Alla ricerca del “manager umano” nei master di nuova generazione
«I manager hanno bisogno di rafforzare meta-competenze e life skills, quali la capacità di coinvolgere le persone e capirne la motivazione», spiega il prof. Federico Frattini della Graduate School of Management del Politecnico di Milano
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«I manager non hanno solo bisogno di acquisire e rafforzare le loro hard skills, ma anche e soprattutto meta-competenze e life skills, quali la capacità di coinvolgere le persone e capirne la motivazione, se vogliono creare una connessione con le emozioni che il singolo individuo prova nel corso della propria attività lavorativa, specialmente in situazioni di particolare pressione e stress». La fotografia scattata da Federico Frattini, Dean di Polimi Graduate School of Management (nonché Full Professor of Strategic Management and Innovation), serve a capire perché anche i master in business administration (ambito per il quale la scuola milanese si è classificata al 68esimo posto su scala mondiale nel ranking stilato da Quacquarelli Symonds, società di consulenza globale di formazione superiore) devono evolvere per rispondere a esigenze nuove evidenziate dalle aziende e dai rispettivi management.
Il New Generation MBA lanciato a inizio 2022 rappresenta in tal senso un qualcosa di inedito e risponde alla visione di insegnare ai leader del futuro come raggiungere performance di grande impatto nel solco della sostenibilità. Agli studenti, insomma, si vogliono portare in dote due dimensioni di conoscenza: da una parte le competenze manageriali avanzate e dall'altra gli strumenti per liberare il proprio potenziale nascosto e per creare e mantenere alti i livelli di motivazione e incisività su se stessi, sui loro collaboratori e di riflesso sulle organizzazioni in cui si trovano a lavorare. Una primizia assoluta per gli MBA proposti da Polimi, insomma, che risponde a una precisa lettura di una tendenza.
«Veniamo – spiega in proposito Frattini - da circa dieci anni di discussione intorno al tema della sostenibilità e dei suoi impatti. Siamo passati dall'essere focalizzati sul suo valore strumentale, quale elemento di conformità alla normativa europea, all'elevarlo a punto chiave del percorso di evoluzione del fare impresa. È un cambio di paradigma: si va oltre il concetto di fare profitti a tutti i costi e si torna a credere nell'assunto che si può fare impresa nel rispetto di alcuni valori elevati. E la ricerca dei nuovi manager va per l'appunto in questa direzione, nel mettere al centro una dimensione umana e meno business oriented del purpose aziendale».
Il corso rispecchia in toto questa filosofia e punta a coinvolgere i manager, i decision maker e gli imprenditori del futuro per stimolarli ad individuare il proprio “purpose” in modo consapevole, perché sarà proprio questa skill a fare da propulsore per lo sviluppo di quelle capacità necessarie a garantire performance finanziarie sostenibili e generare impatti positivi sulla società in cui le aziende operano.
«Storicamente – osserva ancora Frattini - i master e le business school hanno badato alle competenze funzionali a gestire la finanza e i processi di un'azienda e poi alle soft skill, ma sempre poco alla componente umana e personale. In aula oggi ci sono gli psicologi e il valore intrinseco della persona è al centro del percorso di apprendimento, combinando coaching e didattica in un'ottica di vera contaminazione. Le discipline umanistiche tornano al centro perché il nuovo concetto di sostenibilità passa attraverso la presa di consapevolezza, la riscoperta dello scopo e l'interconnessione con gli altri». E vi sono, come suggerisce il Dean di Polimi Graduate School of Management, illustri testimonial che valorizzano questo approccio, vedi per esempio Satya Nadella, il Ceo di Microsoft, che ha sdoganato il concetto di democratizzare la tecnologia cogliendo l'obiettivo di fare l'interesse degli azionisti, oppure Paul Polman, Ceo del colosso dei beni di consumo Unilever dal 2009 al 2019: il primo giorno al timone dell'azienda annunciò che la società non avrebbe più fornito guidance sugli utili né pubblicato rapporti trimestrali per concentrarsi su un modello di creazione di valore a lungo termine equo e sostenibile e sulla risoluzione dei grandi problemi del mondo, a cominciare da quello ambientale.
Spiritualità e filosofia devono quindi essere elementi irrinunciabili per il management e la maggiore propensione a sviluppare competenze in questa chiave apre le porte a una riflessione sulla tematica che vede contrapposte persone e macchine, intelligenza umana e intelligenza artificiale. «La visione del manager più umano – conclude in proposito Frattini - è la risposta al rischio che la macchina prenda il sopravvento. Le aziende non possono rimanere aride, perché la tecnologia è pervasiva e quasi bulimica e il valore umano dei leader e la loro ricchezza di buon senso non deve venire meno».
Le professioni di domani, questo lo scenario a cui tendere, dovranno essere di conseguenza “human”, perché le potenzialità degli strumenti digitali è tale che permette di ottimizzare a livelli pazzeschi la componente operativa e di lasciare più spazio alla componente di pensiero, di valutazione e di riflessione per farsi le domande giuste e prendere le decisioni migliori e più ponderate.
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