Alle professioniste ancora poche tutele per la genitorialità
Si laureano prima ma partono già guadagnando meno: pesa la diversa distribuzione dei carichi familiari. Più presenza negli Albi
di Valeria Uva
I punti chiave
3' di lettura
L’ultimo episodio è di appena un mese fa: a una mamma avvocata, Ilaria Salamandra, il tribunale di Roma ha negato il rinvio dell’udienza per «legittimo impedimento». La professionista lo aveva chiesto per assistere il figlio di due anni in un day hospital, ma secondo i giudici il bambino avrebbe potuto essere seguito dal papà.
Ancora oggi di fatto la normativa sul legittimo impedimento che regola, appunto, il diritto del professionista di assentarsi è lacunosa: solo i commercialisti hanno ottenuto (da poco più di un anno poi) il diritto a fermarsi senza essere sanzionati se si perde una scadenza fiscale. Ma anche questa legge non aiuta i genitori: tutela la gravidanza a rischio, ma non comprende le assenze per gravi malattie dei figli.
È così che la vita delle libere professioniste madri è ancora uno slalom difficile tra lavoro e famiglia.
La differenza di reddito
Il gender pay gap, la distanza nei redditi tra uomini e donne nelle libere professioni è davvero ancora un solco: 45% in media dichiarato dalle donne , come segnala l’ultimo rapporto Adepp (l’associazione delle Casse previdenziali dei professionisti).
Con differenze ancora più profonde in alcune categorie: le avvocate, ad esempio, guadagnano esattamente la metà dei colleghi. Va solo un poco meglio tra gli ingegneri (44 punti di distanza) ma qui la presenza di donne è ferma ancora al 16 per cento.
La distanza si allarga con l’età: si parte con 20 punti in meno sotto i 30 anni che si diventano prima 37 tra i 30 e i 40 e toccano il picco (-43%) tra i 40 e i 50 anni. E se si considera che il reddito di un professionista dipende soprattutto dal tempo dedicato al lavoro è evidente che a pesare sono soprattutto i carichi familiari e la difficoltà di conciliare vita privata e lavoro: del resto mentre sette professionisti uomini su dieci delegano la gestione dei figli alla partner quando lavorano, solo due su dieci lo fanno tra le donne. E infatti lavorano meno ore rispetto ai colleghi: solo il 40% si dedica per più di otto ore.
«L’impressione è che la donna parta con il freno a mano tirato - commenta Tiziana Stallone, vicepresidente Adepp e alla guida della Cassa biologi -. Sono più brave e più svelte a laurearsi ma poi cominciano subito guadagnando molto meno. E poi per loro reddito e volume d’affari quasi coincidono, vuol dire che hanno poche spese. E che, di fatto, le professioniste scelgono attività a favore di altri professionisti, quasi come dipendenti o collaboratrici».
La femminilizzazione
Eppure la crescita della presenza femminile negli anni è costante. Tra gli iscritti agli albi, le donne sono passate dal 30 al 42% in 15 anni. E tra gli under 40 il sorpasso è già realtà. Ma per le donne la scelta del lavoro autonomo si è fatta più difficile con la pandemia: dopo il 2020, con un 5% di professionisti in meno senza distinzioni di genere, la ripresa del 2021 è stata più debole per la platea femminile (+2,3%) che per quella maschile (+4,4%).
Diverse anche le ipotesi di abbandono: negli avvocati ad esempio - segnala il Censis - ci stanno pensando di più le donne (39%) che gli uomini (29%).
La maternità
Il gap, stavolta rispetto alle lavoratrici dipendenti, riguarda anche la maternità. Risale solo ad agosto scorso la legge che riconosce l’indennità di maternità anche per le gravidanze a rischio, anche se di fatto tutte le Casse prevedevano già questa copertura. Ma a spese degli iscritti e non dello Stato. Quindi per versarla gli enti previdenziali hanno dovuto ritoccare il contributo annuale.
Sempre grazie ai versamenti dei professionisti stessi, gran parte degli enti eroga bonus bebé, contributi per asili nido e baby sitter, anche se manca spesso un welfare di accompagnamento per i figli in età scolare.
«Il vero problema però non è sulla maternità - aggiunge Stallone - ma sul sostegno alla professione. Occorre favorire l’aggregazione: solo in una struttura complessa e articolata infatti le professioniste possono essere sostituite e favorite nella conciliazione vita-lavoro».
Un primo passo in questa direzione potrebbe arrivare dalla delega fiscale che azzera le tasse sulle aggregazioni societarie. Ma tra tempi di approvazione del disegno di legge e decreti attuativi la strada è ancora lunga.
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