Alla Reggia di Caserta in lockdown rinnovamenti per 5,4 milioni
Nel 2020 crollo degli introiti di circa il 60% coperti da 1,9 milioni di stanziamenti straordinari del Mibact. Durante la chiusura non si è mai smesso di lavorare per riordinare spazi, riprogettare attività e percorsi e ora con il passaggio in zona gialla necessario ripensarne i modelli di gestione per garantirle una maggiore sostenibilità, parola della direttrice Tiziana Maffei
di Roberta Capozucca
5' di lettura
Con l'entrata in vigore del DPCM del 14 gennaio, i luoghi della cultura siti in zona gialla hanno potuto riaprire le proprie sale, ma solo dal lunedì al venerdì con esclusione dei festivi, con il distanziamento sociale e il contingentamento previsto dalla vigente normativa. Una riapertura accolta con entusiasmo dai principali musei del nostro Paese che, nonostante le difficoltà organizzative e finanziarie, trovano necessario ricominciare a poter svolgere la propria funzione sociale. Di questo e di come alcuni istituzioni abbiamo sfruttato al meglio il periodo delle chiusure per riorganizzarsi abbiamo parlato con Tiziana Maffei, direttrice della Reggia di Caserta dal 2019, che fuori da una logica di autoreferenzialità ha trovato nel territorio circostante la spinta per andare avanti e ripensare il proprio modello sostenibile.
Era il 2019, quando nelle vesti di presidente ICOM Italia chiedeva maggiore attenzione nella definizione di Museo perché tenesse in considerazione il suo ruolo di servizio alla società. Come ha portato avanti questa posizione alla Reggia?
Oggi più che mai sono convinta di questa posizione e credo che sia evidente come il valore prodotto da un istituto museale non si possa misurare solo in termini di redditività. La parità dei conti deve essere tenuta in considerazione, ma per assicurare all'istituzione il perseguimento della finalità pubblica per cui nasce, per la crescita degli individui e della comunità.
Per questo motivo, il primo elemento sul quale ho lavorato quando sono arrivata è stato l'identità di questo luogo e del suo rapporto con l'esterno. La Reggia, infatti, è già di per sé una visione di paesaggio culturale: una casa reale, che conserva le tracce del suo sistema produttivo su tutto il territorio circostante e che ne rappresenta l'elemento di collegamento con le comunità. Far riemergere questo valore identitario ha significato rimettere a regime, e quindi anche a budget, un sistema di concessioni commerciali che ruotano intorno al marchio regio e che ne riattivano gli antichi sistemi produttivi in rapporti di partenariato con i privati, a sostegno della microimpresa, dell'impresa sociale e dell'impresa innovativa. Dalle serre alla Peschiera, fino al recentissimo accordo con la cooperativa Eva per la produzione di marmellate delle arance del nostro Parco Reale, finora lasciate marcire a terra.
D'altra parte, con una crescente visibilità internazionale e oltre 750.000 di biglietti venduti nel 2019, per prendere a riferimento un anno standard, è impensabile non condividere queste risorse con il territorio circostante: attore che deve essere ripensato e reintegrato nei processi di sostenibilità a lungo termine.
Come avete vissuto il periodo del lockdown e come hanno influito le chiusure sul vostro rendiconto?
Come tutti i musei anche per noi è stata dura, abbiamo avuto un crollo degli introiti di circa il 60%; per capirci nel 2019 i ricavi da biglietteria ammontavano a 3.540.000 euro, nel 2020 sono stati di 1.500.000 euro. Bisogna però dire che una parte di queste perdite è già stata coperta dagli stanziamenti per mancati introiti messi in campo dal MiBACT , che per la Reggia sono valsi per il 2020 circa 1.900.000 euro. Quello che, invece, è mancato nella narrazione di questi mesi di chiusura è che noi, come molti altri musei, non abbiamo mai smesso di lavorare e dietro le quinte abbiamo riordinato spazi, riprogettato attività e percorsi: cose che probabilmente non avremmo mai potuto fare con tale energia e concretezza se fossimo stati aperti e funzionanti a pieno regime. Alla Reggia, abbiamo provveduto, per esempio, alla rifunzionalizzazione di alcuni piani del Palazzo recentemente acquisiti e alla ridefinizione del percorso museale grazie a cui, oggi, il pubblico può fruire del sistema organizzativo degli spazi così come pensati da Vanvitelli e non solo degli ambienti di prestigio tradizionalmente aperti. Inoltre, durante i mesi di chiusura abbiamo riportato l'accesso principale al Cannocchiale visivo affinché il visitatore possa godere subito della straordinaria prospettiva visiva che conduce alla Cascata del Parco Reale e che riduce percettivamente la distanza di 3,5 km tra i due estremi del Complesso. Sempre nell'ottica di stringere la relazione con il territorio, è stata inoltre valorizzata l'opzione di uscita che porta il visitatore nel centro della città di Caserta. Nonostante i mesi di suddetta inattività, nel 2020 sono stati impegnati 5.480.000 euro in costi di gestione, molti dei quali a sostegno dei lavori intrapresi, contro i 3.855.000 euro del 2019.
Cosa ne pensa della disposizione di riapertura per tutti i musei siti in zona gialla, è sostenibile? Voi come siete organizzati?
Alla Reggia abbiamo disposto già a partire da giugno un rigido contingentamento degli accessi per numero di visitatori e fasce orarie. Ogni accesso, che può avvenire solo previa prenotazione online, è tracciato così da poter gestire i flussi ed evitare assembramenti. Rispetto alle disposizioni governative, personalmente ritengo che sia più che mai urgente riaprire i luoghi della cultura e non per slogan, ma perché il prezzo delle chiusure lo pagheremo tutti. Le persone hanno bisogno di ritrovare la propria dimensione identitaria e culturale soprattutto in questo momento; basti pensare che lunedì 18 gennaio, primo giorno di riapertura, nonostante le restrizioni, il maltempo e le temperature rigide, ci hanno fatto visita oltre 340 persone; nei giorni successivi invece abbiamo anche superato i 500 visitatori. Non parliamo di numeri che permetterebbero di coprire i costi di gestione, ma per musei grandi come il nostro le spese di struttura non variano considerevolmente con la presenza o meno del pubblico. Certo io parlo come direttore di un museo statale, che ha accesso a fondi ordinari e straordinari messi a disposizione dal MiBACT e posso comprendere la situazione di sconforto in cui versano moltissime istituzioni che, per sostenere la loro stessa natura no-profit, dipendono dai servizi accessori. Questo scenario non dovrebbe però portarci a chiedere se ha senso o meno riaprire, ma piuttosto a riflettere se l'attuale modello di business dei Musei è sostenibile oggi.
Da qui in avanti, quali sono le principali sfide che vi attendono?
Fino a pochi anni fa la Reggia era un maxi condominio, con scuole, militari, sedi di enti diversi e alloggi di servizio, che conviveva con una piccola realtà museale. Con il Piano Commissariale divenuto operativo nel 2015, il museo ha iniziato ad acquisire importanti superfici nei 5 piani del Palazzo Reale. Nei prossimi anni gli attuali 16.280 mq di destinazione museale, percorsi e servizi si amplieranno fino a 39.400 mq circa con un investimento stabilito di 70.000.000 di euro. Oggi, per la prima volta nella sua storia, la funzione museale della Reggia è stata anteposta a qualsiasi altra contingenza abitativa legata a questo palazzo enorme ed è di questo che ci occuperemo. Ma a fronte di investimenti ed interventi già intrapresi, ci troviamo davanti a un grande scoglio ovvero la gravissima carenza di personale, senza il quale è impensabile sviluppare nuove progettualità e una strategia a lungo termine. Nel 2020 abbiamo chiuso con 71 dipendenti in meno rispetto alle assegnazioni, in relazione ai quali non c'è stato alcun ricambio. Affrontare il tema della mancanza di risorse e della discontinuità lavorativa è diventato urgente, per la Reggia come per moltissime altre istituzioni pubbliche.
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