Alla ricerca di un’intelligenza artificiale umana: una via europea per l’Ai
di Dino Pedreschi
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Le proposte per una strategia italiana per l’intelligenza artificiale elaborate dal gruppo di esperti del Ministero per lo Sviluppo economico e aperte alla consultazione pubblica sono un’ottima occasione per riparlare di Ai e del suo impatto trasformativo sulla società. Anche se con il termine Ai si intende un ecosistema di modelli e tecnologie per la percezione, il ragionamento, l’interazione e l’apprendimento, il prepotente ritorno alla
ribalta negli ultimi anni è legato soprattutto a quest’ultimo aspetto, il machine learning, grazie all’emergere dei Big data. Il mix è esplosivo: i dati raggiungono la massa critica di esempi da cui apprendere, gli algoritmi scoprono modelli predittivi e pattern nascosti nei dati, le architetture ad alte prestazioni riescono a sopperire con le risorse di calcolo e di memorizzazione necessarie.
In questo quadro si evidenzia tutta la forza e la debolezza della situazione attuale. Da un lato cresce la capacità dei modelli di deep learning di generalizzare da dati di allenamento sempre più grandi e di maggiore qualità, e questo spiega gli straordinari progressi nel riconoscimento di immagini e nella visione robotica, nella comprensione del testo e del parlato, nella traduzione automatica, nella diagnosi medica, nella valutazione del rischio, nella manutenzione predittiva. Dall’altro lato,
cresce il divario con gli altri aspetti dell’Ai, in particolare il ragionamento e l’interazione persona-macchina, aspetti centrali per uno sviluppo umano, etico, antropocentrico dell’Ai che giustamente l’approccio europeo enfatizza, e che il documento del Mise riprende. L’obiettivo a cui tendere è una Human Ai rivolta al beneficio della persona umana sia a livello individuale che sociale, sistemi che incorporano i valori etici europei by-design, che sono in grado di comprendere e adattarsi agli ambienti reali, interagire in situazioni sociali complesse, ed espandere le capacità umane, in particolare a livello cognitivo. È questa la frontiera su cui Europa e Italia possono meglio eccellere, non rincorrendo Stati Uniti e Cina sulla strada della potenza “muscolare” e dell’innovazione irresponsabile.
Ma c’è ancora molto da fare e da inventare su questa strada: la comunità scientifica è consapevole delle sfide e si sta organizzando a livello trans-nazionale e trans-disciplinare. I problemi aperti sono numerosi e difficili. Ad esempio, cresce l’opacità e la natura di black box dei modelli di Ai, insieme con il rischio di creare sistemi esposti ai bias nei dati di allenamento, sistemi che nemmeno gli esperti riescono a comprendere. Mancano strumenti per consentire agli sviluppatori di Ai di certificare l’affidabilità dei loro modelli. Per disegnare sistemi Ai che conversano con gli umani per aiutarli a migliorare la qualità delle loro decisioni. Per passare dall’ottimizzazione delle decisioni individuali all’ottimizzazione dell’effetto aggregato. Per comprendere gli effetti di rete e armonizzare gli obiettivi individuali con quelli collettivi, ed evitare che una folla di individui singolarmente intelligenti sia, collettivamente, stupida (gli esempi abbondano, dal traffico, alla finanza, alla formazione delle opinioni online). Per misurare, prevedere e preservare la sostenibilità e la resilienza dei sistemi (tecno-)sociali interconnessi che abitiamo. Per disegnare nuove modalità di interazione fra persone e macchine in modo che le prime raggiungano livelli più alti di consapevolezza e le seconde livelli più alti di apprendimento e di comprensione del contesto e del ragionamento umano. E infine per disegnare nuove modalità decentralizzate e distribuite per la raccolta e la gestione dei dati, l’energia che alimenta l’Ai, superando la fase attuale di estrema centralizzazione da parte di poche corporation monopoliste, che stanno ostacolando la scienza aperta, l’innovazione, la finalità al bene comune e, con i loro mostruosi data center, la sostenibilità ambientale.
Per tutti questi motivi la strategia per l’Ai deve svilupparsi su due piani sinergici: da un lato è indispensabile innovare, sperimentare e valutare a tappeto l’applicazione dello stato dell’arte in Ai e data science in tutti i settori produttivi, scientifici e sociali, ma non basta. Dall’altro lato occorre intensificare gli sforzi di ricerca per affrontare i problemi aperti. È evidente la necessità di un approccio multidisciplinare, che faccia perno sulle eccellenze in Ai nell’informatica accademica e degli enti di ricerca per costruire un’alleanza forte con le altre scienze dure e con le scienze sociali, della cognizione e dell’etica.
La comunità italiana della ricerca, censita dal Laboratorio di Ai e Intelligent systems del Cini, presenta punti di eccellenza internazionale nei settori chiave (data science, machine learning, natural language processing, vision, robotica, knowledge representation and reasoning, algoritmica ad alte prestazioni), ma c’è un problema di scala, di massa critica dei laboratori di ricerca, di integrazione inter-disciplinare. Per crescere, si deve imparare dalle migliori esperienze europee, sviluppando una strategia nazionale in sintonia con queste, adattandole. C’è bisogno di un progetto finalizzato nazionale sull’Ai. Negli anni ’70 e ’80, il progetto finalizzato informatica creò e consolidò la ricerca scientifica e l’innovazione industriale in It nel nostro paese.
Oggi una iniziativa simile potrebbe far fare un analogo salto alla ricerca e all’innovazione in AI, consolidandola come nuova disciplina. Si potrebbe seguire l’esempio francese e selezionare su base competitiva alcuni (pochi) hub nazionali da potenziare, ecosistemi territoriali in grado di integrare le risorse per tendere a eccellere nella ricerca e nell’innovazione AI. A gennaio 2019 in Francia sono stati selezionati quattro hub finanziati con 10 milioni di euro ciascuno per cinque anni. L’idea è quella di valorizzare e potenziare i migliori ecosistemi che hanno già aree di eccellenza ed esperienze di collaborazione inter-disciplinare e industriale, piuttosto che far partire nuove realtà da zero. Simile è l’idea finlandese del Finnish Center for Ai. Un approccio per certi aspetti analogo è quello dell’Alan Turing Institute britannico, un laboratorio distribuito dei migliori centri Gb di data science e Ai, con un ufficio centrale leggero alla British Library. Iniziative collaterali possono essere un dottorato nazionale in Ai -idea attualmente in gestazione sotto il coordinamento del Cnr - e bandi nazionali per la ricerca di base.
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