Al Sundance le macchinazioni del controllo istituzionale
Il documentario della regista Sierra Pettengill fa luce su “Riotsville”, città immaginaria costruita dall'esercito dove militari e polizia si allenano a rispondere ai disordini civili interni
di Filippo Brunamonti
4' di lettura
New York – Benvenuti a Riotsville, una città immaginaria costruita dall'esercito americano. La militarizzazione del passato non ha il Belleville touch di Howard Hawks e George Cukor, è più cavernosa del museo delle automobili d'epoca di Smithville, Texas, e non contempla i cieli tersi del Sud sopra i cortili del penitenziario di Huntsville. Utilizzando filmati girati dai media e dal governo, RIOTSVILLE, USA – presentato nel segmento Next del Sundance Film Festival, alla sua seconda edizione online per il picco dei contagi spinti dalla variante Omicron - è una riflessione poetica ed architettonica sul rapporto tra cittadini e istituzioni, nel cuore di un paese piegato dalle rivolte alla fine degli anni Sessanta.
Sierra Pettengill
Il documentario della regista Sierra Pettengill si serve interamente di filmati d'archivio che sono stati girati dall'esercito degli Stati Uniti o sono apparsi in televisione. Seguiamo il nastro dei riots da Chicago a Newark e Detroit. Ad accompagnarci, una voce fuori campo (black) anestetizzata da fatti e violenze. Al footage mediatico si alternano filmati di addestramento militare in città-modellino costruite apposta dal governo e chiamate “Riotsvilles”, dove militari e polizia si allenano a rispondere ai disordini civili interni.
“Con il mio documentario ho tentato di creare una contro-narrativa a un momento critico nella storia americana” ci racconta la regista, i cui film sono circuitati a Locarno, True/False, passando per PBS, CNN, Netflix. Ha anche prodotto il film candidato all'Oscar Cutie and the Boxer di Zachary Heinzerling. “La mia formazione è investigativo-giornalistica ma la vera vocazione è quella di fare l'archivista, e lo sono stata per molti artisti, tra cui Jim Jarmusch e Adam Pendleton. Trovare il footage di Riotsville non è stato una boccata d'aria pura. Prima di tutto perché mi è capitato tra le mani nel 2015, quindi ero più giovane e inesperta. E poi, con Black Lives Matter e l'assedio di Capitol Hill, mentre ero in post-produzione, mi è sembrato di rivivere un momento storico dalla stessa geometria drammaturgica. Avevo letto di Riotsville e dell'esistenza di video girati dall'esercito in un libro, Nixonland: The Rise of a President and the Fracturing of America di Rick Perlstein. Non possedevo altre informazioni e Google era pressoché un deserto. Mi sono spinta fino al National Archives Catalog poi ho capito che il footage sarebbe stato sconvolgente. La prima domanda che mi sono posta è stata: come presentare le proteste e la comunità black degli anni Sessanta alla generazione di oggi? Contestualizzare sarebbe stata la chiave. Questi riots sono come dei set di Hollywood. Il magma emotivo è lo stesso di un film dell'orrore”. O di un western.
Attraverso un'anatomia della Commissione Kerner (chiamata così in onore di Otto Kerner, il governatore dell'Illinois al timone tra il '61 e il ‘68) sulle cause dei disordini razziali del '67, durante l'amministrazione Lyndon B. Johnson, RIOTSVILLE, USA concentra l'attenzione sulle macchinazioni del controllo istituzionale. La Commissione porterà ad un aumento esplosivo dei finanziamenti federali per la polizia. Disuguaglianza, white supremacy e svantaggio economico sono a tutti gli effetti embedded - perfettamente integrati - negli ingranaggi che sfasciano ogni possibilità di democrazia. Solo un mese fa, il giornalista vincitore del Premio Pulitzer Barton Gellman affermava che il partito repubblicano è sempre più riluttante ad accettare la sconfitta ed è “preparato a vincere sacrificando gli elementi essenziali della democrazia” (da un articolo apparso sull'Atlantic dal titolo Il prossimo golpe di Trump è già iniziato). Da qui, il parallelo con la polarizzazione che sta schiacciando adesso l'America, dove però i soldati non si trasformano in attori. Uno dei momenti più potenti del found footage di RIOTSVILLE, USA è proprio quello che vede i soldati nel ruolo sia di poliziotti che di manifestanti, nel reenactment dei moti ripresi dalle telecamere di ABC News.
Prosegue la regista: “Oltre al materiale d'archivio mi interessava puntare i riflettori su come i media osservavano i riots negli anni Sessanta e in che modo riuscissero a far convergere realtà e teatralità - le scene di addestramento - all'interno di un contesto bucolico con uccellini, fiori e tafferugli letali. Tra i mutevoli, attualissimi calcoli su potere, identità americana e società tecnologiche che consolidano l'autorità e il controllo di una nuova generazione, il mio film vi parla dalla stessa cantina promiscua di informazioni del passato.
Una lezione sul non passato del passato
Gli anni Sessanta sono un'epoca molto simile alla nostra, la macchina del potere istituzionale romba ancora. Per questa ragione mi sono servita della sceneggiatura del critico e scrittore Tobi Haslett e del montaggio di Nels Bangerter, che ha già lavorato per autori che sorpassano i confini del documentario, come Brett Storey e Kirsten Johnson. Che questa sia una lezione sul non passato del passato. Oggi possiamo valutare le cause del razzismo e della povertà e proporre soluzioni”.La maggior parte del footage nelle mani di Pettengill è inalterata, a partire dalla sua premessa iniziale: nel ‘67, il presidente Johnson istituisce la National Advisory Commission on Civil Disorders, nota come Commissione Kerner. Il comitato politicamente moderato è istituito in risposta ai crescenti “disturbi” in città come Watts (quartiere di Los Angeles trasformato negli anni Quaranta in un'area per la working class African-American), Detroit e Newark, e nel 1968 pubblica un rapporto che delinea la causa della violenza diffusa: il razzismo sistemico. “La nostra nazione si sta muovendo verso due società, una nera e una bianca”, afferma il rapporto. “Separati e disuguali”. Le soluzioni saranno un aumento del benessere, dei posti di lavoro e degli alloggi: proposte esose, lontane da qualsiasi intesa “rapida” invocata dai politici. Il rapporto diventa un best-seller, “facendo sembrare l'uguaglianza e la giustizia meno un sogno irrealizzabile e più una realtà”.Conclude Pettengill: “Stento a credere che tutto questo sia stato prima trasmesso in televisione e poi, tramite il rapporto, abbia preso la forma di una Bibbia che tutti hanno letto e tenevano in casa. È public history. Eppure... tutto è stato cancellato dalla nostra coscienza nazionale. C'è una conversazione su razzismo e razzisti che coinvolge individui e decisioni individuali in maniera molto più profonda e chirurgica di ciò che immaginiamo. Il processo del '69 ai Chicago Seven fa parte della storia nazionale ma la Convention repubblicana a Miami Beach, sponsorizzata da Gulf, che all'epoca produceva spray per insetti, e che ha visto la polizia usare quegli spray e gas lacrimogeni contro migliaia di manifestanti nei quartieri neri, non possiamo rimuoverla dalla Riotsville della nostra memoria. Sarebbe come ammettere che la democrazia, in America, è davvero finita”.
loading...