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Settore utility, rating «A», possibilmente francese. Se si dovesse tracciare un identikit dell’emittente obbligazionario tipicamente acquistato dalla Bce nell’ambito del quantitative easing fino allo scorso anno uscirebbe qualcosa di molto simile. Chi pensa che un esercizio come le ricerca dei principali beneficiari del corporate sector purchase programme (Cspp), interrotto alla fine dello scorso anno sia in fondo ozioso potrebbe restare deluso, proprio perché Francoforte potrebbe in un futuro non troppo distante riaprire le propre casse per tornare a rastrellare bond societari.
Se al 5 luglio scorso il portafoglio dell’Eurotower comprendeva titoli corporate per 177,7 miliardi di euro - suddivisi a livello settoriale appunto per lo più fra utility (42%), auto (15%) e infrastrutture e trasporti (11%); a livello geografico soprattutto in Francia (30%) e Germania (25%); come rating «A» (46%), «AA» (11%), ma anche «BBB» (43%) - sui singoli emittenti si possono invece fare soltanto congetture, visto chenon viene rivelato l’ammontare acquistato di ogni singola emissione .
Se le operazioni fossero state condotte in misura proporzionale all’importo a suo tempo emesso da ciascuna società sarebbe la tedesca Daimler a capeggiare la classifica con poco più di 6 miliardi rastrellati dal mercato, davanti al colosso della birra belga Anheuser-Busch InBev e alla francese Sanofi. Eni sarebbe invece l’unica big italiana fra le top ten con una cifra che sfiora i 3 miliardi.
Certo, non è detto che con l’eventuale nuovo Cspp la suddivisione debba necessariamente restare la stessa, proprio perché l’Eurotower potrebbe rimescolare le carte. Cercare di prevederne le mosse è del resto sempre un’impresa complicata: «Nel marzo 2016 - osserva per esempio Wolfgang Bauer, gestore di M&G Investments - la maggior parte degli attori di mercato non aveva previsto che titoli con merito di credito più debole come quelli con rating Bbb sarebbero stati idonei per il piano di riacquisto»
Arriverà il turno delle banche?
Stavolta invece la novità potrebbe essere rappresentata dal settore finanziario. «L’aggiunta di obbligazioni bancarie alla lista della spesa - nota infatti Bauer - estenderebbe notevolmente l’universo investibile della Bce, visto che le banche rappresentano quasi il 30% del più ampio universo investment grade in euro». Una mossa simile potrebbe in effetti essere giustificata dalla necessità di ridurre i costi di finanziamento per le stesse banche europee e per aiutarle ad attenuare gli effetti negativi determinati sulla loro redditività da ulteriori tagli dei tassi che il mercato già sconta.
Non sarebbe però un aggiunta priva di insidie quella degli istituti di credito: «Potrebbero - obietta Bauer - sorgere conflitti d’interesse per la stessa Bce, che si troverebbe di fatto a finanziare proprio le stesse istituzioni che dovrebbe regolamentare e controllare». In attesa, forse, dell’arrivo delle banche nel forziere continueranno intanto a rimanere conservati i «soliti noti», cioè utility e società del settore energetico. Ma anche birra, auto e agenzie di viaggi: il divertimento non manca, neppure a Francoforte.
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Per saperne di piùMaximilian CellinoRedattore
Luogo: Milano
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Argomenti: Mercati finanziari, politiche monetarie, risparmio gestito, investimenti, fonti alternative di finanziamento, regolamento del sistema finanziario
Premi: Premio State Street 2017 per il giornalista dell'anno - Categoria Innovazione
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