Alt al regime di comodo con prova in giudizio
L’interpello non è una via obbligata per disapplicare la disciplina penalizzante. Per la Ctr Campania l’impossibilità dei ricavi si può dimostrare in seguito
di Simone Buffoni e Damiano Tomassini
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La prova della oggettiva impossibilità di conseguire i ricavi minimi, necessari per disapplicare la disciplina sulle società di comodo, può essere fornita direttamente in giudizio, senza che l’omessa attivazione della procedura di interpello possa limitare o escludere la tutela giurisdizionale del contribuente. La prova è libera, e può far leva sulle effettive condizioni e prassi di mercato, nel quadro di una valutazione complessiva e non atomistica delle annualità d’imposta. Sono questi i principi desumibili dalla sentenza n. 1430/11/2022 della Commissione tributaria regionale della Campania (presidente Iazzetti e relatore Vignes).
La vicenda prende le mosse dalla notifica di una cartella di pagamento a una società di locazione immobiliare, con la quale, in ragione del mancato raggiungimento dei ricavi minimi stimati, si pretendeva il versamento delle maggiori imposte stabilite per le società di comodo.
La contribuente impugnava l’atto, eccependo, tra l’altro, i seguenti due punti:
- che l’articolo 30 della legge 724/94 pone una presunzione di redditività minima non assoluta, ma superabile (anche) in giudizio, pena la violazione dell’articolo 53 della Costituzione;
- l’esistenza di un contratto di locazione il cui canone, stabilito in misura crescente nel tempo, secondo una prassi commerciale finalizzata ad agevolare il conduttore onerato dei costi per l’avviamento dell’attività produttiva nei tempi richiesti dal mercato, avrebbe permesso di ottenere ricavi superi a quelli minimi previsti.
In particolare, il ricavo minimo presunto, determinato ai sensi dell’articolo 30, era nettamente superiore a quello fissato per la prima annualità contrattuale, di poco eccedente quello pattuito per la seconda, ma inferiore a quello previsto per il terzo anno della locazione.
La commissione respingeva ogni doglianza della contribuente, riconoscendo che l’omessa presentazione dell’interpello precludeva l’accertamento in giudizio del diritto alla disapplicazione della disciplina sulle società di comodo. All’esito negativo del giudizio, la contribuente proponeva appello. La Ctr ha ribaltato il verdetto di primo grado.
I giudici hanno rilevato, in via preliminare, l’esistenza di un consolidato orientamento della Cassazione a mente del quale l’interpello non costituisce una via obbligata per il superamento della presunzione di non operatività. Al contribuente è sempre consentito fornire in giudizio la prova delle condizioni che consentono di vincere la presunzione, pena la violazione del principio di capacità contributiva, sotto il profilo della sua effettività.
Quanto al superamento della presunzione nella fattispecie concreta, il collegio ha ritenuto che l’impossibilità di conseguire i valori minimi presunti è stata dimostrata dal fatto che la società ha provato, nel complesso, di aver praticato condizioni in linea con la prassi del mercato e ha, quindi, annullato la cartella di pagamento.
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