Ai piedi del Brenta, sette indirizzi dove scoprire l'essenza del turismo naturale
Ci sono hotel pensati come estensione del paesaggio con arredi biofilici, risparmio energetico. Luoghi in cui il confine fra interno ed esterno scompare.
di Mariangela Rossi
6' di lettura
Tutto può nascere da una riga. «Per Omar, mio marito, è stato un tratto di matita. Ha avuto la visione di una casa con un tetto d'erba, poi ha tirato una riga. Ce la siamo immaginata così, nascosta come un rifugio, in cui i confini si annullano», racconta Elisa Periotto, proprietaria con la famiglia di Casariga , nomen omen, nascosta nella piega di un pendio nei pressi di Comano Terme, in Trentino. Dall'esterno, dove il tetto sembra essere la continuazione del grande prato - 1.000 metri quadrati, come una platea - si vede solo legno di larice, muri in pietra fatti con i massi raccolti durante gli scavi, vetro e acciaio corten. Ma soprattutto prati, boschi di conifere, fiori. Un tripudio di profumi, sovrastato da quello del legno di pino grezzo, che ritrovo anche nella camera, come se la parete-vetrata non esistesse. Dentro è fuori, fuori è dentro. Casariga, esempio concreto di simbiosi tra architettura e natura, è eco-sostenibile e ad alto risparmio energetico, offre sistemi di climatizzazione passivi, colonnine di ricarica Tesla, e-bike e solo sette camere.
In una di queste mi trovo io ora, con la sensazione di essere lì fuori, nel verde, che induce a un rallentamento naturale dei ritmi cardiaci e concilia il sonno: vedremo stasera. Intanto mi raccontano che qui capita, alla mattina presto, di scorgere qualche capriolo, che si avvicina senza paura. L'arredo è minimalista e quasi monacale, perché «chi entra deve saper vedere l'essenzialità come un valore», sottolinea Elisa, mentre mi invita a seguirla nel suo meleto, mostrandomi il monte Casale, dalla cui vetta, a 1.600 metri, il panorama spazia dalle Dolomiti del Brenta alla Marmolada, dall'Adamello al lago di Garda. Sto già pensando al trekking del giorno dopo, lungo la strada forestale, tra paesini e malghe. «Bisogna camminare per vedere il mondo da un altro punto di vista. Noi non ci siamo mai fermati». Non mi può trovare più d'accordo.
Penso al rapporto poetico con la natura che aveva Giovanni Segantini, il pittore divisionista nato nella vicina Arco, che, nelle sue tele, prima del trasferimento in Engadina, narrava tutto l'amore per il suo Trentino. La vita rurale, l'idillio alpestre, i pascoli, gli scorci di paesaggio, i cieli immensi. Si ritrovano anche negli acquerelli di Dürer, nei ricordi di Mozart, nell'immaginazione visiva di altri artisti, tra cui Fortunato Depero, che in Trentino erano nati o venivano spesso. «Io accarezzo col pennello i fili d'erba, i fiori, gli animali e l'uomo», ripeteva lo stesso Segantini, a cui è stata dedicata l'omonima Galleria all'interno di Palazzo Panni, ad Arco. Nacque a metà Ottocento sotto il Castello Asburgico, raggiungibile dal centro storico attraverso l'antica olivaia, dove il mio sguardo è puntato in questo istante.
Camminando, metaforicamente, sono arrivata ora alla Tenuta Maso Bòtes , di proprietà della famiglia Santuliana: una struttura rotondeggiante ad anfiteatro, in pietra, ispirata ai vecchi muretti a secco, in un gioco di forme concave e convesse. Con frantoio, arnie per le api e solo sette camere, di cui alcune, come la Castel d'Arco dove mi trovo, affacciate sull'antico maniero e sulla zona cara a Segantini. Atmosfera di ieri, ambiente bucolico, ma all'interno dettagli contemporanei, tra cui la poltrona Barcelona di Mies van der Rohe. Altre quattro stanze, tra cui la Garda Lake, regalano, invece, una bella vista sul lago dalla collina, in particolare al tramonto. Difficile non esserne sedotti. Facile, invece, capire perché questa zona del Trentino, definito “il Tirolo italiano”, tra la fine dell'Ottocento e i primi del Novecento divenne la meta più ambita dalle teste coronate e dall'alta società dell'Impero Asburgico.
Il Lido Palace , cinque stelle a Riva del Garda, durante la Belle Époque raggiunse il suo massimo splendore e ancora oggi, dopo il restyling a cura dell'architetto Alberto Cecchetto, si respira quell'eleganza austera, accostata a echi moderni, come gli arredi di design e i tocchi insoliti di colore. Dalla suite Apponale, il colpo d'occhio sul lago è completo: dalla Fraglia, il Circolo Vela da dove partono le regate internazionali, alle montagne come cima Rocchetta, che calano a picco sull'acqua, e, in lontananza, anche la chiesetta di Santa Barbara. Ci hanno pensato pittori, poeti, scrittori a celebrare le acque del Garda, ma io ora immagino la Granduchessa russa Olga Aleksandrovna Romanova, sorella dello zar Nicola II, o la Regina Elena, moglie di Vittorio Emanuele, rimanere stupite dallo stesso incanto del lago. Da scoprire salendo sul monte Baldo e sul monte Brione, che attirano biker, rocciatori, patiti del deltaplano. Mi concedo un altro punto di vista facendo yoga sul lago nella zona sud del grande parco, tra cedri centenari, cipressi, bossi e palme che conferiscono un'allure quasi più mediterranea a questo angolo di Trentino.
A proposito di attività olistiche, decido di rimanere in questo mood ovattato, ma di spostarmi sulle vette al Lefay Resort & SPA Dolomiti , a Pinzolo, nel cuore della Val Rendena e della ski area di Madonna di Campiglio. La famiglia Leali, già fondatrice della compagnia Air Dolomiti, ceduta anni fa a Lufthansa, proprietaria di un omonimo resort sempre sul lago di Garda e in procinto di lanciare la terza struttura del Gruppo Lefay tra le colline della Toscana, crede profondamente nell'eco-sostenibilità. Si nota nella bio-architettura firmata da Hugo Demetz, con interior design a cura dello Studio Apostoli, dove spiccano legni di abete, larice e rovere, accostati alla tonalite dell'Adamello, la pietra granitica utilizzata per i fontanili nei pascoli.
Si coglie anche nella cucina gourmet del ristorante Grual, con materie prime biologiche dai fornitori della zona e ispirazione, stile bosco incantato, dalla montagna che fa da sfondo. Non ho che l'imbarazzo della scelta per uno scenario diverso a ogni ora della giornata. Di prima mattina prenoto una lezione di Qi Gong con la trainer giapponese Arisa Shiraishi, nella sala davanti al lago, con pontile zen e piante acquatiche e ossigenanti, come la “piuma della pampa”. Dal grande living, che richiama i lodge di Aspen, con vetrate sulla Val Rendena, lo sguardo cade su un piccolo punto incastonato nella roccia, l'Eremo di San Martino, raggiungibile attraverso un sentiero un po' ripido. Dalla Royal Pool & Spa Suite, con due saune e una whirlpool sul terrazzo, spiccano i profili del Carè Alto, con la sua punta rocciosa, e, sulla destra, il ghiacciaio Presanella. Il paese di Pinzolo è a due passi, scorgo il campanile della Chiesa di San Vigilio, famosa per l'affresco esterno, Danza Macabra, lungo 21 metri e dipinto da Simone Baschenis di Averara nel 1539.
Di borgo in borgo, di montagna in montagna. Fai della Paganella, su un altopiano circondato dall'omonima montagna e dalle vette del Brenta, è un altro delizioso angolo di storia e natura. «La sera noi bambini ci sedevamo con i vecchi contadini sulle panchine di legno e ascoltavamo le loro storie di orsi e altri animali che vivevano nelle profonde foreste del Fausior e della Paganella». È nostalgica quando racconta Ingrid, giovane e bionda baronessa de Craigher Unterrichter, proprietaria del Castello Fai , dal 1620 appartenuto sempre alla stessa famiglia, ex residenza di caccia, poi dimora privata, intorno al 1959 tra i primi B&B con 20 camere e ospiti per lo più della vecchia aristocrazia inglese. Oggi è aperto all'ospitalità in appartamenti dopo un sapiente restauro, come la Residenza delle Contesse, nella suggestiva ala destra, tra affreschi, stemmi e ritratti di antenate, con vista sul borgo e il monte come cornice. C'è una luce speciale, anche nel giardino, dove i cespugli di more e ribes riportano alla mente di Ingrid le ore trascorse con la nonna a preparare marmellate.
La stessa luce che ritrovo, salendo nei boschi della Val di Non, diretta verso la Baita del Cáin , chalet su due piani situato appena fuori Fondo, isolato in un silenzio quasi irreale, a 1.400 metri. Tra larici, pini, abeti rossi e bianchi e un manto fiorito di cuscini di erica che apre la strada e fa da sottobosco. Sorseggiando un Teroldego della Piana Rotaliana, tra i re dei vini trentini, dal divano intravedo le vette della Catena delle Maddalene, e poi, in cima al prato che circonda la baita, le Dolomiti di Brenta. Ma il mio percorso non è finito e ho voglia di salire ancora di più, sino a 2.225 metri, al Rifugio Salei , in Val di Fassa, sul percorso dei Quattro Passi, il Sellaronda. Se in inverno è molto amato come hotel ski-in/ski-out, direttamente sulle piste, con poche camere in legno, area wellness, saune e piscina riscaldata, in estate si aprono sempre nuovi sentieri e ognuno di essi fa scoprire panorami affascinanti, se si ha la curiosità di cambiare direzione. Sul Pordoi, sulla Marmolada, sul Sella, ai piedi del Sasso Piatto e del Sassolungo. Dove la riga da cercare, questa volta, è quella di un orizzonte dolomitico impareggiabile.
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