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Allarme peste suina: primo caso in Lombardia

Da sola, la regione vale il 50% di tutto l’allevamento nazionale di maiali

di Micaela Cappellini

(Kris - stock.adobe.com)

2' di lettura

La peste suina è arrivata in Lombardia e se non si interviene subito, dicono gli allevatori, sarà una catastrofe nazionale, poiché nella regione si concentra il 50% di tutta la suinicoltura made in Italy. Con il ritrovamento accertato, in queste ore, di una carcassa di cinghiale infetta a Bagnaria (Pavia), zona di produzione del salame Varzi Dop, le associazioni chiedono il rapido intervento da parte delle autorità e in particolare del commissario straordinario, Vincenzo Caputi: «La situazione è gravissima - fa sapere il presidente di Cia Lombardia, Paolo Maccazzola - serve arginare questa piaga prima che si arrivi al blocco della circolazione dei prodotti di derivazione suina. Non possiamo lasciare in mano ai cacciatori e alle guardie forestali tutta la responsabilità del contenimento, sono necessari abbattimenti fatti in maniera mirata e soprattutto in tempi rapidi».

La suinicoltura è un pilastro chiave della zootecnia italiana: dagli allevamenti nazionali dipendono 11 miliardi di fatturato e 70mila addetti nella filiera, che conta 21 Dop e 12 Igp. «L’emergenza cinghiali e il fenomeno della peste suina sono stati per troppo tempo sottovalutati - ha detto il presidente nazionale di Cia, Cristiano Fini - siamo ormai a sette regioni coinvolte, è ora di dire basta a salvaguardia del settore e per tutelare l'export delle produzioni suinicole nazionali. Chiediamo al governo di supportare la struttura commissariale con tutti gli strumenti necessari e di darci finalmente ascolto, riformando la legge 157/92 sulla caccia al cinghiale e i piani di abbattimento».

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Anche la Confagricoltura è preoccupata: «Sapevamo che sarebbe stata solo questione di tempo - spiega Alberto Cortesi, presidente di Confagricoltura Mantova - e che il Pavese, confinando con il Piemonte ed essendo estremamente vicino alla Liguria, regioni in cui la Psa è già presente, sarebbe stato il territorio più a rischio. Ben venga l’iniziativa del governo di impiegare anche l’esercito, ma ora è prioritario recuperare ciò che non è stato fatto finora, per evitare danni maggiori».

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