Al festival dell’Economia premiati 10 progetti per un futuro più green e paritario
Quali sono i progetti sviluppati da universitari per costruire risposte sui temi del gender gap e della transizione energetica vincitori al Festival di Trento
di Redazione Lunedì
I punti chiave
14' di lettura
Sostenibilità e parità di genere. Sono questi i temi attorno alle quali si sono sviluppate le «Visioni di futuro», una challenge lanciata dal Sole 24 Ore e conclusasi venerdì 3 giugno con la premiazione dei 10 vincitori nell’ambito del Festival dell’Economia di Trento.
Sotto i riflettori, nella sala Depero del Palazzo della Provincia, gli studenti universitari e i dottorandi che hanno vinto la sfida per aver espresso le migliori visioni progettuali sui due temi individuati come strategici dal Comitato scientifico del Festival dell’Economia. I ragazzi sono stati premiati alla presenza del presidente del Gruppo 24 Ore, Edoardo Garrone, dell’amministratrice delegata, Mirja Cartia d’Asero, del direttore del Sole 24 Ore, Fabio Tamburini, e del direttore generale 24 Ore System e amministratore delegato 24 Ore Eventi, Federico Silvestri, la giuria del premio costituita dal Comitato scientifico del Festival Gabriella Berloffa e Luigi Bonatti dell’università di Trento e Adriana Castagnoli dell’Università di Torino (più Tamburini). «Il contest - ha detto l’ad del Gruppo 24 Ore - è una finestra sul futuro, un’iniziativa dedicata ai ragazzi, per renderli protagonisti di questi tempi. Abbiamo individuato due temi - la parità di genere e la transizione energetica - tra quelli più urgenti oggi da trattare, al fine di creare insieme una società più inclusiva».
L’obiettivo della gara
L’iniziativa è nata per esortare i giovani a mettersi in gioco ponendosi come protagonisti nella costruzione di risposte alle grandi sfide del nostro tempo. I giovani partecipanti sono stati invitati a misurarsi innanzitutto la parità di genere: il tasso di occupazione femminile in Italia è tra i più bassi d’Europa. Solo una donna su due, di età compresa tra i 20 e i 64 anni, ha un lavoro retribuito. Di conseguenza, l’Italia è uno dei paesi europei con un differenziale nei tassi di occupazione maschile e femminile più alto. Quanto al secondo tema, la transizione ecologica, gli studenti, partendo dalla loro esperienza, sono stati invitati a proporre idee, soluzioni e strumenti innovativi, nell’ambito delle rispettive discipline di studio e di specializzazione, per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità, decarbonizzazione, ed economia circolare, indicati dagli enti nazionali e sovranazionali.
I team
Potevano partecipare gli studenti universitari regolarmente iscritti a una università italiana al momento dell’adesione e gli iscritti alle scuole di direzione aziendale. Sono arrivati oltre 60 elaborati, individuali o di gruppo, ciascuno di 15mila battute (spazi e punteggiatura compresi) su uno dei due temi, delineandone possibili soluzioni.
I dieci progetti vincitori (si vedano gli articoli a fianco) spaziano dalle app - una per promuovere l’educazione sessuale, l’altra per calcolare l’impatto ambientale delle proprie azioni - al marketplace per condividere carbon credit, fino alle proposte di analisi econometrica del lavoro femminile e calcolo statistico degli effetti del gender gap sulle pensioni. A questi si aggiungono elaborati che riflettono sul rapporto vita-lavoro nello smart working post pandemia, sull’impatto positivo della presenza di donne manager sulle politiche Csr aziendali e sul ruolo dell’educazione nella approccio green. Presenti anche progetti che puntano a coinvolgere le città: dalla Urban Jungle (già sperimentata a Prato) come modello da estendere altrove al servizio di bike sharing che permette di condividere biciclette elettriche e, insieme, l’energia prodotta.
I 10 progetti vincitori
1
Da carbon credit a Nft
Compensazioni della Co2 garantite da blockchain
ll mercato di scambio volontario dei carbon credits sta registrando una crescita repentina negli ultimi anni, anche in conseguenza dell’obiettivo “Net Zero” individuato dal Consiglio europeo nel dicembre 2019, con una previsione di volumi tra i 50 e i 100 miliardi di dollari entro il 2030.
Lo scambio volontario dei crediti permette alle imprese inquinanti non coinvolte nel mercato Ets, previsto dal protocollo di Kyoto, di acquistare quote di assorbimento Co2 trattenute da progetti di tutela ambientale e compensare le proprie emissioni di gas effetto serra (carbon offsetting).
Tuttavia, una criticità emersa in riferimento all’efficacia e all’integrità dei certificati, è legata all’effettiva quota di Co2 assorbita e stoccata: nonostante l’aderenza a determinati standard di emissione dei certificati, non sempre è possibile mantenere i valori di assorbimento stabiliti in sede di pianificazione dei progetti di offsetting. Questo fenomeno, detto over-crediting, è l’aspetto che ci ha spinti a ricercare una soluzione al problema sistemico che ne deriva. Infatti, in assenza di certificati di alta qualità a cui corrispondono tonnellate di Co2 assorbite e stoccate, le imprese non sono incentivate all’acquisto dei carbon credits.
La nostra proposta per attutire le criticità esposte è una piattaforma di scambio basata su tecnologia blockchain, che garantisca la tracciabilità e trasparenza dei crediti generati dai progetti di offsetting.
La “merce” di scambio all’interno della piattaforma, tuttavia, non sono i singoli carbon credits, bensì uno stock di certificati tutti riferibili a un intero progetto di offsetting o a parte di esso, poi successivamente convertiti in non fungible tokens (Nft) attraverso un algoritmo della piattaforma. A questo Nft è associato un codice identificativo univoco che lo rende irreplicabile, che esiste solamente all’interno dell’ambiente della piattaforma e il cui acquisto attesta la compensazione di Co2 . Ciò garantisce un tracciamento a ritroso di ciascun certificato componente il Nft, permettendo di dichiarare l’ammontare effettivo di Co2 assorbita attraverso l’offsetting, in maniera sicura e trasparente.
Andrea Busolo Michele Filippozzi Università di Trento
2
La nuova app
Educazione sessuale tech tra podcast e opere d’arte
Nonostante le numerose richieste dei soggetti coinvolti e l’impegno dell’Unione europea nell’introdurre l’educazione sessuale nel contesto scolastico, a oggi in Italia non ci sono norme che regolino questa materia così importante, complementare all’educazione civica e necessaria nel percorso per raggiungere la parità di genere.
Per sopperire a questa mancanza è nata l’idea di offrire un percorso di educazione alla sessualità attraverso la Gender App-roach, le cui attività sono finalizzate a divulgare tematiche quali la prevenzione di malattie sessualmente trasmissibili, patologie legate agli organi genitali, l’approccio al sesso e al piacere. Nel suo essere composto da molteplici attività, il progetto si adatta ad essere applicato a situazioni e bisogni differenti e a favorire processi di rigenerazione urbana.
La app è articolata in quattro sezioni: “Confrontiamoci”, in cui è possibile scambiare opinioni e consigli con gli esperti; “Parliamone”, un podcast che favorisce il confronto fra esperti, giovani e adulti; “Orientiamoci”, una mappa per conoscere i percorsi di educazione sessuale attivi; “Confidiamoci”, una sezione per contattare in privato un esperto.
A queste si aggiungono un percorso ecologico, nei parchi, percorribile a piedi o con mezzi sostenibili, pensato con una funzione educativa, svolta da stand informativi, e artistica, grazie a opere d’arte ispirate alla tematica della parità di genere e alla sessualità lungo il percorso, e confluirà poi all’interno di un museo.
Questo spazio espositivo è ideato per diffondere il messaggio anche a chi non è coinvolto direttamente nel percorso di educazione sessuale, oltre ad essere stato concepito come spazio sicuro di confronto e supporto per gli adulti su questioni tabù.
Infine, all’interno delle sedi scolastiche interessate verrà creato un podcast che avrà come protagonisti i giovani e i componenti delle famiglie. I contenuti saranno caricati e disponibili nella app.
Alessia D'Addabbo Alice Fischetti Adriana Gulino Elisa Leoni Giulia Ludovica Università degli Studi di Roma La Sapienza
3
Il modello di calcolo
L’econometria al servizio del lavoro femminile
L’occupazione maschile si assesta generalmente a un livello superiore rispetto a quella femminile e il gap risulta più marcato in Paesi come la Grecia e l’Italia, nei quali si riscontrano situazioni finanziarie non virtuose e deficitarie.
Le cause alla base di questo fenomeno sono molteplici: retribuzioni non eque, discriminazioni, mancanza di interventi di sostegno al reddito, fattori culturali e, in particolare, scarsità e inefficienza dei servizi assistenziali ad anziani e bambini.
È possibile rivolgere maggiore attenzione a quest’ultimo aspetto esaminando dettagliatamente il contesto socio-economico delle Regioni italiane. Per ognuna consideriamo il tasso di occupazione femminile, l’indice di presa in carico degli utenti di asili nido (percentuale di bambini tra 0 e 2 anni che frequentano asili nido) e la percentuale di over 65 non autosufficienti che fruiscono di strutture residenziali comunitarie. Dai dati si evince una più alta partecipazione al lavoro delle donne nelle Regioni del Nord, in concomitanza con valori più elevati degli indici rappresentativi dei servizi assistenziali.
È possibile, dunque, costruire un modello lineare multivariato Ols (Ordinary least squares) che metta in relazione le variabili sopra presentate. Per cui l’equazione stimata corrisponde a: Yi = 28, 42 + 0, 94Xi + 5, 15Zi
Ciò significa che il tasso di occupazione femminile, partendo da un livello di 28,42 per cento (IdC per α al 90 per cento [23, 68 − 33, 16]), aumenta di uno 0,94 per cento per ogni incremento unitario percentuale dell’indice di presa in carico degli utenti di asili nido (IdC per ß 1al 90 per cento [0, 59 − 1, 29] ) e del 5,15 per cento per ogni incremento unitario percentuale del tasso di anziani non autosufficienti residenti in comunità (IdC per ß2 al 90 per cento [2, 76 − 7, 55]).
Il modello stimato risulta statisticamente significativo dato che tutte le ipotesi
sono verificate
Luca De Corso Francesco Esposito Fabio Iadarola Alessandro Zerillo Università degli studi del Sannio
4
Modelli da bilanciare
Smart workingcon rischio confusione tra vita e lavoro
Lo shock pandemico ha causato una serie di trasformazioni nel tessuto economico-produttivo italiano, già segnato da profonde criticità strutturali preesistenti, le quali hanno esercitato effetti differenziati e inasprito diseguaglianze socio-economiche a danno di specifici attori sociali in determinati settori lavorativi.
L’elaborato «Occupazione femminile in pandemia: smart working e conciliazione vita-lavoro» riflette sull’utilizzo dello smart working che, per come è stato applicato, si configura come un esperimento su larga scala di lavoro da remoto, essendo mancate alcune condizioni strutturali caratterizzanti come il lavoro su obiettivi, la volontarietà e, specialmente, lo svincolamento dai tempi di produzione.
Tali condizioni - lette in chiave “di genere” - hanno determinato un ulteriore aggravio alla crisi occupazionale, dal momento in cui gran parte dei vantaggi previsti da questa modalità – in termini di autonomia, libera gestione delle attività e di conciliazione tra tempi di vita e di lavoro – siano venuti meno, specialmente per la componente femminile occupazionale italiana. Ciò a causa di alcuni immaginari stereotipati, di stampo prevalentemente culturale, che hanno comportato una sovrapposizione del lavoro da casa con i compiti di cura, ricaduti specialmente sulle lavoratrici, evidenziando quindi come il rischio di care overload su quest'ultime si manifesti pericolosamente in una situazione non di work-life balance – tra le priorità del reale smart working – bensì di work-life blending.
Questo scenario suggerisce la necessità di formazione alle modalità di lavoro non tradizionali, tanto per i sistemi organizzativi quanto per i singoli lavoratori, volta alla costruzione di consapevolezza di un reale bilanciamento tra vita e lavoro, per così scongiurare i rischi di con-fusione tra tempi di lavoro e di vita privata, in termini
anche identitari.
Laura Falci Università degli Studi di Roma La Sapienza
5
Divari do colmare
Donne manager per accrescere la responsabilità d’impresa
Lo shock pandemico ha causato una serie di trasformazioni nel tessuto economico-produttivo italiano, già segnato da profonde criticità strutturali preesistenti, le quali hanno esercitato effetti differenziati e inasprito diseguaglianze socio-economiche a danno di specifici attori sociali in determinati settori lavorativi.
L’elaborato «Occupazione femminile in pandemia: smart working e conciliazione vita-lavoro» riflette sull’utilizzo dello smart working che, per come è stato applicato, si configura come un esperimento su larga scala di lavoro da remoto, essendo mancate alcune condizioni strutturali caratterizzanti come il lavoro su obiettivi, la volontarietà e, specialmente, lo svincolamento dai tempi di produzione.
Tali condizioni - lette in chiave “di genere” - hanno determinato un ulteriore aggravio alla crisi occupazionale, dal momento in cui gran parte dei vantaggi previsti da questa modalità – in termini di autonomia, libera gestione delle attività e di conciliazione tra tempi di vita e di lavoro – siano venuti meno, specialmente per la componente femminile occupazionale italiana. Ciò a causa di alcuni immaginari stereotipati, di stampo prevalentemente culturale, che hanno comportato una sovrapposizione del lavoro da casa con i compiti di cura, ricaduti specialmente sulle lavoratrici, evidenziando quindi come il rischio di care overload su quest'ultime si manifesti pericolosamente in una situazione non di work-life balance – tra le priorità del reale smart working – bensì di work-life blending.
Questo scenario suggerisce la necessità di formazione alle modalità di lavoro non tradizionali, tanto per i sistemi organizzativi quanto per i singoli lavoratori, volta alla costruzione di consapevolezza di un reale bilanciamento tra vita e lavoro, per così scongiurare i rischi di con-fusione tra tempi di lavoro e di vita privata, in termini anche identitari.
Laura Falci Università degli Studi di Roma La Sapienza
6
Il ruolo delle scuole
Ecoliteracy per educare al green la comunità
Può l’educazione essere la chiave di volta per socializzare (e quindi sistematizzare) i temi della nuova ecologia?
Nell’ottica di accompagnare la transizione verso nuovi paradigmi sostenibili, è di fondamentale importanza il ruolo degli istituti scolastici. Si è rivelato di particolare successo l’approccio dell’”ecoliteracy” (alfabetizzazione ambientale) che, partendo da ciò che già funziona adeguatamente nel contesto educativo attuale (come l’approccio analitico-razionale), propone di passare da un paradigma antropocentrico a un modello ecologico di comprensione storica, applicando metodologie educative che prevedano la partecipazione attiva degli alunni.
Tali approcci si sono rivelati validi e capaci di generare risultati positivi non solo per i bambini e le loro conoscenze ambientali, ma per l’intera comunità scolastica.
Ciò che appare limitante è che la maggior parte degli interventi e le teorizzazioni pedagogiche si limitino all’infanzia, senza una reale programmazione per le fasi evolutive successive. Infatti, la sostenibilità degli atteggiamenti pro-ambientali deve la sua forza all’integrazione di conoscenze via via più integrate e analitiche, capaci di cogliere complessità dei sistemi e dei problemi e stimolino risposte più concrete, in una fascia così fertile di idee proiettate nell’immediato futuro di imprenditori, lavoratori e cittadini. Tale complessità richiede alle istituzioni educative di avere visione di insieme rispetto alle competenze reali necessarie, che abbraccino la poliedricità delle sfumature sotto cui è possibile conoscere, comprendere e gestire in chiave progettuale, politica e imprenditoriale la transizione ecologica. Il set di competenze vincenti comprende l’educazione finanziaria, le materie Steam, il diritto, risk management, così come stimolare la costruzione del pensiero sistemico e del complesso, in modo da superare i limiti della compartimentazione delle discipline.
Alice Cardinale Mara Marzella Alice Rusconi Università degli Studi di Roma La Sapienza
7
Il progetto
Una giungla urbana a tutela di spazi verdi in città e fuori L’analisi riguarda il progetto “Prato Urban Jungle” che punta a promuovere la progettazione urbana creativa e visionaria per ri-naturalizzare i quartieri della città toscana in modo sostenibile e socialmente inclusivo. Rappresenta uno dei modelli più innovativi e avanzati sul piano progettuale e operativo inquadrabile all’interno della “Tutela e valorizzazione del verde urbano ed extraurbano” che il Pnrr ha individuato tra gli obiettivi da conseguire per realizzare il programma di transizione ecologica.
Da qui l’analisi da parte del team finalista.
Una volta messo a regime sull’ambiente urbano, il progetto in questione è in grado di realizzare una serie di benefici ecologici e di sostenibilità in maniera misurabile, con ovvi riflessi sulla salute individuale e il benessere collettivo. Inoltre, il progetto si presenta sfidante non solo sul piano culturale, imponendo un cambio di mentalità sul rapporto tra natura e ambiente urbano agli stessi cittadini, ma anche sul piano progettuale e realizzativo, come dimostra il fatto che la realizzazione di un’idea così ambiziosa ha reso necessario il coordinamento di imprese e professionisti con competenze molto differenti. Da questo punto di vista, emerge la necessità di adottare forme giuridiche che consentano di assicurare la replicabilità del modello affinché l’idea progettuale, facendosi processo produttivo, inneschi un circolo economico imprenditoriale virtuoso.
Tra gli strumenti giuridici che consentono di valorizzare e diffondere l’esperienza pratese, ci sono: la creazione di un apposito marchio “Urban Jungle” attorno al quale attivare una determinata filiera produttiva; l’impiego di forme contrattuali idonee a coordinare gli appartenenti ad una rete di imprese al fine di preservare il valore del marchio e la capacità dello stesso di proporsi come pratica imprenditoriale capace di imporsi a livello nazionale ed internazionale; l’individuazione di un ente come la “Fondazione per il futuro delle città” la cui missione statutaria è proprio quella di promuovere la formazione di reti assicurando la coerenza progettuale.
Janet Pitarresi Università degli Studi di Firenze
8
Il servizio in sharing
Dopo l’utilizzo della e- bike si condivide l’energia residua
L’analisi riguarda il progetto “Prato Urban Jungle” che punta a promuovere la progettazione urbana creativa e visionaria per ri-naturalizzare i quartieri della città toscana in modo sostenibile e socialmente inclusivo. Rappresenta uno dei modelli più innovativi e avanzati sul piano progettuale e operativo inquadrabile all’interno della “Tutela e valorizzazione del verde urbano ed extraurbano” che il Pnrr ha individuato tra gli obiettivi da conseguire per realizzare il programma di transizione ecologica.
Da qui l’analisi da parte del team finalista.
Una volta messo a regime sull’ambiente urbano, il progetto in questione è in grado di realizzare una serie di benefici ecologici e di sostenibilità in maniera misurabile, con ovvi riflessi sulla salute individuale e il benessere collettivo. Inoltre, il progetto si presenta sfidante non solo sul piano culturale, imponendo un cambio di mentalità sul rapporto tra natura e ambiente urbano agli stessi cittadini, ma anche sul piano progettuale e realizzativo, come dimostra il fatto che la realizzazione di un’idea così ambiziosa ha reso necessario il coordinamento di imprese e professionisti con competenze molto differenti. Da questo punto di vista, emerge la necessità di adottare forme giuridiche che consentano di assicurare la replicabilità del modello affinché l’idea progettuale, facendosi processo produttivo, inneschi un circolo economico imprenditoriale virtuoso.
Tra gli strumenti giuridici che consentono di valorizzare e diffondere l’esperienza pratese, ci sono: la creazione di un apposito marchio “Urban Jungle” attorno al quale attivare una determinata filiera produttiva; l’impiego di forme contrattuali idonee a coordinare gli appartenenti ad una rete di imprese al fine di preservare il valore del marchio e la capacità dello stesso di proporsi come pratica imprenditoriale capace di imporsi a livello nazionale ed internazionale; l’individuazione di un ente come la “Fondazione per il futuro delle città” la cui missione statutaria è proprio quella di promuovere la formazione di reti assicurando la coerenza progettuale.
Janet Pitarresi Università degli studi di Firenze
9
L’analisi statistica
Gender pay gap, così si calcola l’effetto sulla pensione
Il gender pay gap si riflette non solo sulle buste paga, ma anche sulla pensione, così come rivelato dall’Inps: l’importo mensile medio dell’assegno, infatti, è mediamente più basso di 500 euro per le donne.
Per confermare quanto appena esposto, è stata fatta un’analisi di Regressione Lineare Multipla, una tecnica statistica impiegata per analizzare la relazione intercorrente tra una variabile dipendente (Y) e diverse variabili esplicative (X). Tale relazione è espressa mediante la retta di regressione lineare: y= ß0 + ß1x1+ ß2x2+...+ßnxn.
Per poter procedere con l’analisi, sono stati costruiti due dataset, con dati ricavati dal sito Istat, rispettivamente per gli uomini e per le donne. I due dataset sono costituti dalle stesse variabili esplicative, ossia: livello d'istruzione; posizione professionale; reddito medio annuale. La variabile dipendente (Y) è, invece, l’importo lordo totale annuale dei redditi pensionistici. I dati sono relativi ad un arco temporale che va dal 2012 al 2020.
Nell'ambito del modello di Regressione Lineare Multipla si giunge all’individuazione dell'indice di determinazione lineare R2, il quale rappresenta la frazione di varianza di y che è spiegabile dai regressori x inclusi nel modello, ma poiché può presentare alcuni problemi si calcola l’indice R2corretto (R2corretto=1-(1-R2 )*(n-1)/(n-k-1).Esso varia tra -1 e +1. Tali valori indicano le correlazioni perfette: una negativa e una positiva.
Dall’interpretazione e dalla comparazione dei risultati si evince che le variabili considerate impattano notevolmente sulla variabile y, ovvero sulla pensione, in misura maggiore sulle donne rispetto agli uomini.
Per arginare il gender gap pensionistico sono necessari diversi interventi tra cui la revisione dei criteri contributivi; la costruzione di una rete efficace di servizi sociali e assistenziali; l’adozione di misure legislative per la conciliazione tra i tempi di vita e lavoro; gli incentivi alla maternità; l’istituzione di percorsi formativi a distanza per donne in maternità.
Jessica Borselleca Cristian Genito Mattia Pizzella Francesco Sorrentino Immacolata Sorrentino Università degli Studi del Sannio
10
Bonus digitali
I greencoin remunerano le azioni a basso impatto
L’esigenza di una transizione energetica in chiave ecologica è una questione di estrema attualità. Dal punto di vista ambientale, però, non è sufficiente.
Secondo l’Intergovernal panel on climate change (Ipcc), per avere un’altra probabilità (83%) di mantenere l’innalzamento della temperatura media globale entro il limite di 1.5°C, da adesso fino al 2050 potranno essere emesse ancora soltanto 300 Gt di Co2. Se la transizione energetica avvenisse sforando tale carbon budget, i suoi effetti positivi rischierebbero di essere annullati: è dunque necessario promuovere delle politiche sul breve termine per tagliare rapidamente le emissioni superflue.
Da qui la proposta di una strategia di riduzione delle emissioni individuali che opera in tre ambiti (consumi, abitazioni e trasporti) e si basa sull’utilizzo di un unico strumento: la app Eco, capace di trasformare una scelta eco-friendly in un’occasione di profitto aperta a chiunque sia dotato di un cellulare.
L’app è in grado di misurare l’impronta ambientale di tre tipologie di attività diverse (l’acquisto di beni, la gestione dell’energia domestica e gli spostamenti) e di convertirla in punti, denominati greencoin: minore è l’impatto ambientale, maggiori saranno i greencoin corrispondenti. I greencoin possono essere utilizzati per ottenere degli sconti nell’acquisto di prodotti e servizi, rigorosamente rispettosi dell’ambiente.
Gli enti che offrono sconti sui propri servizi possono godere di un profittevole ritorno di immagine: l’app è in questo senso un’ottima vetrina di esposizione per un mondo eco che, altrimenti, faticherebbe a far sentire la propria voce.
Sebbene la sua effettiva realizzazione presenti delle criticità non indifferenti, Eco ha il grande vantaggio di essere in grado di superare i numerosi behavioral biases che complicano la gestione dell’emergenza ambientale.
Camilla Tarchiani Università degli Studi di Pavia
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