Al Rijksmuseum per la prima volta 28 dipinti di Vermeer
La retrospettiva inaugura il 10 febbraio con prestiti eccezionali dai più importanti musei al mondo e segue la mostra in corso alla National Gallery of Art di Washington
di Marilena Pirrelli
I punti chiave
8' di lettura
Ma se vedranno tanti tutti insieme, praticamente più di due terzi della sua produzione. Il Rijksmuseum di Amsterdam ospiterà nel 2023, dal 10 febbraio al 4 giugno, la più grande mostra mai realizzata sul pittore olandese Johannes Vermeer (1632-1675), autore dell’iconico dipinto “La ragazza con l’orecchino di perla”. Il museo olandese ha progettato la “prima e ultima” retrospettiva completa sul maestro del XVII secolo, che “sarà la più grande mostra mai dedicata all’artista”, ha annunciato il direttore del Rijksmuseum Taco Dibbits. “Vedere tutte le opere insieme sarà un’esperienza che nemmeno Vermeer visse mai”, ha detto Dibbits. “La fragilità dei dipinti, insieme alla crescente concorrenza tra i musei per i prestiti, rende quasi certo che una mostra su questa scala non si ripeterà”, ha precisato Dibbits.
Il Rijksmuseum esporrà almeno 28 dipinti di Vermeer sui 37 noti attribuiti. Finora la maggior mostra sul maestro olandese è quella che si tenne al Mauritshuis dell’Aia nel 1996, con 23 opere. L’idea per la mostra su Vermeer è nata quando i curatori del Rijksmuseum hanno intuito che poteva esserci l’opportunità di prendere in prestito le tre opere dell’artista conservate alla Frick Collection di New York che normalmente non presta facilmente le opere della sua collezione. Ora è in ristrutturazione e le opere avrebbero dovuto comunque essere rimosse. L’autorizzazione è stata alla fine concessa: “L’ufficiale e la ragazza che ride” (datato intorno al 1657), “Concerto interrotto” (1658-59) e “Fantesca che porge una lettera” (1666-67) arriveranno ad Amsterdam.
Le opere in arrivo
La grande esposizione, frutto della collaborazione tra il Rijksmuseum e il Mauritshuis a L’Aia, mostrerà i capolavori di Vermeer, tra cui “La ragazza con l’orecchino di perla” e “La donna che legge una lettera davanti alla finestra”, da poco restaurato dalla Gemäldegalerie Alte Meister di Dresda, il “Geografo” dallo Städel Museum di Francoforte, la “Donna che scrive una lettera alla presenza della sua domestica” dalla National Gallery of Ireland di Dublino, la “Pesatrice di perle” o anche intitolato la “Donna con la bilancia” dalla National Gallery of Art di Washington, il “Bicchiere di Vino” dalla Gemäldegalerie di Berlino, la “Suonatrice di liuto” dal Metropolitan Museum e la “Merlettaia” dal Louvre. La mostra sarà accompagnata dalla presentazione di una serie di studi e ricerche sui quadri di Vermeer e, naturalmente, sarà possibile vedere i quattro capolavori in possesso del Rijksmuseum: la “Lattaia”, la “Stradina”, la “Donna in azzurro che legge una lettera” e la “Lettera d’amore”.
I nuovi studi
Le ultime ricerche hanno rivelato nuove fonti sul pittore e sulla sua storia personale che hanno fornito maggiori informazioni sulla sua posizione sociale, sull'ambiente in cui ha vissuto e sulla relazione con altri artisti e i suoi concittadini, un catalogo arricchirà le pubblicazioni scientifiche sull’autore. Le moderne tecniche di scansione hanno accelerato la ricerca su Vermeer negli ultimi decenni. Un team di curatori, conservatori e ricercatori del Rijksmuseum ha collaborato a stretto contatto con i colleghi del Mauritshuis de L’Aia e dell’Università di Anversa per condurre nuove ricerche - attraverso avanzate tecnologie di scansione Macro-XRF e RIS - sui suoi dipinti. Per esempio le recenti ricerche su “La lattaia” hanno portato alla luce due oggetti presenti sulla tela: una brocca e un braciere che Vermeer ha successivamente ricoperto. Attraverso una tecnologia simile, si è scoperto che anche in altri dipinti vi erano ripensamenti come nella “Pesatrice di perle (o Donna con una bilancia)” della National Gallery di Washington. La convinzione che Vermeer dipingesse lentamente e con grande riflessione deve quindi essere rivista. I risultati finali possono apparire quindi introspettivi e contemplativi, ma il suo metodo di lavoro era virtuosistico e rigoroso.
Gregor J.M. Weber, responsabile Belle Arti del Rijksmuseum e co-curatore della mostra, ha dichiarato: “La tecnica pittorica di Vermeer è sempre stata avvolta nel mistero. Come creava questo miracolo di luce e colore? Grazie alla scoperta di un primo schizzo in vernice nera, riusciamo ora a farci un'dea molto più completa del suo metodo di lavoro.
Anche la mostra in corso fino al prossimo 8 gennaio “Vermeer's Secrets” alla National Gallery of Art di Washington ha portato due risultati: la riattribuzione del dipinto “Girl with a Flute”, a realizzarlo, secondo l’équipe del museo, non sarebbe stato Vermeer, ma un suo stretto collaboratore. Rivelazione che ha un duplice rilievo: a cambiare, infatti, non è “solo” la paternità dell’opera. I riflessi della scoperta si estendono anche alle convinzioni di lungo corso che fin qui hanno accompagnato la reputazione dell’artista, da sempre ritenuto un “genio solitario”. Avrebbe, invece, condiviso almeno parte del lavoro con alcuni assistenti, figure da lui formate e guidate. Ancora il dipinto “Girl with Red Hat”, oggi attribuita a Vermeer al 1669 circa, rappresentò un punto di svolta nella carriera del pittore: per la sua realizzazione, l’autore sperimentò nuove tecniche, adottò colori vivaci e un modo più audace per stenderli. Scelte che anticipano gli esiti della sua fase creativa matura. Gli studiosi del museo americano confrontando, infine, i risultati di diverse tecniche scientifiche con l’analisi microscopica, hanno ipotizzato che Vermeer avrebbe avuto l’abitudine di iniziare i suoi dipinti con ampie stesure di vernice di fondo, applicata rapidamente per formare una “solida base” adatta alla successiva definizione dei dettagli.
Ma Vermeer ha un mercato?
Dalla sua riscoperta a metà del XIX secolo e dall’appassionato contributo dello storico dell’arte francese Théophile Thoré, il lavoro di Vermeer ha affascinato artisti e collezionisti di tutto il mondo. La retrospettiva del Rijksmuseum beneficia di molti prestiti, delle 37 opere conosciute di Vermeer se ne prevedono in mostra almeno 28, come detto. I dipinti di Vermeer affascinano con i loro formati modesti e la loro eccezionale padronanza della luce. Ma queste scene quotidiane “di contemplazione, armonia nel riposo e pura poesia” (per citare lo storico dell’arte Albert Blankert) furono quasi dimenticate dopo la sua morte nel 1675, stremato da pesanti debiti. Vermeer non era solo il pittore che conosciamo; avendo rilevato un’attività da suo padre, era anche un mercante d’arte riconosciuto nella città di Delft, un’attività che soffrì gravemente della crisi economica che colpì le Province Unite in seguito alle invasioni militari di Francia e Inghilterra all’inizio degli anni ’70 del Seicento.
Un mercato raro e complesso
Nel 1989 John Michael Montias ha pubblicato uno studio socio-economico sul mercato dell’arte del XVII secolo nella città di Delft, uno studio che attesta il raro ma importante supporto dato a questo artista relativamente sconosciuto con una produzione relativamente bassa. Montias suggerisce che l’unico collezionista di dipinti di Vermeer che potrebbe essere giustamente chiamato mecenate fosse Pieter Claesz van Ruijven. Vermeer lavorò quasi esclusivamente per lui, vendendo solo due o tre dipinti all’anno, ma a prezzi elevati (fino a cento fiorini ciascuno). La sua base economica aveva quindi ben poco in comune con gli altri grandi artisti del suo tempo e, con una famiglia numerosa e un’attività di mercante d’arte, si pensa che Vermeer abbia dipinto non più di 37 opere. In effetti, l’artista era così sconosciuto durante la sua vita che negli anni successivi alla sua morte, alcune delle sue opere sarebbero state firmate con i nomi di altri pittori olandesi per aumentarne il valore!
Oggi è uno dei pittori più preziosi della storia dell’arte, i valori delle sue opere sono difficili da stimare e i due risultati d’asta dicono più sulla complessità del suo mercato che del vero valore dei suoi dipinti. Vermeer, insomma, è una delle firme più rare sul mercato, le cui opere conosciute sono conservate nei più prestigiosi musei del mondo, ad eccezione del gioiello nelle collezioni reali britanniche, “The Music Lesson” (1660-1662) e due altri dipinti apparsi all’asta negli ultimi 20 anni. Osservando i dati di artprice, l’ultima asta risale al 2014 con l’offerta da Christie’s di “Saint Praxedis”, dipinto nel 1655 quando l’artista aveva 22 o 23 anni, attribuita a Vermeer nel 1969 e inclusa nella sua opera nel 1986. Tuttavia, la sua paternità è stata successivamente discussa, Christie’s ha presentato il dipinto sul mercato nel 2014 cercando di rassicurare i potenziali acquirenti con i risultati di nuove ricerche scientifiche condotte dal Rijksmuseum e dalla Libera Università di Amsterdam. Questi studi hanno confermato che il dipinto è effettivamente olandese e suggeriscono che la vernice utilizzata per dipingere Santa Prassede è la stessa utilizzata per altri due dipinti chiaramente autenticati come di Vermeer. Alla fine, Christie’s ha ottenuto un risultato alquanto timido di 10,7 milioni di dollari, per l’immagine della santa cristiana, al di sotto delle sue stime tra 10.283.400 - 13.711.200 $.
I falsi
Evidentemente i positivi risultati degli studi scientifici non sono stati sufficientemente rassicuranti per un mercato già infestato dallo spettro di Han Van Meegeren, un brillante falsario olandese che spacciava le proprie creazioni per autentici dipinti di Vermeer, successivamente acquisiti dai maggiori musei, dopo aver ingannato il mondo dei più grandi esperti d’arte. Del resto va ricordato che Han van Meegeren ottenne pigmenti usati ai tempi di Vermeer, tra cui il lapislazzuli che macinava per ottenere il caratteristico e prezioso oltremare, il cui prezzo superava quello dell’oro ai tempi di Vermeer. Ha prodotto i suoi falsi sulle tele raschiate di dipinti insignificanti del XXVII secolo. Durante il processo nel 1947, Han Van Meegeren ammise di aver venduto sette falsi Vermeer ad alcuni dei musei più prestigiosi del mondo.
Lo scandalo dei falsi dell’artista olandese potrebbe anche aver smorzato il risultato di una vendita di Sotheby’s il 7 luglio 2004. Un “Ritratto di giovane donna seduta al virginale”, le mani appoggiate sulla tastiera con la testa girata verso lo spettatore. Il suo sguardo un po’ distratto sembra riflettere i suoi pensieri... la sua musica interiore. Stimato con molta cautela in circa 5,5 milioni di dollari, il dipinto di 25,2 x 20 cm è salito a 29,9 milioni di dollari, diventando, all’epoca, il secondo miglior risultato per un dipinto dell’Ecole du Nord, appena prima del “Ritratto di signora” (1632 ) del maestro olandese Rembrandt Van Rijn (1606-1669) che nel dicembre 2000 a Londra ottenne 28,6 milioni di dollari. Prima di quel risultato, la precedente asta di Vermeer risale al lontano 1921, quando la sua “La Ruelle” (circa 1658) fu offerta nella vendita della Six Collection. Non ricevendo un’offerta soddisfacente, “La Ruelle” è stata esposta per alcuni giorni al Louvre ed è stata oggetto di una vendita privata. Acquistata per 625.000 fiorini dal magnate del petrolio Henri Deterding, la tela fu donata lo stesso anno al Rijksmuseum di Amsterdam.
Vermeer è tra i pittori più ricercati dal mercato delle aste: tra la vendita della “Giovane donna che suona il virginale” e quella della “Santa Prassede”, il mercato ha quasi avuto l’opportunità di comprare il capolavoro puro come “L’arte della pittura” (1665-1668), gioiello delle collezioni del Kunsthistorisches Museum di Vienna. Hitler aveva acquistato il dipinto nel 1940 durante l’Anschluss (l’annessione dell’Austria da parte del Terzo Reich) dal conte Jaromir Czernin per la somma di 1,65 milioni di Reichsmark (circa 660.000 $ all’epoca). Dopo la guerra i discendenti dell’originario proprietario tentarono di recuperare la tela sostenendo che l’operazione era avvenuta sotto costrizione. Nel 2009 una richiesta di restituzione del dipinto è stata inoltrata al Ministero della Cultura austriaco in un momento in cui si riteneva che il dipinto avrebbe fruttato 200 milioni di dollari (dopo la sua restituzione). Purtroppo per Helga Conrad, nipote dell’ex proprietario, la commissione austriaca responsabile per le restituzioni di opere d’arte depredate dai Nazisti, non ha deciso in suo favore e la tela è ancora al Kunsthistorisches Museum di Vienna. Chissà se le nuove politiche di sensibilizzazione dei musei tedeschi sulle restituzioni influenzeranno anche i musei austriaci. Di recente la Bayerische Staatsgemäldesammlungen, fondazione con sede a Monaco che sovrintende alle collezioni d'arte dei più importanti musei bavaresi, ha denunciato che oltre 2.500 opere d'arte rubate dai nazisti sono collocate nei musei tedeschi e non sono mai state restituite ai legittimi proprietari. Anche l’Austria nel 2012 ha agito contro i saccheggi durante la II guerra mondiale: quell’anno il parlamento ha varato una legge per la restituzione ai legittimi eredi delle opere trafugate durante il nazismo. Il caso più noto è quello del famoso quadro di Gustav Klimt, il “Ritratto di Adele Bloch-Bauer”, esposto fino allora al Museo Belvedere, che nel 2006 fu restituito ai discendenti della famiglia ebrea e poi comprato dall'imprenditore Ronald Lauder per la collezione della Nuova Galleria di New York per una cifra record di circa 135 milioni di dollari.
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