Cinema

Alla Mostra di Venezia sbarca “Mila”, film sulla pandemia e sulla memoria

Primo lungometraggio proiettato all'interno della sezione Orizzonti, «Mila» è un film in cui si ritrovano molti elementi tipici del cinema greco

di Andrea Chimento

2' di lettura

Un'opera prima scuote la Mostra di Venezia: «Mila» del neoregista greco Christos Nikou è un film che potrebbe far discutere a lungo, soprattutto per la scelta del soggetto di partenza.

Una pandemia globale ha causato un'improvvisa amnesia: Aris, un uomo di mezza età, si ritrova coinvolto in un programma di recupero pensato per aiutare i pazienti a costruirsi una nuova identità. Aris passa così le sue giornate svolgendo dei compiti utili a creare dei nuovi ricordi e documentarli con una macchina fotografica.

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Primo lungometraggio proiettato all'interno della sezione Orizzonti, «Mila» è un film in cui si ritrovano molti elementi tipici del cinema greco contemporaneo: possono venire infatti subito in mente le opere di Yorgos Lanthimos, l'autore ellenico più celebre.

Non a caso Nikou aveva lavorato come assistente proprio in «Dogtooth», film del 2009 arrivato solo recentemente nelle sale italiane, che rappresenta uno degli esiti più significativi di tutta la carriera dello stesso Lanthimos.

Nikou, che in seguito è stato anche assistente di Richard Linklater per «Before Midnight», sembra però essersi ispirato soprattutto a «The Lobster» di Lanthimos, sia per il tema distopico di partenza, sia per la gestione di una curiosa storia d'amore.

Manca forse così un pizzico di originalità e Nikou gioca un po' di maniera, ma la sua opera colpisce ugualmente, in particolare perché si tratta di un lavoro d'attualità, capace di far riflettere su diversi temi fondamentali per il periodo in cui stiamo vivendo.

Il funzionamento della nostra memoria

«Mila» (il titolo fa riferimento alle mele, che il protagonista mangia di continuo) è infatti un film sul funzionamento della nostra memoria, su quanto sia selettiva e su come agisca: cosa scegliamo di ricordare e cosa invece rimuoviamo?

Non è soltanto un lavoro sul trauma quello compiuto da Nikou nella sua allegoria, ma anche un modo per analizzare come la memoria risenta dalla tecnologia, che nel mondo di oggi rende ovviamente molto più semplice registrare le informazioni.

Anche su questo punto Nikou guarda alla lezione di Lanthimos ma anche all'austriaco Michael Haneke, riuscendo comunque a offrire un tocco personale, in special modo con la metafora di un'amnesia collettiva, decisamente interessante e ricca di spunti di riflessione.

L'amnesia, che si diffonde come un virus, diventa rappresentazione di una società di persone prive di contatti, sole, che dimenticano, perché tutto ormai può essere affidato a metodi di archiviazione, digitali o meno che siano.

Da segnalare che il film è girato con inquadrature ristrette, così da sottolineare ancor di più l'isolamento del protagonista stesso, e rimandando al formato delle polaroid: anche questa non è una novità assoluta, anzi, ma rimane un ulteriore tassello di un esordio capace di colpire nel profondo, a tratti derivativo, ma ugualmente stratificato e pronto a stimolare numerose riflessioni.Un buon inizio per una sezione che si preannuncia quest'anno di grandissimo interesse.

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