Alfabetizzazione digitale d’Italia, missione urgente e necessaria
Avviate molte iniziative ma la scuola rimane uno dei nodi più impenetrabili
di Guido Romeo
3' di lettura
In Italia il digitale trova più bit che competenze. La Penisola, fino a qualche anno fa zoppicante sul fronte delle infrastrutture ha scalato le classifiche del Desi, l’indice di digitalizzazione dell’economia e della società. Questi passi avanti ci hanno portato, almeno a livello di connettività e servizi pubblici digitali, quasi in linea con la media europea. «I servizi pubblici online e gli open data sono prontamente disponibili e la diffusione dei servizi medici digitali è ben consolidata – notano gli analisti europei - La copertura a banda larga veloce e la diffusione del suo utilizzo sono in crescita, mentre sono ancora molto lenti i progressi nella connettività superveloce. L’Italia è a buon punto per quanto riguarda l’assegnazione dello spettro 5G».
Il gap digitale rimane però profondo sul fronte sociale ed è il nostro vero e più critico handicap che ci trattiene al 24imo posto tra i 28 paesi dell’Unione europea. L’Istat, nel suo rapporto “Cittadini, imprese e Ict”, registra che circa 18 milioni di italiani, il 30% circa di quelli con più di sei anni, non hanno mai usato Internet nell’ultimo anno. Una famiglia su quattro non possiede una connessione a Internet e tra queste il 58% dichiara che non è connesso perché non lo sa usare, mentre il 21% non usa Internet perché non lo reputa uno strumento interessante.
«Ho avuto il privilegio di ereditare lo straordinario lavoro di Diego Piacentini e il team da lui creato con lo scopo di sviluppare e mettere a terra servizi pubblici digitali facilmente utilizzabili dai cittadini – osserva Luca Attias, Commissario straordinario per il digitale -. In questi tre anni siamo riusciti a portare il tema del digitale nell’agenda di Governo e diventare così un acceleratore di consapevolezza all’interno della politica e della pubblica amministrazione. Un secondo passo nella lunga strada per l’alfabetizzazione digitale è stato lanciare l’iniziativa Repubblica Digitale che prevede un percorso di partnership tra pubblico e privato per l’inclusione della popolazione nel corretto utilizzo delle tecnologie e dei servizi digitali. Credo che ora la principale sfida sia quella di riuscire a introdurre in pianta stabile il digitale nella scuola italiana attraverso le giuste competenze digitali di docenti specializzati per fascia d’età».
Proprio la scuola italiana sembra uno dei nodi più impenetrabili, eppure indispensabili, per far decollare l’alfabetizzazione digitale del Paese. «Ci sono molte iniziative che stanno dando buoni risultati nate sulla scorta dell’interesse per l’Industria 4.0, spesso sostenute da medie e grandi aziende» osserva Mario Mezzanzanica, prorettore all’Alta formazione e placement dell’Università di Milano Bicocca. L’ateneo milanese ha recentemente messo a punto un modulo di avvicinamento alla robotica e al coding per le prime elementari, ma purtroppo queste iniziative rimangono dei casi sperimentali e dunque isolati. Tra le inizitive dei privati, la più ambiziosa è stata certamente quella messa in campo da Tim nelle ultime settimane che ha visto una scuola mobile toccare 107 province per offrire corsi gratuiti ai cittadini.
«Aumentare l’alfabetizzazione digitale è urgente – sottolinea Mezzanzanica – perché non agire significa aumentare ancora di più il gap tra le competenze fornite dal sistema scolastico nazionale e ciò di cui le aziende hanno bisogno. Il digitale è pervasivo ed è ormai richiesto a tutti i livelli e in tutti i settori. Insieme al digitale bisogna lavorare sulle soft skills». La carenza nelle competenze digitali non genera solo un problema di inclusione sociale (chi non è alfabetizzato non può utilizzare servizi più avanzati anche se dispobinibili) ma ha anche un impatto negative sull’economia come sottolineano le analisi del Desi perché la scarsa domanda di servizi online influenza l’offerta e questo comporta una bassa attività di vendita online da parte delle Pmi italiane rispetto a quelle europee.
Il problema è destinato ad aumentare con lo sviluppo delle reti 5G che abiliteranno l’Internet delle cose e servizi di nuova generazione. Per fortuna le imprese italiane, tradizionalmente votate all’export, presentano comunque un punteggio migliore per quanto riguarda l’utilizzo di software per lo scambio di informazioni elettroniche e social media.
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