per l’innovazione (che coinvolge il 57% del campione).

Se a sostenere quest'ultima tendenza sono soprattutto gli operatori dell'agrifood europei (in cui queste divisioni hanno un ruolo sempre più strategico nel processo decisionale), in linea generale il rapporto mostra come le imprese siano focalizzate a rafforzare la cultura dell'innovazione in prospettiva, puntando tutto su tre pillar fondamentali: sostenibilità, tracciabilità e canali di vendita.

Stando ai dati analizzati da Eatable Adventures, oltre il 75% delle imprese mostra un forte interesse per lo sviluppo di nuovi prodotti con impatti positivi a tutto tondo mentre la capacità di comprendere le nuove esigenze dei consumatori è un fattore che incide sia sulla tendenza ad essere più trasparenti sull'origine bidirezionale dei prodotti (e sull'intera filiera) sia sulla nascita di nuovi canali di vendita, capaci di integrare on e offline in una logica omnichannel.

I casi di eccellenza in Italia

Il settore agroalimentare italiano, dati alla mano, è storicamente uno dei vanti e dei motori dell'economia del Belpaese e contribuisce allo stato attuale per oltre il 16% del Pil. Non sempre, però, la filiera ha saputo cogliere l'occasione per accelerare il processo di trasformazione e mettersi al passo con gli altri Paesi, lasciando di fatto spazi enormi per affermare le potenzialità legate alla diffusione dell'open innovation.

Il report evidenzia in proposito come diverse realtà già consolidate sul mercato agroalimentare nazionale abbiano compreso l'importanza di modelli di sviluppo basati su sinergie multi-stakeholder, modelli che hanno in aziende come Amadori e Gruppo Cereal Docks i principali “ambassador” tricolori.

Il gruppo romagnolo ha creato un team dedicato in cui raccoglie talenti da diverse aree aziendali per promuovere lo nuovi progetti e soluzioni tecnologiche in un'ottica di open innovation con realtà esterne. Molto interessanti sono anche i casi del Gruppo Cereal Docks, da cui è nato Grey Silo Ventures, un fondo di venture capital deputato ad investire e a supportare startup in Europa e in Israele, e del consorzio Italia del Gusto, che ha promosso una “Innovation Accademy” per le imprese soci con l'obiettivo di stimolare la conoscenza sui temi più rilevanti legati all'innovazione.

Oltre alle aziende del settore alimentare, alla partita dell'innovazione aperta sono doverosamente iscritti infine progetti come Foodseed, l'acceleratore Foodtech della Rete Nazionale Acceleratori di Cdp Venture Capital, fra i cui investitori vi sono colossi del mondo bancario quali Unicredit e il polo Verona Agrifood Innovation Hub sostenuto da Fondazione Cariverona.

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