Allarme oculisti: rimborsi troppo bassi, dalla cataratta al cristallino si rischiano cure meno aggiornate
Il timore è che le cure per gli occhi facciano la fine dell'odontoiatria, con una graduale uscita dal perimetro delle cure pubbliche
di Barbara Gobbi
I punti chiave
4' di lettura
Il rischio da sventare è che le cure per gli occhi facciano la fine dell'odontoiatria, con una graduale uscita dal perimetro delle cure pubbliche. Tradotto: che ben poco delle prestazioni di massa come la cataratta - 600mila interventi l'anno in Italia - o delle terapie per le patologie oculari e della vista che affliggono i sempre più numerosi pazienti anziani, possa ancora essere erogato in pieno regime di Servizio sanitario nazionale. Per slittare, ben che vada, verso la modalità “copayment”.
L’allarme degli oftalmologi
L'alternativa, che già oggi è realtà ma che potrebbe peggiorare, sono le attese anche di anni nel Ssn, pure se per prestazioni banali. Da tempo gli oftalmologi lanciano l'SoS sul rischio di tariffe troppo basse, che non riescono a compensare gli interventi: l'ultimo appello arriva dalla Società italiana di scienze oftalmologiche (S.I.S.O.), che passa in rassegna il trend discendente della remunerazione per gli ospedali. Il recente via libera in Conferenza Stato-Regioni - dopo sei anni di attesa - al cosiddetto “decreto tariffe” sulle prestazioni di ambulatorio e di protesica, con cui rispettivamente da gennaio e da aprile 2024 si darà piena applicazione ai Livelli essenziali di assistenza (Lea), non migliora la situazione.
«Prezziario» rivisto al ribasso
Perché il “prezziario”, lamentano i medici, è stato rivisto ulteriormente al ribasso con il rischio di imporre una sforbiciata su tutte le voci, dalla semplice visita all'assistenza di routine fino alle cure più tecnologiche. Una “dieta” che dopo un intervento di cataratta, per problemi di sostenibilità, negherebbe ai pazienti ad esempio il cristallino di ultima generazione. «Eppure il 70-80% dei rapporti con il mondo esterno passa dagli occhi e questo valore non può essere trascurato. Senza contare che con il progressivo invecchiamento della popolazione, queste prestazioni sono destinate ad aumentare – spiega Teresio Avitabile, presidente della Siso e ordinario di Malattie dell'apparato visivo all'università di Catania -. L'approvazione del decreto tariffe è stato un successo personale del ministro Schillaci che è del mestiere e conosce bene la sanità e con cui abbiamo già avviato un dialogo su tavoli dedicati – precisa Avitabile -. Al ministro, arrivato al suo incarico a decreto già confezionato, chiediamo ora di intervenire su listini insostenibili: siamo arrivati al minimo di 25 euro per la visita oculistica mentre la remunerazione della cataratta è scesa gradualmente da 2.500 euro di qualche anno fa ai 7-800 euro attuali».
L’allungamento delle attese nel settore pubblico
Una situazione che si riverbera sulle scelte delle strutture, sulle attese e quindi sull'accesso alle cure dei pazienti, spiegano gli esperti. «Se fino a oggi l'ospedale pubblico poi alla fine i conti li ha ‘pareggiati' – aggiunge Avitabile - una clinica convenzionata con il Ssn che si veda corrispondere una cifra inferiore ai costi sostenuti sceglierà di non erogare più quelle prestazioni. La conseguenza diretta sui cittadini è un ulteriore allungamento delle attese nel pubblico, dove la situazione è già molto difficile e con queste tariffe, combinate all'aumento della domanda di cure, lo diventerà ancor di più».
Tariffe «avare» e tecnologie «basic»
L'attesa per la cataratta, come avviene per molte altre voci sanitarie, è a macchia di leopardo nel Paese, con liste che si allungano fino a oltre 2 anni nei piccoli ospedali dove nell'oculistica si è meno investito. La tariffa giusta? «Dovrebbe aggirarsi almeno sul migliaio di euro – spiega Avitabile». Poi c'è il tema delle tecnologie: tariffe “avare” comportano l'impiego di tecnologie “basic”, malgrado l'oftalmologia sia uno dei settori più innovativi. «Il copayment è una parola che suona male ma bisogna essere realisti – afferma Avitabile -: lo Stato può darti una buona prestazione ma le tecnologie d'eccellenza in questa situazione i cittadini saranno costretti a pagarle. Ad esempio, dopo l'intervento di cataratta si possono installare diversi tipi di cristallino: con mille euro riusciamo a “passare” in regime Ssn quello standard, ma se il paziente chiede una “lente premium” che fa vedere lontano e vicino e corregge l'astigmatismo, deve pagare di tasca sua. Dare l'eccellenza a tutti per la sola cataratta costerebbe fino a 60 milioni di euro e sappiamo bene che il Servizio sanitario pubblico è in affanno. Per questo al ministro della Salute chiediamo attenzione, pur restando consapevoli che la coperta è corta».
Un tavolo tecnico avviato da Schillaci sulla maculopatia
Schillaci intanto ha avviato anche un tavolo tecnico - a cui gli oculisti partecipano insieme al ministero, all'Istituto superiore di sanità e ad Aifa - sulla maculopatia: dopo i 75 anni colpisce una persona su tre ma in Italia vanno definite linee guida omogenee sul setting per le iniezioni intravitreali e sui farmaci da impiegare. Questioni non da poco. Spiega Avitabile: “In assenza di indicazioni chiare gli specialisti - spaventati dal rischio di una causa sempre incombente e contro il quale sosteniamo con forza la depenalizzazione della colpa medica annunciata dal ministro - iniettano il farmaco in sala operatoria. Che diventa un collo di bottiglia tanto che non si riesce a fare la quantità di punture necessarie. Mentre in tutto il mondo la procedura si fa in un ambulatorio attrezzato, la cosiddetta “clean room”, con precisi requisiti di igiene e tempi molto più snelli».
Varietà estrema sulla scelta dei farmaci
Anche sulla scelta del farmaco vige la varietà più estrema, tra l'impiego dell'“off-label” - che costa poco ma non è registrato - e i farmaci registrati per la maculopatia ma che hanno costi molto maggiori. Il medico spesso e volentieri alla fine si trincera e per non incappare in queste problematiche può arrivare ad astenersi dal praticare le iniezioni.Terza spina esemplare nel fianco, o meglio nell'occhio, di oculisti e pazienti è la correzione medica della lassità delle palpebre negli anziani per effetto dell'età, che se non trattata può portare complicanze: oggi la tariffa Ssn per l'intervento – da fare in sala operatoria e con anestesia - è pari a 70-80 euro. «Di nuovo una remunerazione insostenibile – avvisa Avitabile -: l'unica soluzione è tornare a sedersi intorno a un tavolo per cercare un equilibrio sulla effettiva valorizzazione di queste cure. Al ministro chiediamo di ascoltarci per il bene del Ssn e dei pazienti, a cui a questo punto va detto con chiarezza cosa si può e cosa non si può fare con la sanità pubblica».
Agire d’anticipo sull’oculistica
Sull'odontoiatria, erogata al 90% in regime privato, il ministero della Salute sta oggi tentando di intervenire con un programma di recupero delle prestazioni in ambito Ssn. Per l'oculistica si tratta di agire d'anticipo sventando il rischio privatizzazione e tenendo insieme appropriatezza, innovazione e giusta remunerazione delle cure.
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