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Al Santander inizia l’era Orcel tra M&A e sfida digital a Bbva

di Alessandro Graziani

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4' di lettura

Cosa farà il nuovo chief executive officer Andrea Orcel alla guida del Banco Santander? Dopo l'annuncio a fine settembre della sua nomina da parte del board presieduto da Ana Botin, da ieri il banchiere italiano si è insediato nel quartiere generale della Ciudad Financiera di Boadilla del Monte a Madrid. L'arrivo di Orcel al Santander è uno dei principali elementi di novità del 2019 per l'industria bancaria europea. Nato a Roma nel 1963, laureato all'Università Sapienza, ha lavorato praticamente sempre all'estero nell'investment banking. Il salto professionale lo fa nel 1992 quando entra in Merrill Lynch, dove resterà poi per venti anni, diventando il re dei «deal maker» nelle operazioni di fusione e acquisizione in Europa nel settore finanziario. Negli ultimi sei anni è stato a capo dell'investiment banking di Ubs.

Forte di solidi rapporti personali negli anni ‘90 con Alessandro Profumo in UniCredit e con Emilio Botin in Santander, Orcel diventa la mente di tutte le operazioni di M&A dei due gruppi. Ed era forse fatale che, una volta presa la decisione di lasciare l'investiment banking, diventasse il ceo proprio di una delle due banche. Alcuni soci di UniCredit, in particolare Fondazione CariVerona, puntavano su di lui come successore di Profumo. Poi prevalse l'idea della soluzione interna e UniCredit decise di optare per Federico Ghizzoni.

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Ora l'arrivo di Orcel alla guida del Santander ha subito alimentato l'idea che il colosso bancario spagnolo punti a realizzare una fusione, magari proprio con quell'UniCredit che Orcel ha contribuito a costruire. Suggestione come minimo prematura ed eventualmente praticabile a prescindere dal suo nuovo ruolo di ceo: se l'obiettivo prioritario di Santander fosse un grande merger, è l'opinione di alcuni top banker contattati da IlSole24Ore, il banchiere potrebbe realizzare l'operazione, come ha sempre fatto da venti anni, anche con il tradizionale ruolo di advisor esterno.

In realtà l'arrivo di Orcel al Santander, secondo più persone che gli hanno parlato nelle ultime settimane, ha più motivazioni. La prima è che il banchiere da tempo accarezzava l'idea di guidare un grande gruppo nel ruolo di ceo, accreditandosi pubblicamente come successore del ceo di Ubs Sergio Ermotti. La seconda è che in Ubs, dove ha compiuto un complesso lavoro di ristrutturazione dell'investiment banking riducendone i costi, non ha potuto - come forse era stato promesso - estendere le proprie deleghe al core business del wealth management (come era stato per lui negli anni post-fusione di Merrill Lynch con Bank of America). Pare vi fossero diversità di vedute con il presidente Axel Weber e che il ceo Ermotti - ex UniCredit ed ex Merrill Lynch, che pure aveva chiamato Orcel in Ubs - abbia seguito senza troppi distinguo la linea del presidente e della maggioranza del board.

Quello che più conta è che l'esperienza in Ubs ha permesso a Orcel di acquisire capacità manageriali di ristrutturatore «taglia-costi» che vanno oltre quella del puro deal maker. Esperienza che gli tornerà utile alla guida di un colosso come Santander, caratterizzato da una redditività finora più sensibile all'aumento dei ricavi che alla riduzione dei costi. Con una capitalizzazione mercato di 65 miliardi, Santander è la più grande banca europea. A suo favore gioca un business model ben diversificato geograficamente in dieci Paesi principali (oltre a Spagna e Sudamerica, anche Uk e USA) e l'elevata redditività sul capitale, con un return on tangibile equity stimato a fine 2018 all'11,7%. Livello reso possibile anche da coefficienti patrimoniali (Cet1 all'11,1%) inferiori a quelli della media europea (13%), che però non preoccupano la Vigilanza europea di Bce come dimostra l'esito dei recenti stress test sulle maggiori banche.

A livello di aree geografiche, in Spagna il gruppo Santander beneficerà anche nel 2019 delle sinergie di costo derivanti dalla fusione post-salvataggio del Banco Popular. Più incerto il quadro delle attività estere. Negli Usa, che pesano per il 17% dei ricavi totali, i benefici al margine del rialzo dei tassi si confronta con la possibile frenata dell'economia. In Uk (13% dei ricavi) Santander dovrà fronteggiare le conseguenze di Brexit, mentre in Brasile (26% dei ricavi complessivi) è la valuta a destare preoccupazioni in attesa dei primi provvedimenti del nuovo Governo Bolsonaro.

La vera sfida di Santander, come di tutte le banche europee, è però quella che porta in tempi accelerati al digital banking, in particolare al mobile banking, da cui si attendono significativi tagli dei costi. L'obiettivo di raggiungere 30 milioni di clienti digitali entro fine 2018 è già stato praticamente raggiunto nei primi nove mesi dell'anno. Ma proprio sul digital banking Santander si trova a dover rincorrere i rivali del Bbva, anch'essi presenti in Sudamerica oltreché in Spagna, che in due anni hanno portato i ricavi digitali dal 15,3 al 40% del totale. Bbva, che ormai si propone al mercato più come data company che come banca tradizionale, ha a sua volta cambiato ceo chiamando alla guida del gruppo il manager turco Onur Gent. Il banchiere, classe 1974, dopo la laurea a Istanbul, ha lavorato sempre negli Stati Uniti tranne la parentesi al vertice di Garanti Bank, l'istituto turco di proprietà di Bbva e principale fonte di problemi nel 2018.

In partenza la vera sfida di Orcel, oltre a limare certe asperità caratteriali tipiche dell'investiment banker d'assalto, sarà proprio quella con Genc ed è inutile dire che sui media spagnoli già tiene banco il dibattito sull'opportunità che un italiano e un turco siano alla guida dei due maggiori colossi bancari iberici. Si vedrà più' avanti se Il Santander di Orcel e il Bbva di Genc torneranno a muoversi da conquistadores anche in Italia dopo i falliti assalti dello scorso decennio a Sanpaolo e Bnl.

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