Alla scoperta del pre-order, un modello di business win-win per tutti
Da un lato, produrre meno e meglio. Dall'altro, circondarsi solo di capi per cui vale la pena aspettare. Non è un concetto nuovo, ma il digitale lo ha reso scalabile
di Alexis Paparo
4' di lettura
Fra le iniziative in preparazione alla Cop26, la conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico, è stato lanciato su Netflix Together for Our Planet, una collezione di oltre 30 fra film, serie, contenuti per capire cosa sta succedendo alla Terra e perché. Fra questi compaiono Minimalism e The Minimalists : Less is Now , due documentari che esplorano una visione attualizzata del minimalismo di cui Joshua Fields Millburn e Ryan Nicodemus sono diventati guru, con libri, podcast, docu-film e un blog seguito da oltre 20 milioni di persone. Quando si parla di minimalismo, il malinteso è confonderlo con quello delle forme. Non si è minimalisti perché si ha una casa o un guardaroba in toni neutri. Anzi, il concetto andrebbe ribaltato: più ci si circonda di pezzi massimalisti – non tanto o non solo in senso estetico – capaci di raccontare una storia, di farci emozionare, meno si avverte il bisogno di averne altri. Il lusso è avere un armadio in cui ogni capo è, a modo suo, il nostro preferito. E proprio per non guastare una costruzione ragionatissima, le aggiunte sono ponderate, soppesate, anche rimandate finché non si trova il pezzo che dialoga perfettamente con gli altri.
In questo contesto s'inserisce l'avanzata del pre-order: un marchio presenta una serie di modelli disponibili per l'acquisto in un preciso lasso di tempo, che verranno poi messi in produzione in base alle quantità richieste. Il concetto non è nuovo, ma il digitale permette di declinarlo in molti modi. C'è chi, come Misha Nonoo , non rinuncia a uno store fisico in cui far conoscere e toccare con mano i propri capi, che si possono acquistare in pre-ordine anche online e ricevere in circa dieci giorni lavorativi. Un altro precursore del modello, il brand Telfar dello stilista americano di origini libanesi Telfar Clemens, ha addirittura lanciato un canale tv per aumentare la connessione con la sua community ed eliminare la speculazione intorno alle sue borse diventate iconiche, acquistate centinaia alla volta a ogni rilascio. Sul canale, che trasmette anche contenuti caricati dagli utenti, appaiono in modo casuale e inaspettato QR code attraverso cui gli spettatori arrivano sullo store online e possono acquistare.
Oltre a spingere verso uno stile di vita più responsabile, la pandemia ha acceso una luce sull'enorme quantità d'invenduto e sul problema dello stoccaggio eccessivo. Anche un colosso come Farfetch ha deciso di scommettere sul modello, offrendo in pre-order pezzi di brand come Dolce & Gabbana, Balenciaga, Khaite, Nanushka, Oscar de la Renta, Off-White. Il servizio è stato lanciato con una campagna in cui vari influencer “hanno indossato” sui social copie digitali dei capi presenti o che saranno presentati sulla piattaforma. «Il pre-order funzionerà proprio grazie alla nostra scala, non a dispetto di questa», spiega Jamie Freed, vice presidente globale della divisione clienti privati di Farfetch. «Ai marchi indipendenti che già lavorano in questo modo, offriamo una piattaforma globale che li aiuta a raggiungere più clienti. Per i grandi brand che non l'hanno ancora implementato, ne facilitiamo l'avvio». Freed aggiunge che finora la risposta è ottima e che, anzi, da tempo i clienti chiedevano un servizio di questo tipo.
Anche perché «scegliere di preordinare significa non perdersi i pezzi di cui ci si è innamorati nella propria taglia, senza doverli cercare in diversi negozi o piattaforme online». Per esempio, su Farfetch già dal 27 ottobre si ha accesso alle collezioni pre-spring e, in seguito, a quelle estive.
Far aspettare il cliente era la più grande paura di Ines Bourgeois, fondatrice del brand Les Izmoor − studi economici, ma una grande passione per la moda che l'ha poi portata ad approfondire l'argomento con un master in Bocconi e a ideare il marchio − che propone un unico capo a stagione. La taglia è unica, perché il modello è creato con accorgimenti che gli permettono di essere indossato da fisicità diverse, ed è trasformabile in almeno tre versioni. «Mi sono resa conto che la gente è disposta ad aspettare, ma è importante che questo non sia un tempo vuoto: noi mandiamo una newsletter con video della produzione, approfondimento su tessuti scelti, lavorazione, tracciabilità di ogni materia prima. È la bellezza dell'attesa». Ogni capo è una storia a sé anche dal punto di vista dei materiali. Per il secondo pezzo, una blusa trasformabile in tre colori e stoffe diverse, la scelta di utilizzare solo tessuti deadstock ha portato Bourgeois a collaborare con Lvmh. La viscosa color terracotta viene infatti da Nona Source, una nuova piattaforma supportata dal gruppo che vende b2b tessuti e materiali inutilizzati dalle sue maison e con cui la fondatrice vuole continuare a collaborare.
Per Bourgeois il pre-order è il futuro della moda per tante ragioni. «Come cliente, sai che il tuo acquisto è responsabile, ragionato, esclusivo perché il pre-order è l'unico modo per aggiudicarselo. Come brand, non perdi tempo ad analizzare quanto devi produrre e ti puoi concentrare sulla creazione. Non hai stock in eccesso e costi d'inventario, e questo si ripercuote positivamente sul prezzo, che è ridotto del 40 per cento per chi compra preordinando. Inoltre, è più facile creare rapporti di fiducia con i partner di produzione: sanno di non correre il rischio di non essere pagati perché tutto è stato finanziato in anticipo. È un win-win».
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