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«Stiamo lavorando per una regione più connessa, più centrale rispetto alle dinamiche nazionali e internazionali, per sostenere la nostra imprenditorialità e per costruire una identità condivisa, un brand Marche che sappia esaltare le nostre eccellenze». Sono passati 19 mesi da un'elezione ampia nei numeri, scontata rispetto alle previsioni, ma anche storica perché per la prima volta il centrodestra con Francesco Acquaroli (Fdi) si trova alla guida della Regione Marche. Uno spazio temporale condizionato dalla pandemia prima e dalla crisi russo-ucraina ora, che rendono ancora più complessa la sfida di progettare e realizzare un nuovo modello di sviluppo, capace di prendere il posto del ‘piccolo è bello', che negli anni Ottanta veniva studiato in tutto il mondo, puntando «sulla forza del gioco di squadra». Anche questa una novità assoluta per l'unica regione che si declina al plurale.
Dalla grande recessione del 2009 al conflitto russo-ucraino, passando per il doloroso fallimento di Banca Marche, il terremoto, la pandemia. Tredici anni di crisi: qual è oggi lo stato di salute dell'economia regionale?
Aggiungo anche l’isolamento infrastrutturale, materiale e digitale, che è un’altra grande penalità. Ebbene, nonostante le difficoltà, sono emerse i grandi valori dei marchigiani: la determinazione, la grande capacità nel lavoro, il saper resistere anche nei momenti più difficili. Siamo abituati a combattere, ma la sola resilienza non basta: occorre metterci risorse e una progettualità chiara che non si ispiri all'assistenzialismo ma alla competitività del sistema produttivo.
Le sanzioni alla Russia oggi pesano più del lockdown?
Sono pesanti per la nostra economia perché intervengono in un momento molto complicato e compromettono un mercato non facilmente sostituibile per le nostre imprese.
La multinazionale Caterpillar lascia per produrre all’estero e un gruppo italiano entra per riportare in Italia una produzione, che segnali sono?
Segnali positivi di inversione di tendenza e della capacità delle filiere italiane di tornare a essere protagoniste, dando occupazione e competitività. Le filiere e gli ex-distretti delle Marche hanno saputo portare nel mondo un alto valore e sono convinto che ci siano tutti gli ingredienti per poterlo fare ancora.
Tra i punti prioritari del suo programma ci sono le infrastrutture, ma la Fano-Grosseto resta ancora un progetto di massima e sul potenziamento della ferrovia adriatica lei ha espresso più di un dubbio: non si rischia di perdere un altro treno?
Con l'anticipo dei fondi per la progettazione della seconda canna della Galleria della Guinza c’è una velocizzazione importante anche rispetto alla realizzazione dell'opera che potrà essere inserita nel prossimo accordo di programma Anas. Sarà realizzata un’opera più completa che produrrà un beneficio importante all’intera direttrice Adriatico-Tirreno. Per quanto riguarda la ferrovia Adriatica, vogliamo che il potenziamento si realizzi attraverso una nuova linea sostenibile con il territorio: pretendiamo investimenti
veri e non un'opera che rischia di creare problemi di compatibilità e sostenibilità e non dà al territorio alcun tipo di vantaggio, né per le merci né per i passeggeri.
Nel 2007, alcuni sindaci del sud della regione dissero no alla terza corsia dell'A14 che già da un decennio è un imbuto nel tratto al confine tra Marche e Abruzzo: la storia si ripete?
Aver detto di no alla terza corsia è stato un errore strategico importante, non bisogna mai dire di no a una infrastruttura senza motivazioni valide. Sulla ferrovia adriatica il nostro è un no a un arretramento parziale, quando invece vorremmo una nuova linea ferroviaria compatibile e sostenibile con il territorio. Le prospettive dell'aumento esponenziale del traffico merci sulla linea attuale potrebbero creare grossi danni all'ambiente, alle città, al turismo e all'economia.
Amazon vuole costruire un hub e assumere un migliaio di persone a Jesi, parte del terreno è della società Interporto, controllata dalla Regione. Possibile che non se ne esca da quasi un anno?
Le pubbliche amministrazioni hanno dato tutti i pareri necessari, Interporto ha inviato una proposta contrattuale e la trattativa con lo sviluppatore del progetto è in corso e ha natura privata. La Regione, così come un ministero, la Provincia o il comune non possono entrare nel merito di una trattativa contrattuale privata. Abbiamo fatto tutto il possibile per quanto di nostra competenza e resto fiducioso sul fatto che le parti possano trovare nel più breve tempo possibile l'accordo, in un quadro di pieno rispetto di tutte le normative.
Porto di Ancona, aeroporto, interporto, ferrovia veloce nello spazio di pochi chilometri: Ancona e le Marche diventerebbero un polo logistico unico per l’Italia Centrale. C’è questa consapevolezza?
Di più: c’è una spinta forte a far sì che tutte le infrastrutture siano messe in condizione di esprimere in rete la loro potenzialità e di essere un punto di riferimento non solo per le Marche ma per tutti il Centro Italia. Sono convinto che logistica e intermodalità siano uno dei punti nevralgici della competitività, i cui ritardi nel passato hanno messo in crisi la nostra regione e che stiamo recuperando.
Come procede la ricostruzione post sisma?
Abbiamo lavorato molto per trovare una soluzione condivisa con il Commissario Legnini e le altre Regioni dell’area del cratere, che fosse congrua per dare risposte a sindaci e professionisti. È stata raggiunta l'intesa sulla nostra proposta di aumentare del 25%, e non solo del 20%, il contributo parametrico per gli edifici che devono essere demoliti e ricostruiti: una soluzione che evita che a rimetterci siano i cittadini terremotati. La rigenerazione sociale ed economica, che ci vede impegnati per garantire a questi territori attrattività e competitività, è un fattore importante che non può prescindere dalla ricostruzione materiale.
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