Agrorobotica e intelligenza artificiale, così Farm Zero risponde al Covid
Nel Veronese una piattaforma di coltivazione intensiva verticale, modulare e scalabile, completamente automatizzata che coniuga sostenibilità e produttività
di Gianni Rusconi
3' di lettura
La sua prerogativa è quella di essere una piattaforma di coltivazione intensiva verticale, modulare e scalabile, completamente automatizzata, brevettata e basata su sistemi di intelligenza artificiale. E soprattutto quella di essere tra le prime in Italia ad abbinare in modo massivo i concetti di agronomia e di robotica.
“Farm Zero” è la creatura della veronese (di San Giovanni Lupatoto) Ono Exponential Farming, una startup tecnologica che ha preso forma e sostanza grazie all’intuizione del suo fondatore, Thomas Ambrosi, e alle competenze di Tor.Mec Ambrosi, società (di cui Ambrosi è amministratore delegato) di ingegneria specializzata in ambito meccatronico.
L’obiettivo che ha accompagnato il progetto nella sua lunga fase di sviluppo può essere riassunto in due parole: sostenibilità e produttività, e quindi riduzione fino al 70% del consumo energetico (per kw-Ton) e del 95% di acqua rispetto alle tradizionali fattorie verticali e una densità del raccolto triplicata per metro cubo di spazio occupato.
Il tutto senza alcun intervento umano e senza pesticidi, ma con la garanzia di poter ottimizzare i parametri qualitativi delle piante attraverso una gestione mirata delle condizioni climatiche e dei nutrimenti per ogni tipologia di coltura.
Oggi nei vassoi di Ono si possono coltivare piante in foglia e aromatiche (lattuga, rucola, salvia e via dicendo) o micro-piante di girasole e pomodoro, domani potrebbero trovare posto ortaggi, alghe e insetti per utilizzo in campo farmaceutico.
Ma perché una piattaforma indoor “agrobotica” come Farm Zero” (così come la definisce Ambrosi) può essere una delle tante risposte alla pandemia del Coronavirus, e quindi a una domanda globale in crescita e a una filiera agroalimentare soggetta a fortissime pressioni?
«L’emergenza – spiega Ambrosi al Sole24ore – ha sottolineato da un lato l’esigenza di ridurre la presenza umana nel processo di produzione di alimenti essenziali per la sopravvivenza, soprattutto in situazioni di crisi sanitarie come quella attuale, e dall'altro il fatto che l’automazione non sia da considerarsi più un’alternativa ma una necessità. La scarsità di risorse produttive locali e la dipendenza da fornitori terzi ha evidenziato inoltre l'urgente necessità di soluzioni innovative ed economiche per l'agricoltura, anche di quella indoor».
Solo un sistema completamente integrato e in grado di coniugare robotica, informatica (sensori, Internet of Things, database in cloud, blockchain per la tracciabilità dei prodotti) e biotech può quindi assicurare, nella visione di Ono, la possibilità di coltivare qualsiasi prodotto in qualsiasi momento dell’anno, riducendo i rischi di mancato approvvigionamento per la popolazione.
La “farm”, dice Ambrosi, è paragonabile a un terminale collegato a un cervello di elaborazione remoto, gli algoritmi di machine learning riducono i possibili errori nelle fasi di processo ma l'uomo rimane sempre e comunque un elemento centrale in questo nuovo modo di coltivare.
«Ci piace definirci game-changer, perché la nostra missione è quella di dare una spinta in avanti alla tecnologia, sfruttando il grane know how che abbiamo nel campo dell'automazione».
A tendere, l’intenzione è quella di creare attorno a Ono un ecosistema aperto in cui far convergere (anche su scala internazionale) i farmer 4.0, e cioè gli agricoltori “in camice bianco” con una spiccata vocazione digitale e tecnologica, gli operatori del settore ma anche i centri di ricerca e le università. E se l’agricoltura verticale oggi presenta costi superiori a quella tradizionale, in prospettiva i risparmi possibili in fatto di emissioni nocive, consumi e scarti di produzione giustificano ampiamente la scommessa. Una scommessa che dovrebbe produrre risultati a partire dal 2021 (quando sono previsti a portafoglio i primi clienti) e che per Ambrosi ha voluto essere “esponenziale” perché trova fondamento nell'infinità scalabilità del sistema e nei principi del modello “lean” giapponese, nella possibilità di produrre “just in time” e a km zero.
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