Aiuti di Stato, Politica di coesione e PNRR: (ri)pensare la politica industriale
a cura di CNR ISSIRFA*
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Negli ultimi anni la spesa in aiuti di stato è stata direttamente correlata alla capacità fiscale dei diversi Paesi europei. La Commissione europea ha più volte sottolineato come tra le più importanti determinati della spesa in aiuti ci sia appunto il Prodotto Interno Lordo. Il divario della spesa in aiuti si è peraltro acuito nel corso della pandemia, durante la quale Paesi con potenziale economico e fiscale maggiore hanno potuto sostenere in maniera più agevole le proprie economie. Inoltre, una simile dinamica si è riverberata a livello regionale. Nel caso italiano, infatti, durante le recessioni le Regioni del Nord sono riuscite a sostenere il loro sistema produttivo in misura maggiore rispetto alle Regioni del Sud, grazie ad una maggiore disponibilità di risorse proprie.
Oggi l'esigenza di rispondere alla spinta che Stati Uniti e Cina stanno imprimendo agli investimenti, la corsa all'indipendenza e alla sovranità tecnologica e le sfide che pongono le transizioni ecologica e digitale, stanno portando ad una nuova configurazione delle regole sugli aiuti di Stato (vedi Temporary Framework e nuovo Regolamento generale di esenzione per categoria) che ancor più possono favorire sentieri di sviluppo asimmetrici tra il nord e il sud dell'Europa.
Evoluzione degli aiuti di Stato
Gli aiuti di Stato per oltre un decennio sono scomparsi dalle politiche pubbliche dei paesi europei, poiché si ritenevano da un lato poco utili a sostenere i settori strategici, dall'altro forieri di distorsioni del funzionamento del mercato comune. Più in generale, la politica industriale è stata accantonata a favore di politiche orizzontali, come ad esempio gli incentivi alle attività di ricerca e innovazione, poiché ritenute più efficaci e coerenti con la necessità di garantire la concorrenza nel mercato comune europeo. Da qualche anno, e con più forza negli anni più recenti, la Commissione Europea ha definitivamente rilanciato una politica industriale europea, anche grazie al nuovo regime a favore degli aiuti di Stato che, ricordiamo, sono destinati dai singoli Stati Membri a favore di settori tecnologici ritenuti strategici. In questo ambito l'Unione Europea non agisce da sola.
La Cina da anni ha messo in piedi una poderosa politica industriale volta a rendersi autonoma dall'Occidente nei settori ad elevata tecnologia, come ad esempio il caso dei semiconduttori. Lo stesso ha fatto di recente l'Amministrazione Biden negli Stati Uniti, promulgando provvedimenti volti a sostenere la filiera della produzione dei chips nel Paese.
Quale rapporto con la politica di coesione e il PNRR?
Occorre riflettere se e in che modo le leve politiche, economiche e normative utilizzate per favorire una maggiore competitività delle imprese europee non rischino di limitare gli effetti della politica di coesione, ponendosi in contraddizione anche con gli obiettivi trasversali del dispositivo di ripresa e resilienza, vale a dire favorire una crescita omogena e colmare i divari di sviluppo.Se da un lato le risorse a disposizione - alla politica di coesione, del valore di circa 75 miliardi di euro per il periodo 2021-2027, si sommano i 190 miliardi di euro messi a disposizione nell'ambito del programma “Next Generation – EU” (NGEU) - rappresentano una solida base per consentire un rilancio degli investimenti nel mezzogiorno, dall'altro è indubbio che la nuova politica industriale europea possa spiazzare la politica di coesione favorendo una maggiore concentrazione dell'attività economica, sospinta come detto, dal crescente potere accentratore insito nelle nuove tecnologie e dalla propensione all'agglomerazione che, per caratteristiche endogene, hanno una maggiore dotazione di conoscenza e capitale umano qualificato.
Per evitare che ciò accada è necessario lavorare ad una costruzione della politica industriale europea che sappia potenziare le filiere industriali strategiche e al contempo invertire la dinamica stagnante degli investimenti nelle aree periferiche dell'Europa. Per garantire un effettivo level playing field molti sono gli ambiti su cui la Commissione europea e i policy maker nazionali devono intervenire. Rilassare le regole della concorrenza può avere senso in un contesto geopolitico fortemente mutato ma occorre, parallelamente, costruire una strategia europea per sostenere le aree in ritardo di sviluppo. Le sorti delle periferie d'Europa non possono essere abbandonate alle capacità (troppo eterogenee in termini di quantità e qualità della spesa) delle amministrazioni regionali di utilizzare le risorse.
* Questo articolo riprende i contenuti di EU Talks, un format proposto da Il Sole 24 Ore insieme al CNR ISSIRFA per discutere in diretta Instgram di politica di coesione e fondi strutturali europei, e del loro ruolo nelle politiche di sviluppo in Italia.
Nel terzo appuntamento che si è svolto giovedì 20 aprile (e che è possibile recuperare online sulla pagina Instagram del Sole) si è discusso della relazione tra fondi di coesione, PNRR e aiuti di Stato. CNR ISSIRFA, insieme a Osservatorio Balcani-Caucaso, è partner del Sole 24 Ore nel progetto Work for Future, finanziato dalla Commissione europea
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