Altro che litigi sul vino: l’Italia ha più bisogno che mai della Ue (e viceversa)
I rapporti fra Roma e Bruxelles si incrinano fra una e polemica e l’altra, l’ultima sulla riduzione dei consumi di alcolici. Ma non è il momento di entrare in conflitto con l’Europa
di Giancarlo Mazzuca
2' di lettura
Ci eravamo un po' illusi: pensavamo che i momenti più critici nei nostri rapporti con l'Unione Europea fossero stati definitivamente superati ma non è così perché anche oggi qualsiasi argomento sembra diventare terreno di scontro con Bruxelles. È il caso del recente annuncio della Commissione di voler ridurre del 10% entro il 2025 i consumi di vino, birra ed altri prodotti per combattere gli eccessi nei consumi di alcolici: un clima di proibizionismo a rimorchio della stretta appena varata dall'Irlanda.
Se il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha subito parlato di attacco alla dieta mediterranea (ma la birra?), dopo avere comunque strappato il «sì» del suo collega di Dublino per aprire un negoziato bilaterale, il titolare del dicastero dell'Agricoltura, Francesco Lollobrigida, ha lanciato un vero e proprio «j'accuse» nei confronti della Ue: «Dire che il vino fa male, per chi è cattolico, vuol dire mettere in discussione ciò che avviene a messa. Se il vino fa male, le nozze di Cana sarebbero state un momento di avvelenamento collettivo». Insomma, l'Europa finirebbe in tal modo per mettere in discussione le nostre origini cristiane.
L’Europa contro le nostre radici? Zuppi: non esageriamo
Ma siamo, poi, così sicuri? Sull'argomento ho sentito direttamente il parere del cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana ed arcivescovo di Bologna, che è stato molto chiaro: «Adesso non esagererei! Dipende da cosa vuol dire giro di vite sui consumi del vino: se significa ostacolare l'alcolismo dei giovani va bene». Come dare torto a Sua Eminenza? Ma, al di là del braccio di ferro enologico, la nostra ultima levata di scudi contro l'Unione conferma il fatto che i nostri rapporti con Bruxelles sono scesi ad un livello critico: basta davvero poco per alimentare le tensioni che ci dividono dai partner.
Pensavamo, ma c'eravamo sbagliati, che il livello più basso nel “feeling” comunitario fosse stato raggiunto nell'ottobre del 2011 quando la cancelliera tedesca Angela Merkel e l'allora presidente francese Nicolas Sarkozy indirizzarono un sorrisetto sarcastico al nostro premier Berlusconi che, in quel momento, stava volgendo loro le spalle. E quel sorrisetto di scherno valeva più di mille parole. In seguito ci sono voluti anni di grande diplomazia per recuperare un certo clima all'interno della Ue ma adesso la nostra convivenza con i “soci” del Vecchio Continente appare di nuovo fragile: pensiamo solo all'ultimo braccio con la Francia a proposito dell'accoglienza delle Ong e dei migranti nel Mediterraneo.
Con la grave emergenza economica che ci sta soffocando, dovremmo piuttosto cercare in tutti i modi di riavviare un dialogo costruttivo all'interno dell'Unione perché oggi più che mai non possiamo fare a meno dell'Europa. Quindi sarebbe proprio il caso di brindare con i nostri amici della Comunità: prosit!
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