Airbnb, New York limita gli affitti brevi: meno case per turisti, più costi per host
Da oggi è in vigore la legge che consente l’affitto breve solo di appartamenti dove gli host, cioè i proprietari o gli affittuari, risiedono in prima persona e sono effettivamente presenti. In Italia, per ora, se ne parla
di Laura Cavestri
5' di lettura
In Europa ci stanno provando (e non sempre con successo, come ad Amsterdam). Da oggi, alle città che puntano a limitare il fenomeno degli “affitti brevi”, si è aggiunta New York. Da martedì 5 settembre è infatti entrata in vigore una legge in base alla quale, previa registrazione in un pubblico registro municipale, possono essere offerti in affitto breve solo appartamenti dove gli host, cioè i proprietari o gli affittuari, risiedono in prima persona e sono effettivamente presenti. Non solo. Gli ospiti non possono essere più di due.
Il caso di New York
Airbnb, Vrbo e Booking.com per incassare le commissioni sugli affitti a breve dovranno quindi assicurarsi che chi mette a disposizione la propria casa abbia ottenuto la necessaria autorizzazione. Salate le sanzioni: gli host che violano le regole potrebbero incorrere in multe fino a 5mila dollari per i recidivi e le piattaforme potrebbero essere multate fino a 1.500 dollari per transazioni che coinvolgono affitti illegali.
Regole stringenti, che di fatto mettono fuori mercato gli accoglienti appartamenti con due e tre camere da letto vicino ai musei per famiglie e persino la possibilità, per le persone, di affittare il proprio appartamento nei fine settimana quando sono via. Anche se Airbnb, Vrbo e altri operatori possono continuare a operare a New York, le nuove regole sono così rigide da tradursi in un “divieto di fatto” sulla propria attività e nella scomparsa di migliaia di annunci.
Secondo le autorità locali, gli affitti a breve tramite Airbnb e altre piattaforme hanno spinto al rialzo gli affitti ed esacerbato la crisi immobiliare della città. Molti però criticano le nuove norme e accusano la città di essersi piegata alla lobby degli alberghi, con il risultato di eliminare alternative più economiche per i visitatori.
L'Associazione affitti brevi: decisione ingiustificata
«Quello che va subito messo in chiaro – ha sottolineato Marco Celani, presidente Aigab, associazione italiana gestori affitti brevi – è che il numero delle case che a New York City sono messe a reddito con gli affitti brevi è davvero irrisorio ed irrilevante. Ad agosto 2023, infatti, il portale Inside Airbnb ha mappato circa 43mila annunci online a New York City, di cui il 42% sono camere in condivisione e il 56% case intere. Rispetto al totale delle case esistenti nella Grande Mela (che sono circa 7,8milioni), stiamo quindi parlando di un’incidenza dello 0,5% del totale annunci e dello 0,1% di quelli frequentemente e abitualmente affittate. Si tratta di dati che dimostrano in maniera evidente che la decisione di limitare gli affitti brevi è ingiustificata e risponde alla necessità di accontentare interessi particolari e non risponde ad un allarme reale».
Opposto il parere di Federalberghi. «Non c’è da inventarsi nulla di nuovo – ha detto Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi –. Se tu affitti delle stanze nella casa in cui risiedi va bene, altrimenti no. Chi difende il tema degli affitti brevi dicendo che è un’integrazione al reddito familiare non considera questo: in Italia si comprano appartamenti appositamente per affittarli e questa è un’attività commerciale a tutti gli effetti, non un’integrazione del reddito ma un business. Quindi torniamo al tema di sempre: stesso mercato, stesse regole».
Solo nel 2022, gli annunci di affitti a breve termine hanno fruttato 85 milioni di dollari a New York. Se la città rappresenta una fetta relativamente piccola del mercato globale di Airbnb, le nuove regole mostrano come i governi locali possono incidere, con norme locali, su questo segmento del mercato delle locazioni e metterlo in crisi. New York, infatti, non è l’unica città che si è mossa in tal senso.
I precedenti di fermare gli affitti brevi
E ognuno sta adottando un approccio diverso. Dallas ha limitato gli affitti a breve termine a quartieri specifici per evitare feste rumorose e pericolose. La provincia canadese del Quebec e Memphis, nel Tennessee, ora richiedono licenze per affitti a breve termine. A San Francisco, il tempo in cui qualcuno può mettere in affitto la propria intera residenza su Airbnb è limitato a 90 giorni all’anno.
Non solo. Il disegno di legge 584 del Senato della California – noto come Laborforce Housing Financing Act – se approvato punta a tassare il 15% dei prezzi degli affitti a breve termine, che il disegno di legge definisce come soggiorni non superiori a 30 giorni in case, case o alloggi che non siano un hotel, motel, locanda o bed and breakfast – a partire dal 2025. I legislatori hanno previsto che il disegno di legge potrebbe generare circa 150 milioni di dollari di entrate fiscali ogni anno, che verrebbero depositati in un fondo per alloggi a prezzi accessibili creato dallo stesso disegno di legge.
A New York Airbnb ha provato a contrastare la nuova legge, fino ad oggi senza successo.
In Europa
A luglio di tre anni fa i divieti erano scattati anche ad Amsterdam: possibile mettere in affitto le proprie case ai turisti solo con permessi specifici, al massimo 4 persone per volta e per non più di 30 giorni l’anno. Un limite che Parigi aveva portato a 120 giorni. Berlino in precedenza aveva vietato quasi tutti gli Airbnb, ma aveva adottato la decisione nel 2018.
Tuttavia, proprio a luglio di quest’anno, il massimo organo amministrativo olandese, il Consiglio di Stato – Il Raad van State – aveva stabilito che il comune di Amsterdam non può vietare ai residenti di determinati quartieri del centro città (Burgwallen Oude Zijde, Burgwallen Nieuwe Zijde e Grachtengordel-Zuid) di affittare le proprie case ai turisti.
A Berlino il divieto è stato revocato, ma rimangono regole rigide, applicate con pesanti multe. Gli host di Airbnb in città devono avere un permesso per affittare un’intera proprietà a breve termine. Le seconde case possono essere affittate per un massimo di 90 giorni all’anno
In Italia
In attesa di capire se e quali restrizioni arriveranno con il disegno di legge “Santanchè”, a luglio, la domanda di seconde case in affitto breve (rispetto allo stesso periodo del 2022) è cresciuta del 25%, con un leggero calo nelle città d’arte e un aumento in altre località balneari e turistiche. Lo sottolineano i dati elaborati dal Centro Studi Aigab su base AirDNA. In Italia – nelle aree densamente turistiche – è un business che consente anche di mettere a reddito un appartamento risparmiandosi liti e contenziosi legali con gli inquilini che non pagano o non lasciano l’appartamento al termine del contratto tradizionale e che da noi sono particolarmente lunghi.
A fine maggio, tuttavia, su pressing di città come Firenze, Roma, Venezia che premevano per una qualche forma di limitazione del fenomeno, è stata proposta una bozza di disegno di legge dal ministro del Turismo, Daniela Santanchè, che obbligherebbe ad ottenere un codice identificativo nazionale (con annesse sanzioni per chi viene colto inadempiente) e vorrebbe introdurre un pernottamento minimo di 2 notti nei comuni a densità turistica alta, che includerebbe 14 città metropolitane (che sono Milano, Roma, Torino, Genova, Bologna, Firenze, Venezia, Napoli, Bari, Reggio Calabria, Palermo, Catania, Messina e Cagliari) e alcuni comuni molto turistici. Il testo è al vaglio di un tavolo tecnico con Comuni e operatori del settore ma in estate non sembra aver fatto sostanziali passi avanti.
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