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Al via le regole per la gara del 5G

di Andrea Biondi

(AFP)

4' di lettura

È uno degli “avamposti” del 5G, dove si fanno test su test, ricerche, sperimentazioni. Per provare ad affacciarsi sul futuro ci si può spostare verso la periferia industriale di Torino. Qui si trova quello che una volta si chiamava Cselt quando è nato nel 1964; ora è l’Open Air Lab. Sempre di Telecom, comunque, che qui ha il suo centro di ricerca e innovazione. E l’ospite d’onore al momento è senza dubbio il 5G, celebrato nelle data room con i monitor per dar conto delle applicazioni smart sparse in giro per le città (non solo Torino), come nei laboratori veri e propri fatti di stanze con le pareti rivestite di “pannelli anecoici”, per assorbire qualsiasi tipo di suono o rumore e testare “in purezza” i segnali per il 5G emessi da antenne fornite dai maggiori produttori di tecnologie.

Bisogna usare molta fantasia per ora. La declinazione pratica del 5G – come da presentazioni in pompa più o meno magna che si sono tenute in questo periodo – non va infatti oltre hardware di differente grandezza e numeri stampati su monitor. Cifre di tutto rispetto, per carità: 20 Gbps rappresentano il futuro, una velocità di scaricamento di dati che, unita ai tempi di latenza nell’ordine di millisecondi, vuol dire chirurgia a distanza, Internet delle cose (IoT) con i suoi oggetti connessi, contatori e lampioni intelligenti, auto senza guidatore, automazione industriale high tech al massimo livello. Ma tant’è: oltre i numeri non si andrà almeno fino al 2020, quando per il 5G si aprirà la fase della commercializzazione.

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I prossimi in Italia sono periodi decisivi sul fronte “regolamentare”. Domani infatti il consiglio dell’Agcom darà il via alla consultazione sulla cornice entro cui il Mise poi, dovrà mettere a bando le frequenze necessarie al 5G. Entro il 30 aprile l’Authority dovrà dare una parola definitiva, con il Mise chiamato successivamente a mettere a bando entro il 30 settembre i diritti d’uso delle frequenze (700 Mhz, che andranno liberate entro il 2022 dai broadcaster, e le bande pioniere 3.6-3.8 Ghz e 26.5-27.5 Ghz). Nelle casse dello Stato sono attesi almeno 2,5 miliardi di euro. «Il 5G è un insieme di regole, innovazione tecnologica e modelli di business», dice Mario Di Mauro, Chief strategy officer di Tim. L’aspetto regolatorio è non semplice. Linkem, Tiscali, Tim, Go Internet e Mandarin hanno chiesto una proroga sui loro diritti d’uso delle frequenze nella banda 3.4-3.6 Ghz avute a seguito dell’asta Wimax del 2007. La consultazione in Agcom è alla fase finale. C’è poi da stabilire cosa farà la stessa Authority sul tema della dimensione dei lotti da far mettere a gara. «Non dovranno essere troppo ampi, per evitare barriere all’ingresso», dice Alessandro Frizzoni, ad di Go Internet. Di parere opposto alcuni grandi operatori, ma non solo. «Diminuire i blocchi - spiega Davide Rota, ad di Linkem - non mi sembra una grande idea. Servono investimenti di un certo tipo. Fondamentale è invece l’apertura della rete».

La forza del 5G non sta tanto nel far comunicare le persone quanto nel dare base solida alle comunicazioni fra oggetti e fra persone e oggetti nei processi industriali. In questo si annida uno dei punti più delicati da affrontare, quello della cybersecurity. «Bisognerà essere molto attenti nella fase precedente l’avvio commerciale del 5G, altrimenti poi sarà più complesso intervenire per rendere hardware e servizi meno vulnerabili agli attacchi informatici», spiega Walter Ruffinoni, ceo di Ntt Data. «Le aziende - aggiunge Mirco Gatto, ceo di Yarix - si stanno mettendo al passo. Ma c’è ancora poca attenzione nel b2c».

Intanto la fase di test si è avviata di slancio in Italia. Alcune sperimentazioni sono partite in autonomia: quella di Tim a San Marino o anche a Torino con Ericsson e Politecnico; oppure Fastweb con Ericsson a Roma oppure ancora Linkem a Catania e i cinesi di Zte che hanno inaugurato il loro centro di ricerca sul 5G a L’Aquila. Sperimentazioni sono partite anche sotto l’egida del Mise in cinque aree: Vodafone a Milano; Tim, Fastweb e Huawei a Bari e Matera; Wind Tre e Open Fiber a L’Aquila e Prato. A Bari per esempio si lavorerà, fra i vari progetti, per fare del porto uno degli scali più smart d’Italia fra controllo accessi e monitoraggio dell’area e automatizzazione delle operazioni di carico e scarico. A Matera si mirerà al tema della ricostruzione tridimensionale di siti e musei.

A Bari come a Matera si sperimenteranno soluzioni per la smart education dei bambini ospedalizzati. A Milano all’orizzonte ci sono novità che vanno dai robot per l’agricoltura di precisione all’ambulanza connessa che consentirà consulti medici da remoto, ai droni per la sicurezza fino alla mobilità più intelligente grazie a sensori ad hoc. Telemedicina, smart security, monitoraggio di edifici e infrastrutture, agricoltura di precisione grazie ai droni sono fra gli ambiti di sperimentazione a L’Aquila e Prato. Vodafone ha messo in campo per Milano un bando per startup. E del resto è centrale, per tutti questi progetti, il lavoro comune con partner del territorio: università, strutture ospedaliere, centri ricerca. Funzionerà? Secondo Ericsson nel 2026 gli operatori italiani potranno avere un +46% di revenue aggiuntive grazie al 5G che abilita la trasformazione digitale delle industrie: 14,7 miliardi di euro in più. Anche meglio del +36% a livello globale.

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