Algoritmi sul rischio e Etf al centro del Lunedì nero
di Marco Valsania
3' di lettura
New York - Una giornata da dimenticare per Wall Street. Che resta pero' da vedere se, alla riapertura odierna, sara' facilmente dimenticata. La caduta degli indici americani - aggravata da trading computerizzato e scosse sugli Etf - e' stata lunedi' di quelle che gia' invitano paragoni storici. Uno scivolone record in termini i punti per l'indice Dow Jones, 1.175 in una seduta. In percentuale, il 4,6%, e' stato comunque il ribasso peggiore dall'agosto del 2011 - dalla crisi europea del debito. Anche se lontano dagli spettri del vero Lunedi' nero, quello del 1987 con il Dow che brucio' il 22,6%, e della debacle finanziaria del 2008. I timori di spirali di contagio globale esistono: oggi, sull'onda della ritirata statunitense, la borsa giapponese ha ceduto il 5 per cento. Questo nonostante la Casa Bianca abbia cercato di rispondere al rovescio sottolineando che “i fondamentali economici americani restano eccezionalmente forti”.
Nel durante, il calo ha raggiunto i 1.600 punti e la flessione, dai recenti massimi, ha flirtato con il 10%, fatidica soglia che misura una formale “correzione”. In due sedute la caduta del Dow Jones e' adesso del 7% e dalle vette del 2 gennaio e' dell'8,5 per cento. I guadagni da inizio anno, del Dow come dell'S&P 500, sono stati spazzati via.
Una correzione del 10%, avvertono gli analisti, potrebbe essere salutare. Con un caveat: se rimarra' ordinata e si fermera'. Se non si tramutera' cioe' in un protratto mercato ribassista (vale a dire arretramenti dl 20% e continuati) che possa erodere la fiducia degli investitori e l'economia. Sostegno dovrebbe ancora arrivare - oltre che dalla performance dell'espansione, statunitense e non solo - piu' specificamente dai bilanci aziendali: la Corporate America nell'ultimo trimestre sta battendo le previsioni di fatturato, con ben l'80% delle imprese che ha sollevato il sipario su cifre migliori delle attese.
Ma il nervosismo e' comprensibile: una volatilita' quale quella evidenziata ieri e gli scivoloni degli indici sono quasi sconosciuti nella recente storia di Wall Street. Il Vix, il cosiddetto indice della paura, e' balzato del 116%, un record quotidiano e ai massimi dal 2015, dopo che l'anno scorso era rimasto inchiodato a minimi storici.
La dinamica stessa dell'ultima seduta ha offerto ragioni a ottimisti - coloro che prescrivono una normale flessione - e pessimisti. E' stata segnata da momenti parsi di panico, come non accadeva da tempo, ma anche da recuperi. Brusche oscillazioni che hanno persino visto tornare le “grida” - quelle letterali, di concitazione - su un parterre quale quello del New York Stock Exchange ormai largamente computerizzato.
Quel che appare certo e' che - scossi da improvvisi timori che siano in arrivo maggior inflazione e piu' aggressivi rialzi dei tassi d'interesse - gli indici hanno battuto in ritirata da livelli ormai davvero elevati. Il calo ha cosi' contagiato tutti e undici i comparti azionari, dalle banche (-4,9% il Kwb Nasdaq Bank Index con Wells Fargo crollata del 9%) all'energia (-4,4% l'S&P 500 Energy). Quanto alti erano questi livelli? Stando al premio Nobel Robert Schiller i prezzi azionari hanno raggiunto oggi il secondo “tetto” di sempre quando misurati come percentuale dei profitti aziendali. Il suo Cape (cyclically adjusted price/earnings ratio) era a 35 prima della caduta ed e' tuttora a 32, sopra i livelli dell'ottobre 1929. Anche se e' al si sotto del 45 raggiunto alla vigilia dell'esplosione della bolla dot.com nel Duemila.
Il trading computerizzato e a base di algoritmi ha contribuito significativamente ai declini. I trader hanno notato, quale prova del suo ruolo, come le flessioni si siano rapidamente avvitate su se stesse dopo un inizio di seduta relativamente piatto. Un “grilletto” particolare sarebbe stato il passaggio dello S&P 500 al ribasso attraverso quota 2.700, con programmi di vendita automatici scattati per riequilibrare il rischio. Il crescente peso degli Exchange-traded fund (Etf) avrebbe a sua volta inflitto danni in una seduta quale quella di ieri: le operazioni su questi fondi sono ammontate al 40% del totale del valore del mercato americano, rispetto ad una media attorno al 25 per cento. Solo le prossime sedute sapranno tuttavia dire quanto lunga e profonda sara' la ritirata del mercato.
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