Ah, l’amore! Gioie e dolori secondo i Perturbazione
Un disco con 23 canzoni dedicato al re dei sentimenti, dal suo fiorire ai rimpianti finali. Un “concept album” doppio – si sarebbe detto una volta – straordinariamente inattuale
di Francesco Prisco
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Vi hanno detto che la musica è finita, gli amici se ne vanno e forse hanno ragione loro ad andarsene. Vi hanno spiegato numeri alla mano che adesso comanda l'algoritmo e quindi bisogna scrivere singoli, mica gli album. E che questi singoli devono essere semplici, furbi, brevi, col titolo di una parola al massimo, il tutto a portata di streaming. Vi hanno fatto capire che, comunque vada, il disco serve il giusto, le canzoni devono solo fare repertorio, perché tanto i soldi adesso li fai dal vivo. Poi è arrivato il Coronavirus e, allora, contrordine compagni: stringiamo la cinghia, tiriamo il fiato ché manco i concerti possiamo fare, ma arriveranno tempi migliori e tutto sarà come prima. Forse. Perché potrebbe pure succedere che solo i pesci grossi continueranno a stare a galla e quelli piccoli affogheranno. «It's all true», proprio come avrebbe detto il più grande falsario della storia ma, mamma mia, che noia.
Poi ogni tanto succede l'imponderabile, cose che per le logiche del nuovo music business non stanno né in cielo, né in terra. Tipo: il 29 maggio esce un disco di 23 brani, legati da un unico filo conduttore, un “concept album” doppio, si sarebbe detto una volta. Titolo: (dis)amore, minuscolo e tra parentesi, proprio come lo avrebbe scritto Enrico Ghezzi. Anzi: enrico ghezzi. Racconta l'intera parabola di una storia d'amore, l'innamoramento (Le spalle nell'abbraccio, Le regole dell'attrazione), l'amore consumato (Le sigarette dopo il sesso), la convivenza (La nuda proprietà), la crisi (La sindrome del criceto), i rimpianti (Io mi domando se eravamo noi). I riferimenti musicali sono preciso l'opposto di quello che suona per radio adesso: c'è tanto dei R.E.M. acustici, Half a World Away o giù di lì. Insomma, un disco inattuale per il quale possiamo provare il brivido di tornare a utilizzare appropriatamente un termine abusato nell'ultimo decennio: indie. Perché esce per la label indipendente Alabianca e porta la firma di una band che appartiene alla seconda ondata dell'indie italiano: i Perturbazione.
Tornando a (dis)amore, secondo Lo Mele, «c'è molto e molto poco insieme di autobiografico, in questo disco. Rossano e Tommaso, che sono gli autori dei testi, si nutrono della vita che ci circonda e, per questioni anagrafiche, ultimamente siamo stati circondati da molte storie di disamore, ma c'è anche molta letteratura dentro. Quindi c'è un pezzo della storia di quel nostro amico che si è separato che viene vista con gli occhi di Natalia Ginzburg o ancora quella nostra amica che sembra uscita da un racconto di Federico Pace. Ci sono dunque le vite degli altri che potrebbero essere le nostre o quelle di chi si ritroverà ad ascoltare il disco».
Quanto coraggio e sana incoscienza ci vogliono per pubblicare un concept album nell'età dello streaming? «In realtà dietro a questa decisione c'è proprio una presa forte di coscienza da parte nostra, risponde Lo Mele. «Abbiamo scavato in fondo al nostro percorso, a chi siamo e chi siamo stati da quando oltre trent'anni fa abbiamo preso in mano lo strumento per la prima volta a oggi. Per come siamo cresciuti e per ciò che siamo diventati, sarebbe stato incosciente ignorare la nostra attitudine per mettersi al passo con quel modo usa e getta: se la musica fosse una specialità podistica, noi saremmo senz'altro più dei fondisti che dei velocisti». Naturale, quindi, per (dis)amore la collocazione fuori dal recinto delle major: «Non penso che avrebbero trovato la pazienza e il tempo per stare appresso a dei fondisti, in una scena dominata da velocisti».
Non c'è musica senza pubblico
Resta il tema di come cambierà il music business dopo il virus. Anche la produzione (dis)amore ne ha risentito: «Abbiamo rinviato il disco di oltre due mesi, questo per attendere che la distribuzione fisica ripartisse perché siamo ancora legati al feticcio», racconta Lo Mele. «Ma avevamo comunque voglia e necessità di far uscire questo disco, la cui lavorazione in studio è cominciata ormai due anni fa. Siamo molto dispiaciuti che il disco esca in un periodo così difficile, in cui sarà impossibile stringere mani e chiacchierare con il pubblico che normalmente partecipa alle presentazioni, tutto questo rende un po' monco quel momento catartico che è la pubblicazione di un'opera dietro a cui si spendono giorni, mesi, anni di lavoro e di silenzio: ma l'urgenza di comunicare, con tutto il suo carico di errori in buona fede, ci ha spinto a pubblicare non appena possibile».
Toccherà anche fare i conti su come cambierà il live. Streaming, drive-in, mini-eventi con 200 persone al chiuso e mille all'aperto: quali di queste soluzioni sembrano più praticabili ai Perturbazione nella fase della «convivenza» con il virus? «In questo periodo di quarantena abbiamo fatto sovraddose di live in streaming», spiega Lo Mele, «ed è stato un buon modo di studiarli: ci sono stati alcuni streaming molto brutti, per carenza di mezzi audio/video, che rendevano un brutto servizio alla musica, mentre altri, quelli con una produzione dietro, sono stati molto belli se non addirittura suggestivi. Penso al Primo Maggio ma soprattutto alla bellissima esibizione di Diodato dall'Arena di Verona per l'Eurovision Song Contest. Ma la cosa che più è parsa lampante è che, belle o brutte che fossero, queste performance risultavano aliene per l'assenza di pubblico. Ho dunque avuto conferma che la parte più importante di un concerto sia il pubblico, possibilmente non chiuso in macchina o loculi di vario tipo. Per questa ragione credo che la sola ripartenza possibile sia quella con il pubblico presente, seppur con ingressi contingentati e tutte le misure necessarie alla sicurezza. Certo su questa proposta c'è ancora molta strada da fare: è impensabile che una persona non possa avere con sé o acquistare una bottiglia d'acqua o una birra, bisognerebbe rivedere l'impatto che la circolare Gabrielli ha sugli eventi, i costi per le location dovrebbero essere commisurati con la capacità dell'organizzatore di sostenere quei costi», conclude il chitarrista della band piemontese. Nella speranza di sentire presto dal vivo le canzoni di (dis)amore.
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