Alitalia, il valzer degli esuberi. Dal piano Lufthansa alla Newco, 5mila lavoratori a rischio
Dai 2.037 esuberi del piano Montezemolo-Gubitosi del 2017 ai 6.000 del progetto Lufthansa, passando per i 2.800 del piano Fs-Delta, saltato per il ritiro dei Benetton
di Gianni Dragoni
10' di lettura
Miliardi (pubblici) ed esuberi. Non c’è pace per i dipendenti di Alitalia, residuo dell’ex compagnia di bandiera (oggi ha circa 110 aerei rispetto ai 175 che aveva nel 2008, prima di essere venduta ai Capitani coraggiosi). Il piano industriale preparato dal Mef e dai consulenti per la nascita della Newco statale prevede che la nuova società partirà con il 60% dell’attuale flotta, dunque circa 70 aerei e ci sarà una proporzione corrispondente dei dipendenti: su 11mila solo 6.500 circa verrebbero riassunti dalla nuova compania. Gli altri 4.500-5.000 sarebbero esuberi. Il governo ha smentito, ma nessuno ci crede.
Da Montezemolo a Gubitosi, il piano del 2017
Del resto il valzer degli esuberi di Alitalia è un continuo rincorrersi di indiscrezioni e smentite in un vortice di voci. Per restare alla storia recente tutto comincia nell’aprile 2017, quando il vertice di Alitalia, all’epoca i soci erano Etihad (49%) e le banche _ Unicredit, Intesa Sanpaolo, Mps _ che possedevano la maggioranza di Cai-Midco (azionista al 51% della compagnia) preparò un piano di salvataggio con 2.037 esuberi. Era la condizione per una ricapitalizzazione fino a 2 miliardi di euro (900 milioni di soldi freschi, il resto conversione di debiti). Il piano però suscitò reazioni negative. Allora l’azienda di cui Luca Cordero di Montezemolo era presidente e Luigi Gubitosi era consigliere di amministrazione e presidente designato tentò un’altra strada. Gubitosi fece un accordo con i sindacati che prevedeva 1.679 esuberi nei lavoratori di terra (980 dipendenti a tempo indeterminato in cigs per 2 anni; 558 contratti a termine non rinnovati; 141 esterni) e una riduzione dell’8% dello stipendio dei naviganti (oltre alla riduzione dei riposi annuali da 120 a 108).
Il no del referendum e il commissariamento
L’accordo sindacale però fu bocciato dai lavoratori nel referendum del 24 aprile 2017, con il 67% di voti contrari. La partecipazione al voto fu altissima, 10.101 su 11.602 dipendenti. Determinante il no dei piloti e assistenti di volo, mentre fra lavoratori di terra e amministrativi l’accordo ottenne la maggioranza di voti favorevoli. Il no all’intesa fece saltare il piano di ricapitalizzazione (sulla cui esecuzione tuttavia vi erano dei dubbi delle banche) e la compagnia fu commissariata dal governo Gentiloni.
Scatta la cigs
Il 2 maggio 2017 il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, nominò la terna di commissari Luigi Gubitosi (il quale con la vittoria dei no nel referendum aveva visto saltare la nomina a presidente di Alitalia), Enrico Laghi e Stefano Paleari. Il governo diede 600 milioni di euro di fondi pubblici alla compagnia e molti lavoratori si sentirono rassicurati. Ma i risultati economici rimasero negativi e la situazione è andata sempre più peggiorando. I commissari misero in cassa integrazione circa mille dipendenti. Un livello mantenuto, con piccole variazioni ogni sei mesi, fino all’esplosione in marzo della crisi per il Coronavirus, quando è stato varato un piano di cigs ben più massiccio, come vedremo.
Il piano Lufthansa, da 4mila a 6mila esuberi
I commissari non hanno fatto un piano di ristrutturazione, si sono limitati a cercare di vendere la compagnia. Un’idea utopistica, perché essendo in forte perdita tutti gli interessati avrebbero posto come condizione per l’eventuale acquisto migliaia di esuberi, un prezzo che la politica ha sempre cercato di evitare. Le compagnie interessate nel primo round furono Lufthansa, easyJet e Wizz Air. Ma nessuna ha presentato un’offerta vincolante di acquisto entro il termine fissato, dopo diversi rinvii, al 10 aprile 2018. Il 7 marzo 2018 Il Sole 24 Ore rivelò che il piano di Lufthansa avrebbe comportato da 4mila a 6mila esuberi, cifre però mai rese ufficiali. «La nostra posizione non è cambiata. Sono certo _ disse l’a.d. Carsten Spohr _ che la Commissione di Bruxelles aumenterà la pressione perché ci sia una soluzione. Non c'è più molto tempo per la ristrutturazione. Il nostro interesse non è sfumato. Ma ci deve essere una ristrutturazione». Intanto il governo Gentiloni aveva aumentato da 600 a 900 milioni di euro il prestito statale alla compagnia.
Con il M5S l’intervento delle Fs
Nell’estate 2018 il nuovo governo tra M5S e Lega accantonò la vendita e partorì l’idea dell’intervento delle Ferrovie dello Stato per mantenere il 51% di Alitalia a controllo italiano. L’idea era dei Cinque stelle, con i ministri Danilo Toninelli ai Trasporti e Luigi Di Maio allo Sviluppo economico, alle Fs a fine luglio era stato nominato nuovo a.d. Gianfranco Battisti, un dirigente del gruppo, ex direttore della divisione passeggeri di Trenitalia, che aveva esperienze in aziende di mercato. La Lega rimase in silenzio e alcuni suoi uomini nel governo facevano incontri riservati con Lufthansa. Il 25 ottobre 2018 Di Maio disse: per Alitalia «ci sono manifestazioni d'interesse non di una sola ma di tante compagnie e di tanti altri soggetti privati. Quindi abbiamo la possibilità di fare una scelta con un buon piano industriale che non veda nuovi soldi degli italiani impegnati». Ferrovie dello Stato sarà «un partner tecnico di Alitalia prima di tutto, poi non è detto che debba metterci chissà quali soldi».
Lufthansa chiede «una società ristrutturata»
Dopo che le Fs avevano presentato un’offerta per Alitalia ai commissari, l’8 novembre 2018 Lufthansa spiegò che non aveva presentato un’offerta, ma avrebbe potuto investire nel capitale solo se ci fosse una nuova società «ristrutturata», cioè prima dovrebbe essere raggiunto un accordo sindacale sui tagli. Si stimavano 6.000 esuberi, i tedeschi non diedero cifre. «La nostra posizione non è cambiata, nonostante le voci sui giornali delle ultime settimane. Abbiamo già detto varie volte che non siamo interessati ad entrare nell'attuale Alitalia ma ha senso per noi una nuova Alitalia ristrutturata», disse l’a.d. Spohr.
Quando Di Maio disse: «non ci devono essere esuberi»
Di fronte alle difficoltà a trovare partner per le Fs, che non volevano rischiare di accollarsi tutta la zavorra di Alitalia, spuntò l’ipotesi dell’ingresso in Alitalia del ministero dell’Economia. E si parlò di nuovo di tagli. Il 12 dicembre 2018 il ministro Di Maio si impegnò con i sindacati ad avere un «occhio particolare ai livelli occupazionali: non ci devono essere esuberi», disse.
Hohmeister (Lufthansa) dichiarò: «Circa 3.000 esuberi»
Tra gennaio e febbraio 2019 Lufthansa uscì allo scoperto sui tagli. Mentre le Fs avevano individuato l’americana Delta Airlines come possibile partner della cordata, il direttore commerciale di Lufthansa e componente del cda, Harry Hohmeister, in gennaio disse che Lufthansa «sarebbe interessata al pieno controllo nel lungo termine» e confermò i colloqui politici: «Ci sono stati colloqui con stakeholder di Alitalia per acquisire la maggioranza della compagnia». Secondo Hohmeister «gli esuberi sarebbero un po’ meno di 3.000». Secondo il dirigente tedesco «una quota di minoranza di Delta in Alitalia sarebbe più semplice nel breve termine ma non una soluzione sostenibile». In un’intervista ad Handelsblatt dell’11 febbraio 2019 Hohmeister spiegò: «Noi riteniamo al momento che sarebbero colpiti circa 3mila posti di lavoro. E da quello che leggo sui media anche altri interessati parlano di questo ordine di grandezza». Il manager tedesco avvertì che «se tutto questo tira e molla durerà ancora a lungo, dell’orgogliosa Alitalia presto non rimarrà nulla». Ma la cifra di 3.000 esuberi ufficializzata da Hohmeister non diceva tutto sui tagli. Il dirigente tedesco si riferiva solo all’attività di volo, il «lotto aviation» a cui Lufthansa era interessata. Restavano fuori le attività di handling e la manutenzione (e forse parte dei colletti bianchi della sede), cioè 4-5mila addetti, ulteriori potenziali esuberi da aggiungere a quelli ufficiali.
Dal Sudamerica arriva Efromovich: «nessun esubero»
Mentre le Fs dialogavano anche con Atlantia per completare la cordata, dal Sudamerica manifestò interesse a entrare in Alitalia l’imprenditore German Efromovich, già patron della venezuelana Avianca. In un’intervista al Sole 24 Ore del 30 giugno 2019 Efromovich spiegò di aver scritto una lettera a Fs per entrare con il 30%: «Alitalia è un’ottima compagnia. Non capisco come possa perdere soldi. In sei mesi si può risanare». Alla domanda se ci sarebbero stati esuberi, Efromovich rispose: «Il problema non è il numero dei dipendenti, ma chi non è permorming. Chi non fa bene il lavoro non può starci. Ma la società crescerà. All'inizio ci potrebbe essere una riduzione temporanea. Ma nell’arco di uno o due anni Alitalia avrebbe più impiegati di oggi». La proposta di Efromovich fu scartata dall’advisor di Fs, Mediobanca, che ritenne affidabile solo la proposta di Atlantia (a cui Mediobanca è molto vicina, i Benetton sono anche soci di Mediobanca).
Il tira e molla dei Benetton
Però la società dei Benetton era interessata a barattare l’ingresso in Alitalia con la conferma della concessione di Autostrade per l’Italia. In novembre, dopo aver cercato di coinvolgere Lufthansa come partner al posto di Delta, Atlantia si sfilò dall’operazione. Il piano Lufthansa prevedeva una Nuova Alitalia più piccola rispetto al piano Fs-Delta, con soli 74 aerei.
Nel piano Fs-Delta 2.800 esuberi
Nel piano di Fs e Delta, che sarebbero state affiancate dal Mef e da un quarto socio, si prevedeva di mantenere l’intero perimetro di attività di Alitalia, con la riduzione della flotta a 102 aerei dal 2020 (rispetto ai 113 previsti dalla compagnia) e circa 2.500-2.800 esuberi sugli 11.500 dipendenti dell’epoca. Delta avrebbe avuto il 10% della società con un investimento di 100 milioni di euro. L’operazione è saltata quando Atlantia si è ritirata. In una memoria inviata alla commissione Trasporti della Camera nel gennaio 2020 Atlantia ha affermato che gli esuberi previsti dal piano Fs-Delta erano 2.816 e ha detto che «il piano Delta è emerso da subito come non sostenibile».
Arriva Leogrande, si risveglia Lufthansa
Nel dicembre 2019 il governo ha nominato un nuovo commissario unico al posto della terna precedente. Il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, ha scelto l’avvocato Giuseppe Leogrande, già commissario di Blue Panorama, che si è fatto affiancare da un nuovo d.g., Giancarlo Zeni, già con lui in Blue Panorama. Le nomine sono state suggerite dalla senatrice del M5S Giulia Lupo, ex hostess di Air One e Alitalia, considerata nel M5S l’esperta del trasporto aereo. La senatrice ha più volte sostenuto che Alitalia dovrebbe fare un accordo con Lufthansa e uscire dall’alleanza con Delta e da Sky Team, l’alleanza in cui c’è anche Air France-Klm. Lufthansa è tornata alla carica, l’a.d. Spohr ha incontrato il ministro Patuanelli. A metà dicembre Spohr ha detto: «Perché Alitalia abbia un futuro di lungo termine è importante che abbia il partner giusto e la giusta ristrutturazione. L’uno non può andare senza l’altra. Questa è la logica che ho illustrato quando ho parlato con i player italiani nelle ultime settimane».
C’è la pandemia, Alitalia chiede la cigs per 6.828 dipendenti
Nel marzo 2020 il commissario Leogrande ha chiesto di aumentare la cigs dal migliaio e poco più di lavoratori che erano sospesi a 6.828, pari al 61% dell’organico totale, invocando la crisi per il Coronavirus. L’accordo sulla cigs è stato firmato con i sindacati il 6 maggio, durerà fino al 31 ottobre prossimo.
Efromovich ai sindacati: probabili 2mila esuberi
Preoccupati per l’aumento della cigs. i sindacalisti Fabrizio Cuscito (Filt-Cgil), Monica Mascia (Fit-Cisl), Ivan Viglietti (Uiltrasporti), Francesco Rocco Alfondi (Ugl Trasporti) hanno accettato la richiesta di Efromovich che voleva illustrare il suo progetto. Da San Paolo del Brasile l’imprenditore, insieme all’advisor Antonio Guizzetti, in marzo ha detto che è pronto a investire in Alitalia ed è «disponibile anche ad una partnership col governo», a condizione di avere la gestione. Secondo Efromovich Alitalia non deve essere ridimensionata, anzi la flotta può essere ampliata, perché dal 20121 la domanda di passeggeri tornerà a crescere. I dipendenti non devono essere tagliati: probabili 2mila esuberi iniziali, a suo avviso riassorbibili in futuro. La proposta di Efromovich non è stata presa i considerazione dal governo.
Patuanelli e la Newco: «molto difficile parlare di zero esuberi»
In un’audizione parlamentare il 23 aprile Patuanelli ha detto che nella Newco Alitalia nazionalizzata «non ci sarà un ridimensionamento a 25 né a 40 aerei, la Newco avrà più di 90 aerei. Ma è evidente che voleranno solo quelli che il mercato consente. Non voleranno sempre gli stessi. Per i piloti non possiamo pensare che ci sarà un transito settoriale dalla Oldco alla Newco. Daremo la garanzia a tutti i piloti di poter mantenere le referenze tecniche». Ma non ci sono garanzie per tutti i dipendenti: «credo che parlare di zero esuberi sia molto difficile».
Decreto rilancio: 3 miliardi per la Newco
In maggio con il decreto legge Rilancio il governo ha stanziato 3 miliardi di soldi pubblici per la Newco Alitalia, aumentando la dote rispetto ai 500 milioni che aveva previsto in marzo con il decreto Cura Italia. Il decreto ha previsto anche 130 milioni per compensare i danni subìti dal Coronavirus dalle altre compagnie italiane, Neos, Blue Panorama e Air Dolomiti, che è posseduta al 100% da Lufthansa.
Il piano industriale per la Newco
Il Mef ha ingaggiato i consulenti Oliver Wyman, Deloitte e Grimaldi studio legale per fare le linee guida del piano industriale della Newco. Le linee del piano sono state illustrate ai funzionari della Commissione Ue il 20 luglio. Il progetto prevede una compagnia pari a circa il 60% dell’attuale capacità, con circa 70 aerei e una forza lavoro intorno a 6.500 addetti (su poco più di 11mila). Nella bad company con il commissario resterebbero tutti gli altri, circa 4.500-5.000 lavoratori che potrebbero essere riasorbiti dal 2022 se ci fosse espansione dell’attività. Il progetto non è definitivo. Deve avere l’autorizzazione di Bruxelles e inoltre deve essere condiviso dal Mef con i ministri dei Trasporti, Sviluppo economico e Lavoro.
Le reazioni dei sindacati
L’ipotesi è stata contestata immediatamente dai sindacati Filt-Cgil, Uiltrasporti, Ugl e Fit-Cisl (che però non ha firmato l’appello delle altre sigle), da Fnta (Anpac, Anpav e Anp), da Cub Trasporti. Cub Trasporti-AirCrewCommittee in un volantino ha scritto: «Alitalia Holding = Smembramento. 3 miliardi di euro per licenziare e polverizzare? Mica sarete matti!».
Le smentite di Patuanelli e De Micheli
«Non esistono i 4mila esuberi, esiste una dotazione iniziale che sarà in un range di 70 aerei, quelli che servono oggi per volare», ha commentato il ministro Patuanelli, che negli ultimi mesi aveva parlato di una Newco Alitalia con «più di 90 aerei». «Gli esuberi non potranno essere 4mila», secondo la ministra dei Trasporti, Paola De Micheli, che invece aveva annunciato una Newco più grande di quella di Patuanelli, «con 110 aerei».
Le somiglianze con il piano Lufthansa
Chi osserva il piano della Newco non può fare a meno di notare che assomiglia molto al progetto originario di Lufthansa per Alitalia che sembrava inaccettabile, «irricevibile» disse Patuanelli diversi mesi fa: circa 70 aerei e intorno ai 5.000 esuberi. È vero che il Coronavirus ha accentuato la crisi, ma è difficile pensare che sia solo una concidenza.
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