«Alternative proteins», il settore cresce e diventa un’opportunità di business
In Asia l’espansione si basa su consumatori abituati a mangiare e bere ogni giorno proteine di origine vegetale, entrate a far parte della tradizione
di Roberto Guidetti *
4' di lettura
La Fairr Initiative è un network focalizzato sui rischi ESG (Environmental, Social, Governance) del settore alimentare. La sua missione è far evolvere il settore dell’allevamento (bestiame, pesca, industria casearia) analizzando dati per le maggiori aziende produttrici di proteine e fornendo dati su cambiamento del clima, deforestamento, e scarsità di acqua così da minimizzare rischi e massimizzare profitti. Una di queste analisi di Fairr conferma che gli investimenti nel settore delle alternative proteins (AP) stanno esplodendo.
Nel 2021 l’ammontare stimato è 4,9 miliardi di dollari, di cui 2 miliardi su tradizionale plant-based alimentari (carni e latti vegetali) e il resto su nuove tecnologie come proteine cellulari cresciute in laboratorio o fermentate. Oltre all’ammontare, quello che è significativo è il trend: nel 2020 gli investimenti erano solo poco più di 3 miliardi e nel 2019 circa 1 miliardo. Il settore sta crescendo esponenzialmente spinto da nuove generazioni interessate sempre di più alla salute propria e a quella del pianeta (inclusiva di animali e biodiversità); ma oltre a queste dinamiche sul fronte del consumatore c’è stato anche un grande miglioramento dei prodotti relativi in termini di prestazioni.
Mentre in passato si accettava una esperienza di consumo inferiore al prodotto di riferimento, nuove tecnologie e processi hanno portato i prodotti AP oltre un importante soglia di accettabilità: i plant-based burgers o milks non sono ancora a un livello di parità o superiori rispetto alle opzioni animali, ma sono ora un’esperienza più che accettabile a livello di sapore, consistenza e altri fattori, spinti da investimenti addizionali di marketing molto maggiori che in passato nel contesto di vendite mondiali (a circa 30 miliardi di dollari l’anno) ancora minuscole rispetto ai prodotto animali tradizionali (più di 1 trilione).
Qual è la situazione in Asia e perché il settore continuerà a crescere?Le innovazioni di aziende già di grandi e medie dimensioni in USA e in Europa, come Beyond Meat, Impossible Foods, Change Foods, Alpha Foods, Perfect Day, Nestlè, Unilever, Danone, Oatly, Heura e Nova Meat, hanno già ispirato molteplici start-up in tutto il continente asiatico, specialmente su plant-based meats.
I nomi più reclamizzati sono Omni-Pork/Fish (Cina), Next Gen Foods, Turtle Tree Labs (Singapore), V2 Foods (Australia), Imagine Meats, Vegan Meats (India), Zikooin (Corea), Next Meats (Giappone). Alcune delle dinamiche asiatiche sono simili a quelle dell’Occidente. Per esempio, le aziende coprono diverse posizioni dello spettro tecnologico possibile: dalla lavorazione di vegetali naturali all’estrazione cellulare da animali, alla selezione di lieviti e codifica di sequenze DNA delle proteine casearie e fermentazione con nutrienti vegetali e zuccheri.
E, come in Occidente, tutte queste aziende operano con importanti azionisti e investitori, sia istituzionali che celebrità locali, che si attivano sui social media aumentando la notorietà di queste proposte e rendendole di moda specialmente nelle fasce giovani della popolazione. Ma ci sono altri fenomeni acceleratori puramente locali.
L’Asia ha storicamente avuto un consumo di proteine animali minore rispetto all’Occidente. Nonostante la crescita di diete più occidentali, la popolazione è abituata a mangiare e bere prodotti di soia nella vita di tutti i giorni (come noi facciamo con la pasta) in Giappone, Corea, Cina, Singapore, Malesia, Indonesia, Vietnam e Tailandia, e questo crea interesse e disponibilità a provare nuove opzioni vegetali di food-tech molto maggiori, perché sono viste come un evoluzione moderna di ingredienti comunque familiari e tradizionali.
I governi asiatici supporteranno questo settore per obiettivi non solo ambientali, ma anche di sicurezza e autosufficienza di riserve alimentari. IPCC (International Panel for Climate Change) ha stimato che un adozione di una plant based diet a livello globale ridurrebbe le emissioni di 8 miliardi di tonnellate di CO2 all’anno nel 2050, una contribuzione significativa agli obiettivi di carbon neutrality già dichiarati da molte nazioni asiatiche.
La Cina in particolare, nonostante il suo obiettivo formale di zero emissioni sia solo per il 2060, ha recentemente inserito nel suo piano quinquennale per l’agricoltura l’importanza dell’innovazione nelle carni cellulari / alternative e uova vegetali. Il bestiame è un contributore significativo da ridurre, equivalente al 29% delle emissioni agricolturali nel 2014 (l’ultimo anno in cui tali dati sono stati pubblicati). La Cina ha triplicato il consumo pro capite di carne negli ultimi trenta anni e oggi consuma il 28% della carne mondiale e il 50% della sola carne di maiale.
Con tale segno di priorità nazionale, fondi governativi e privati sono e saranno significativi. Questi sono già stati messi a disposizione di diversi gruppi dalla Fondazione nazionale delle scienze naturali, mentre il Centro di Ricerca carni e l’Accademia di Scienze Alimentari di Beijing collaborano su tecnologie per produrre carni alternative “3D printed”. Questo ha spronato nuove innovative aziende come Joe's Future Food e Herotein, che possono contare su un consumatore sempre entusiasta di provare innovazioni tecnologiche in qualsiasi settore e aggiungerle al proprio stile di vita se (in questo caso) gustose, efficienti, e alla moda.
Quali sono opportunità e rischi per aziende Italiane? Il settore è attivo in Italia da tanto tempo con metodi tradizionali nel settore dei latti vegetali, ma ora viene arricchito dalla presenza di aziende food-tech innovative. L’Italia è il quarto Paese in Europa per numero di start-up nel mondo del food-tech (anche se solo il decimo nei relativi investimenti) quindi imprese qualificate già esistono.
Come sempre in Asia le aziende locali hanno vantaggi competitivi nel capire come meglio posizionare i prodotti per il consumatore e trattandosi di alimentari, quali sono i fattori chiave di estetica, consistenza e sapore da indovinare. Occorre anche anticipare e capire nuove regolamentazioni di prodotto che sono ancora in formazione. Allo stesso tempo è chiaro che questo settore sta crescendo anche in Europa per motivi simili, fornendo quindi un’ulteriore motivazione per partecipare a questo business in forte espansione.
* Ceo di Vitasoy International Holdings
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