Al via la 22a edizione dell'Oxford Literary Festival
di Teresa Franco
4' di lettura
Ancor prima di diventare la patria di Harry Potter, e conquistare così l'immaginario popolare, Oxford era considerata una città magica per via dei suoi numerosi miti. È la sede della più antica università in Gran Bretagna, e una delle più prestigiose nel mondo. In pochi chilometri quadrati, concentra una quantità impressionante di edifici storici, i suoi vari colleges, di biblioteche, di giardini e di inestimabili tesori culturali che hanno segnato la storia della civiltà. Eppure, gran parte del suo patrimonio è fruibile solo a chi mostri l'intenzione di volerlo preservare: studenti e studiosi di ogni dove. Mentre ciò che rimane visibile al resto della cittadinanza e ai turisti è il suo aspetto esteriore: la caratteristica architettura gotica, con guglie e folletti di pietra, le torri, le facciate e le tipiche meridiane. Anche il visitatore più distratto ha l'impressione che esistano due Oxford, “the gown and the town”, come dice il detto, ossia da un lato le toghe degli accademici e dall'altro il resto della comunità, e che questi due mondi si muovano quasi paralleli.
Ci sono occasioni, tuttavia, in cui la proverbiale rivalità tra “the gown and the town” si allenta dando prova di una perfetta sinergia. Una di queste occasioni è senza dubbio l'Oxford Literary Festival, giunto quest'anno alla ventiduesima edizione. Il festival si svolge tradizionalmente nella seconda metà di marzo, un periodo che coincide con la fine di Hilary Term e la pausa primaverile dell'insegnamento. La città si svuota della sua popolazione studentesca per “concedersi” a scrittori, giornalisti, editori, e accogliere un vasto pubblico di lettori.
Non esiste momento migliore per visitare Oxford e coglierne a pieno la sua riservata bellezza. Gli eventi si svolgono, infatti, nei più esclusivi locali universitari, ed è possibile partecipare a visite guidate, a letture itineranti o a cene letterarie. Gli oratori ricorrono a varie formule di comunicazione e intrattenimento: dalla vera e propria lectio, alla chiacchierata informale, ai seminari, o ai laboratori per bambini, a seconda del livello di divulgazione e del coinvolgimento del pubblico. L'imprinting dell'accademia si vede nella scelta di abbracciare più campi del sapere, dando approfondimento a ciò che ha costituito il dibattito culturale dell'anno. Un buon esempio di questa tendenza a mappare ambiti disciplinari diversi è lo spazio concesso alla collana universitaria Short Introduction (letteralmente breve introduzione), ovvero pillole di saggezza dispensate ai non esperti: in programma, quest'anno, si va dalla storia del genio a quella del “branding” fino all'immunologia.
Tra gli argomenti più scottanti ci sono invece quelli dell'immigrazione, della cittadinanza e di Brexit. Due autori di orientamento conservatore, il filosofo Roger Scruton e il giornalista Douglas Murray, danno voce alle inquietudini di questa fase politica: il primo ricercando una definizione di “Englishness”, il secondo denunciando il fallimento della società multiculturale nel suo libro The Strange Death of Europe: Immigration, Identity, Islam (Bloomsbury 2017). Tutto questo mentre dalle pagine del Financial Times Weekend, partner del festival, si illustra la nascita di un nuovo sotto-genere, il racconto distopico sorto a cavallo del referendum del 2016 e già ribattezzato BrexiLit.
Fanno da contraltare al rischio di una chiusura nazionalistica le “storie di resistenza” raccontate dagli autori Maggie Gee e Jacob Ross, che spaziano dalla rivolta dei contadini nel 1381 a quella contro la guerra in Iraq del 2003; ma anche la presenza di tre giornate tematiche dedicate alla cultura di altri paesi, tra i quali l'Italia. L'Italian Day è straordinariamente ricco e prevede lezioni sulla dinastia dei Medici, sul concetto di “bella figura”, visto con gli occhi della giornalista iraniana Kamin Mohammadi, sulla cucina e persino sull'orso marsicano. Al suo debutto, invece l'italiana Valeria Vescina che ha scritto in inglese un romanzo sull'amore e sulla nostalgia ambientato tra la Puglia e Londra (That Summer in Puglia, Eyewear Publishing, 2018).
Il festival celebra, inoltre, il centenario del suffragio, proponendo vari libri che sono stati ispirati dal movimento #metoo. Tra gli eventi più interessanti si può segnalare l'incontro con Senia Peseta, storica e co-direttrice di Women in Humanities che parlerà della mostra tuttora in corso: Da Saffo al suffragio: le donne che hanno osato. Per i bambini è previsto invece un laboratorio creativo con la scrittrice e illustratrice Kate Pankhurst, da sempre impegnata a contrastare gli squilibri di genere nella letteratura per l'infanzia e che nel suo recente libro, Fantastic Great Women who Changed the World (Bloomsbury Children's 2016), dedica un capitolo alla sua antenata Emmeline Pankhurst, leader delle suffragette.
L'unicità del festival consiste nella pluralità di voci, accademiche e non, e nella uguale attenzione riservata alla saggistica e alla narrativa. Ad autori acclamati, come Ian McEwan, Penelope Lively, Ben Okri, e Anna Enright, si alternano quelle di bestseller internazionali, come Sophie Kinsella, e nazionali, come l'autrice di crime fiction, Lucy Atkins. Così pure non mancano i classici. E in tema di anniversari e di donne, il primo grande nome da fare è quello di Mary Shelly, capace, secondo la studiosa Fiona Sanders, di avviare una vera e propria rivoluzione umanistica in un'epoca di crisi (si veda la sua biografia In Search of Mary Shelley: The Girl Who Wrote Frankenstein, Profile 2018).
Con 450 ospiti provenienti da 30 paesi del mondo, il festival si conferma anche quest'anno una delle più attese e più importanti manifestazioni nazionali in cui università editoria dialogano insieme al pubblico. Per i turisti è un'occasione unica per scoprire la vera anima di una città che, anche nei momenti di festa e di massima autocelebrazione, rimane composta, con file silenziose in attesa di un autografo.
@teref18
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