Allarme peronospora sulla vendemmia: in Puglia e Abruzzo a rischio un terzo della produzione
Le piogge hanno permesso la diffusione della malattia della vite. Per battere le fitopatie non c’è alternativa alle cure chimiche: l’obiettivo Ue di dimezzarle è irrealistico
di Giorgio dell'Orefice
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Sono tornate le piogge e con l’acqua sono tornate le malattie della vite. Due annate di grande siccità avevano fatto quasi dimenticare ai viticoltori le fitopatie che proliferano in condizioni di umidità ma praticamente scompaiono con il caldo e la siccità. È ancora molto presto per avventurarsi in previsioni sulla vendemmia, tuttavia a oggi, in due tra le principali regioni produttrici, Abruzzo e Puglia, gli attacchi di peronospora porteranno tagli della produzione rispettivamente del 40 e del 30 per cento.
Le stime sono state formulate dall’Osservatorio dell’Unione italiana vini che ha anche segnalato come subito si siano fatti sentire i riflessi sui mercati con le quotazioni del vino sfuso rosso, che dopo mesi di calma piatta hanno registrato la scorsa settimana un balzo del 16%.
Il fungo della peronospora ha colpito in maniera massiccia lungo la dorsale adriatica soprattutto in Abruzzo, Molise e Puglia sia nel Barese che in Salento. Più a Nord qualche caso è stato riscontrato nella pianura veneta e in Trentino. Qualche episodio anche lungo la costa tirrenica in particolare in Maremma e nell'Avellinese.
La nuova inattesa ondata di malattie della vite interviene su uno scenario di mercato preoccupante. In Italia le giacenze di vino sono ai massimi e la prospettiva di una vendemmia abbondante avrebbe messo a serio rischio la tenuta dei listini. Ma da qui ad accogliere gli attacchi di peronospora come una panacea in grado di riequilibrare il mercato ce ne corre. Perché un conto è discutere di una migliore valorizzazione dei vini italiani a partire da quelli Doc altra cosa è invece ritrovarsi con la mancanza di prodotto. Senza prodotto difficilmente ci sarà anche un reddito per i viticoltori.
La peronospora è un fungo che attacca le foglie della vite distruggendo la produzione. «Entra in azione in due momenti. In primavera attacca soprattutto le foglie e anche i grappoli. Ma soprattutto – spiega il docente di Viticoltura ed Enologia dell'Università di Milano, Attilio Scienza – si manifesta dopo l’invaiatura, ovvero l’accrescimento dei grappoli tra l’inizio di luglio e i primi di agosto. In quel caso la peronospora larvata si sviluppa all’interno dell’acino e non lo fa maturare. E penalizza la produzione sia sotto il profilo quantitativo che qualitativo. Fare vino in queste condizioni è impossibile. È necessario intervenire con prodotti fitosanitari e tagliare le piante più giovani togliendo così spazio alla peronospora per propagarsi. Molti viticoltori sono restii a intervenire per evitare di far lievitare i costi di produzione. Ma invece è necessario per non mettere a rischio anche la produzione degli anni futuri».
«In viticoltura non ci si può mai rilassare – aggiunge il presidente di Assoenologi, Riccardo Cotarella –. La diffusione della peronospora dipende da tanti fattori. Alcuni sistemi di allevamento come il tendone, diffuso in Puglia e anche in Abruzzo, la favoriscono. Ma dipende anche dall'intensità del maltempo».
Il robusto ritorno delle fitopatie tra i filari dei vigneti rappresenta un campanello d’allarme anche per un altro motivo: che riguarda la previsione Ue di dimezzare la chimica in agricoltura entro il 2030. «Una richiesta che può essere formulata solo da chi è fuori della realtà – prosegue Attilio Scienza –. Le malattie non sono scomparse ma soprattutto ancora non ci sono valide alternative ai prodotti chimici. Occorre accelerare sulla ricerca di varietà resistenti e lavorare con il genome editing per crearne di nuove e più performanti. Ma questo richiede tempo. Non è fissando una scadenza ravvicinata che si troveranno soluzioni».
«Le proposte Ue sono inapplicabili – conferma Cotarella –. Dimezzare la chimica in agricoltura entro il 2030 può solo avere effetti deleteri. Immaginiamo di dimezzare per tutti il ricorso al cortisone o agli antibiotici. Il punto non sono i volumi in assoluto di prodotti chimici ma come si usano. In giro vedo vigneti blu per l'eccesivo ricorso al solfato di rame. In quelle quantità magari non serve. Occorre una svolta sull’agricoltura di precisione. Bisogna affidarsi a chi sa come, quando e quanto trattare le piante. Serve professionalità e meno improvvisazione. La sostenibilità passa da qui».
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