Alla Festa del cinema di Roma il docufilm sul ponte di Genova, dal dolore per la tragedia alla forza del riscatto
Dal dolore per la tragedia alla forza del riscatto.Immagini di repertorio unite al girato originale per raccontare una grande storia collettiva direttamente dalle parole delle persone che hanno costruito il nuovo viadotto Genova San Giorgio, in quello che è stato definito “il miracolo italiano”
di Nicoletta Cottone
3' di lettura
Dal dolore per la tragedia alla forza del riscatto. Alla Festa del cinema di Roma il 22 ottobre è di scena il docufilm di Raffaello Fusaro “Un ponte del nostro tempo”, dedicato alla costruzione del nuovo ponte di Genova, presentato da Fincantieri e Fincantieri Infrastructure. Immagini di repertorio unite al girato originale per raccontare una grande storia collettiva dalle parole delle persone che hanno costruito il nuovo viadotto Genova San Giorgio, in quello che è stato definito “il miracolo italiano”. Un film «dedicato a tutti i lavoratori che, come pietre miliari, hanno sorretto con costanza e tenacia il ponte».
Un cantiere urbano che non ha paragoni nel paese
«All’inizio ho realizzato contenuti a metà fra il documentaristico e il corporate per Fincantieri - racconta il regista Raffaele Fusaro - e ho avuto subito l’idea di trattare qualcosa che gli italiani non conoscevano fino in fondo, un cantiere urbano che non ha paragoni nel Paese. Un’opera le cui fondamenta nascono da un grande dolore collettivo». Una sorta di diario di viaggio lungo 12 mesi immersi nella pandemia, fra Genova, Valeggio sul Mincio e Castellamare di Stabia, dove i pezzi del ponte sono stati costruiti. Appunti che poi si sono tradotti in una sintesi cinematografica. «L’orgoglio dei lavoratori - continua Fusaro - mi ha fatto pensare a qualcosa che può raccontare un nuovo orizzonte del Paese».
Sorrentino: «Mentre l’Italia era paralizzata noi non ci siamo fermati»
«In Italia realizzare un’opera, farla di qualità e nei tempi previsti dal contratto è un’impresa. Noi ci siamo riusciti». É orgoglioso Marcello Sorrentino, amministratore delegato di Fincantieri Infrastructure, della realizzazione del nuovo ponte. Una organizzazione molto impegnativa, con l’aggravante del Covid e di un alluvione con una forza che Genova non ricordava da 53 anni. «Mentre l’Italia era paralizzata - racconta Marcello Sorrentino - noi non ci siamo mai fermati. Neanche un giorno, neanche una notte. Questa è la cosa di cui mi sento più orgoglioso. Ed è la cosa che ha ispirato il nostro film. Perchè questo docufilm non vuole evidenziare la prova muscolare di grande capacità di Fincantieri, ma estrapolare il grande vissuto emotivo dei partecipanti all’opera, in primo luogo dei lavoratori».
Il senso di orgoglio di costruire il ponte
Abbiamo offerto, racconta Sorrentino, «il modello Fincantieri: rispettare i tempi di una consegna, per una nave o per qualsiasi altro prodotto, per noi non solo è la regola, ma è anche l’educazione industriale». Per quest’opera l’amministratore delegato si è trasferito per tre mesi nel cantiere di Genova, in una baracca sotto il Polcevera, insieme agli operai, per garantire la continuità produttiva di questa grande operazione. «Associare il covid al lavoro, alla vita e alla morte era tutt’uno. Nessun operario - dice Sorrentino - ha avuto un attimo di esitazione, pur essendo tutti terrorizzati all’idea di contrarre la malattia. Lo leggevo sui loro volti, insieme all’orgoglio di essere lì. Nel film abbiamo voluto evidenziare la carica umana di questi lavoratori, unito al senso di orgoglio e di appartenenza nel realizzare il ponte. «L’energia è stata la tragedia: quelle 43 vittime hanno accompagnato in ogni momento la ricerca di un riscatto per ciò che era accaduto. E anche il Covid è stato superato con la storia di vita di chi, nel lavoro e nell’impegno, va avanti. Il film vuole essere una testimonianza di questo grande impegno».
Colonna sonora dal vivo nella radura della memoria
Ci sono le testimonianze di chi ha preso parte ogni giorno ai lavori di costruzione, le voci di Renzo Piano - che ha progettato «un ponte semplice, parsimonioso, ma non banale. Sembrerà una nave ormeggiata nella valle» che solca la Val Polcevera - e quelle di Giuseppe Bono,amministratore delegato di Fincantieri. Le note di jazz del pianista Danilo Rea come colonna sonora, musica girata dal vivo, direttamente sotto il ponte, con un pianoforte nella radura della memoria. «Note uniche che fanno volare. Un ponte è un arco che vola in avanti».
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