Allarme mascherine cinesi: non proteggono. Gdf alle Asl: ritirarne 250 milioni
Procura di Gorizia: allarme su 12 lotti arrivati dalla Cina in Italia da luglio ad oggi
di Sara Monaci
2' di lettura
Dagli ospedali e dalle strutture sanitarie italiane dovranno essere ritirate 250 milioni di mascherine Ffp2 e Ffp3. Un quantitativo enorme, pari quasi alla metà di quelle importate in Italia dall’inizio della pandemia (530 milioni). È la richiesta che è stata diramata dalla Gdf di Gorizia alle Asl italiane, a cui fanno capo le strutture del sistema sanitario. Le Fiamme gialle hanno infatti deciso di bloccare l’uso dei dispositivi di protezione appartenenti a 12 lotti, arrivati dalla Cina in Italia da luglio 2020 ad oggi.
L’inchiesta della procura di Gorizia
Tutto nasce da un seguestro disposto a fine marzo dalla procura di Gorizia nei confronti di una lista di dodici tipi di prodotti arrivati dalla Cina, per i quali gli inquirenti avevano chiesto «il ritiro immediato». L’allarme era stato lanciato dalla Asl di Gorizia, che aveva chiesto di effettuare approfondimenti sulla qualità dei prodotti.
Filtraggio inefficace
Le prove di laboratorio realizzate su un campione significativo ne hanno messo in luce l’inefficacia del filtraggio. Un fatto preoccupante, che ha portato gli inquirenti a sequestrare subito un quantitativo di 60 milioni di dispositivi Ffp2 e Ffp3 nei magazzini del Commissario all’emergenza sanitaria. «Queste mascherine costituiscono il residuo di forniture per circa 250 milioni di pezzi ereditato dalla precedente gestione della struttura per l’emergenza», avevano spiegato i finanzieri. Da qui il successivo passaggio: tutto il quantitativo dei lotti dovrà essere ritirato.
Probabile la contraffazione
Nei prossimi giorni dunque le Asl dovranno verificare cosa rimane di tutti quei dispositivi - che potrebbero già essere stati in buona parte utilizzati - e bloccarne l’uso.
L’ipotesi più probabile è che si tratti di mascherine contraffatte, con una falsa certificazione Ce2163 (visto che è questo il marchio più utilizzato in Italia per i dispositivi di protezione personale).
A questo proposito l’ente turco Universal Certification, accreditato dall’Unione Europea per il rilascio delle certificazioni Ce 2163, precisa «che nessuno di questi dispositivi riporta legalmente la certificazione 2163, né è stato certificato da Universal Certification, a meno che non si tratti di una certificazione contraffatta. Tutti i modelli comunque risultati non a norma in queste settimane, a prescindere da quelli sopracitati, sono stati fatti riverificare e sono risultati essere parimenti merce contraffatta.I prodotti regolarmente certificati da Universal Certification sono assolutamente a norma e sono in gran parte commercializzati da aziende italiane che sono pesantemente danneggiate da questa situazione.Universal Certification, come ogni ente notificato, si occupa di certificare i campioni di dispositivi che verranno poi effettivamente prodotti, ma non ha nessuna possibilità per attuare controlli anticontraffazione»
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