FORMAZIONE

Alla storica scuola di Spilimbergo iscritti di 18 diverse nazionalità

Un lavoro ad alto tasso di innovazione: il 70% degli allievi oggi è donna

di Barbara Ganz

Stefano Lovison, Presidente del Consorzio cui fa capo la gestione del centro internazionale di formazione per il mosaico del Friuli Venezia Giulia

3' di lettura

Difficile capire se sia una scuola dentro a una galleria d'arte, o viceversa. La Scuola Mosaicisti del Friuli, nella sua sede di Spilimbergo (Pordenone), racchiude gli anni di storia che l’hanno portata fin qui. Fondata nel 1922, è un esempio più unico che raro di istituto che ha una triplice funzione. Quella di formazione, qualificando artigiani specializzati nell’arte musiva; la promozione di questa stessa arte in Italia e a livello internazionale; infine, è una vera e propria azienda, che accetta commesse in ogni angolo del mondo. La gestione è affidata a un Consorzio che comprende attualmente 46 enti, in rappresentanza di tutto il tessuto economico, dagli industriali all'artigianato, e poi i Comuni e la Regione. E imprenditore è il presidente, Stefano Lovison.

La formazione -38 ore a settimana - prevede un piano di studi triennale, che spazia da storia dell’arte a grafica al computer, da disegno a progettazione. «Una scuola esigente - sottolinea Lovison -. Fra ritiri e bocciature, va avanti solo il 50% degli studenti, che arrivano da tutto il mondo in Friuli: oggi abbiamo 18 nazionalità presenti, dalla Russia al Sudamerica, dal Pakistan all’Europa. La maggior parte di loro, una volta completati gli studi, rientra nel proprio Paese e lì diventa un ambasciatore del mosaico». Lo studio attraversa secoli di storia: dal mosaico di epoca romana, basato su materiali naturali come sassi e ciottoli, a quello medioevale, in cui compaiono oro e colori spesso con la rappresentazione delle Sacre scritture, fino alla modernità. «Oggi il mosaico è largamente impiegato in contesti di riqualificazione urbana - spiega il presidente -. Un esempio è proprio vicino alla nostra sede: c’era una canna fumaria molto sgradevole da vedere, l’abbiamo ricoperta tutta a mosaico per 12 metri di altezza sui quattro lati rendendola così un opera scultorea contemporanea. Ora la visione è quella di un albero nelle diverse luci, dall’alba alla notte».

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Ogni anno la Scuola Mosaicisti del Friuli attira migliaia di visitatori provenienti da tutto il mondo. E poi ci sono le commesse in Italia e all’estero curate dalla Scuola - che ha firmato fra l’altro il Foro Italico e la piscina olimpica di Roma, il mosaico dell’Opera di Parigi, il Santo Sepolcro a Gerusalemme, il pavimento del Kawakyu Hotel in Osaka (Giappone), la “saetta iridescente” a Ground Zero in New York - e le collaborazioni con artisti internazionali.

Una fucina di imprenditori: «Solo nel 2019 in Friuli VG si registrano oltre 60 laboratori artigiani: un dato in crescita rispetto agli anni precedenti. E poi ci sono coloro che trovano impiego come dipendenti. Il tasso di occupazione di chi conclude il corso è vicino al 100%. Nascono imprenditori, e con loro imprese, come quelle che ci forniscono tessere, smalti e altri materiali». Se il mosaico è un’arte antica, oggi il tasso di innovazione è altissimo: l’opera, che sia destinata a un ente pubblico o a privati, viene pensata e poi rappresentata tramite rendering per capire che effetto farà una volta completata. E l’innovazione si trasmette anche ai giovani: «Una volta questo era visto come un lavoro faticoso, con molte ore trascorse in ginocchio, dunque prettamente maschile. Ora tutto è cambiato, e negli anni Ottanta abbiamo avuto le prime richieste di iscrizione da parte di ragazze. Oggi la componente femminile è al 70 per cento» conclude Lovison.

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