Alzheimer, via libera dagli Usa al primo farmaco per rallentare decorso malattia
La terapia messa a punto da Biogen ha le potenzialità per rallentare il decorso della malattia
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Il via libera dell’Fda al farmaco contro l’Alzheimer Aducanumab, arrivato oggi, viene dopo vent’anni di fallimenti della ricerca in questo campo, e di sicuro aumenta le speranze di milioni di pazienti in tutto il mondo, finora frustrate da centinaia di stop a terapie considerate promettenti.
Secondo l’ente americano, che comunque ha chiesto un nuovo test clinico, la terapia messa a punto da Biogen ha le potenzialità per rallentare il decorso della malattia. La decisione della Fda è stata presa nonostante l’opposizione della commissione indipendente di esperti dell’agenzia e di altri esperti in materia di Alzheimer secondo i quali non ci sono prove sufficienti che dimostrino che il farmaco possa davvero aiutare i pazienti.
La terapia
La terapia consiste in una iniezione al mese per via endovenosa che nella terapia contro l’Alzheimer contribuirebbe a rallentare il declino cognitivo dei pazienti che si trovano allo stadio iniziale della malattia. Si tratta del primo trattamento che interessa il decorso e non si limita ad aggredire i sintomi della demenza. «Siamo consapevoli dell’attenzione che circonda questa approvazione - ha affermato Patrizia Cavazzoni, che dirige il Center for Drug Evaluation and Research dell’Fda -. Sappiamo che la terapia ha generato l’attenzione della stampa, dei pazienti e di molti soggetti interessati».
Quello di una terapia per l’Alzheimer negli ultimi anni è apparso come il “sacro Graal” della medicina. Ancora nel 2018 un editoriale su Jama aveva censito 400 fallimenti di test clinici sull’uomo di potenziali terapie, con diverse multinazionali che avevano deciso in corso d’opera di abbandonare del tutto la ricerca in questo campo, e negli anni successivi le cose non sono andate meglio. Lo stesso test di Aducanumab era stato considerato fallito in un primo momento, prima che un approfondimento delle analisi dimostrasse un certo beneficio sulla malattia allo stadio iniziale.
In Italia circa 600mila casi
Attualmente, si legge sul sito del ministero della Salute, il numero totale dei pazienti con demenza è stimato in oltre 1 milione (di cui circa 600.000 con demenza di Alzheimer) e circa 3 milioni sono le persone direttamente o indirettamente coinvolte nella loro assistenza, con conseguenze anche sul piano economico e organizzativo. Il problema ovviamente non è solo italiano.
Nel 2010 35,6 milioni di persone risultavano affette da demenza nel mondo, con stima di aumento del doppio nel 2030, del triplo nel 2050, con 7,7 milioni di nuovi casi all’anno (1 ogni 4 secondi) e con una sopravvivenza media, dopo la diagnosi, di 4-8-anni. «Oggi è una giornata storica - commenta su Twitter il virologo Roberto Burioni -. Approvato da Fda il primo farmaco efficace contro il morbo di Alzheimer».
Effetti collaterali
«È il primo farmaco dopo vent’anni che sembra poter aiutare i malati, ma non sarà per tutte le persone colpite da Alzheimer» spiega Paolo Maria Rossini, direttore del Dipartimento di neuroscienze-neuroriabilitazione dell’Irccs San Raffaele Roma. «Questo nuovo farmaco» continua Rossini, «è il primo in grado di interferire con uno dei tanti “killer”, la proteina beta-amiloide ma per quello che ricordo ha potenziali effetti collaterali come microemorragie cerebrali. Chi lo farà ( stimo in Italia circa 100mila pazienti candidabili se ci sarà l’ok dell’Ema e dell’Aifa) dovrà sottoporsi a risonanze magnetiche e aver documentato la presenza della proteina beta-amiloide».
Positivo il commento del genetista Giuseppe Novelli (Università Tor Vergata): «Un anticorpo monoclonale per l’Alzheimer è stato approvato dall’Fda. Se confermato da studi più estesi, è una gran bella notizia».
La gioia dell’associazione dei pazienti
«L’ok dell’Fda all’anticorpo monoclonale anti-Alzheimer è una vittoria per le persone che vivono con la malattia e per le loro famiglie». Così Harry John, presidente dell’Alzheimer’s Association, commenta su twitter la decisione dell’agenzia americana Fda.
Pazienti da selezionare accuratamente
Con l’anticorpo monoclonale anti-Alzheimer approvato in Usa «si apre una nuova strada per i pazienti e questo trattamento è più che una speranza: è la prima terapia che potrebbe impedire lo sviluppo della malattia». Lo afferma all’Adnkronos Salute Gioacchino Tedeschi, presidente della Società italiana di neurologia (Sin), in linea con quanto dichiarato anche da Paolo Maria Rossini. «È indicato per le persone che hanno caratteristiche che predispongono all’Alzheimer, parliamo di over 65 con depositi di proteina amiloide nel cervello, e un’alta probabilità di sviluppare un deficit cognitivo: in Italia è possibile stimare tra 100-300mila persone», aggiunge Tedeschi. «Il paziente dovrà essere selezionato accuratamente - avverte il presidente Sin - per una terapia mensile che necessita di una risonanza magnetica, per evitare alcuni effetti collaterali che potrebbero verificarsi a danno del sistema nervoso centrale, quindi l’anticorpo monoclonale dovrà essere somministrato solo in centri specializzati».
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