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Agroalimentare, il numero di imprese diminuisce più della media ma cresce l’aggregazione

In tre anni le aziende attive calate di 21mila unità (-2,6% contro -0,2% medio), ma un dato positivo arriva dall’aumento di nuove forme societarie. Digitalizzazione inferiore alla media

di E.Sg.

2' di lettura

«In tre anni, dal 2019 al 2022, le imprese attive nel settore agroalimentare sono diminuite di 21mila unità: una riduzione del 2,6% rispetto al solo 0,2% del totale economia». Lo ha detto il presidente di Unioncamere, Andrea Prete, intervenendo al convegno sui mercati agroalimentari all’ingrosso organizzato a Roma da Italmercati e European House Ambrosetti.

Sempre nello stesso periodo, nel mondo agroalimentare si è registrato un avvio di riorganizzazione che ha visto un crescente aumento delle forme societarie (+5,9%) con una progressione decisamente superiore rispetto al totale economia (+0,8%). «Favorire questi processi di aggregazione, in ottica sostenibile e digitale – ha detto Prete – può essere la strada per rendere più forti, equi e stabili i sistemi produttivi agricoli e alimentari, incentivando modelli organizzativi integrati».

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Centrale è poi «lavorare su digitalizzazione delle imprese agricole». «Come Camere di commercio – ha detto Prete – dobbiamo rispondere alle esigenze di innovazione tecnologica del comparto dove rileviamo ancora un gap nell’approccio alla trasformazione digitale. In una scala di valori compresa tra 1 e 4, la maturità digitale delle imprese agricole si attesta su 1,68 contro i 2,09 del totale imprese». Le Camere di commercio, attraverso i Pid, o Punti Impresa Digitale, dal 2018 ad oggi hanno raggiunto circa 3.500 aziende agricole, per aiutarle ad affrontare il tema dell’intelligenza artificiale e dell’agricoltura di precisione.

Secondo lo studio “L’Italia alla prova del cambiamento: la risposta dei mercati agroalimentari all’ingrosso”, il settore dei mercati all’ingrosso – attorno al qualie gravitano oltre 3mila imprese per 26mila posti di lavoro – impatta sul Pil per 12,9 miliardi e ha svolto il ruolo di ammortizzatore dell’impatto inflazionistico. Nel 2022, «per ben il 53% delle volte, i mercati sono stati in grado di attutire le ricadute dell’inflazione a due cifre sul portafoglio dei consumatori».

Inoltre «i 150 milioni di euro del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza stanziati per i mercati agroalimentari italiani genereranno un giro d’affari ulteriore di 2,8 miliardi di euro annui e 7.000 posti di lavoro».

«Nell’attuale contesto di poli-crisi che stanno colpendo tutti gli operatori del sistema economico italiano – ha spiegato Valerio De Molli, ceo di The European House Ambrosetti – i mercati agroalimentari all’ingrosso, nonostante una pressione crescente sui propri costi operativi, hanno trattenuto al loro interno tutta la pressione inflattiva per almeno un mese nell’anno e per almeno 6 mesi nel 53% dei casi analizzati».

«I mercati all’ingrosso rappresentano la soluzione per combattere l’inflazione – ha detto Fabio Massimo Pallottini, presidente di Italmercati – variabile che sta disintegrando il potere d’acquisto dei consumatori e la capacità di investimento delle imprese».

Con un tasso di crescita media annuale del 2,5%, la rete Italmercati, che riunisce i 21 mercati agroalimentari principali italiani, sono in controtendenza rispetto al settore alimentare all’ingrosso per il quale è stato registrato negli ultimi anni un calo dello 0,1%. Anche gli investimenti hanno segnato una forte crescita, raggiungendo i 52 milioni nel 2022, con un tasso medio annuo del +6,8% dal 2015, a fronte di un calo generale nel settore.

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