Amazon, Apple, Google, Meta e Microsoft: chi vince e chi perde con le trimestrali
Intelligenza artificiale. Ma anche il ritorno al business tradizionale. È l’ultimo giro di valzer delle trimestrali dei big hi tech. Il fatturato dei “fantastici 5” è salito a 378,972 miliardi
di Vittorio Carlini
4' di lettura
Da una parte l’Intelligenza artificiale che, al netto di qualche eccezione, ancora non si “trasforma” nel vero nuovo Eldorado. Dall’altra il conto economico che cresce sfruttando il ritorno al business tradizionale. Il tutto con il “motore” del clou computing che continua a battere in testa.
Così può riassumersi l’ultimo giro di valzer delle trimestrali dei big hi tech. I “fantastici cinque” (Alphabet, Amazon, Apple, Microsoft e Meta) hanno riportato, nel recente quarter e cumulativamente, ricavi e profitti in rialzo rispetto allo stesso periodo di un anno prima. In particolare: il fatturato è arrivato a 378,972 miliardi di dollari (+6,88% rispetto al 2022). L’utile netto, invece, si è assestato a quota 72,868 miliardi di dollari (+28%). Sennonché, i singoli dati complessivi raccontano sempre metà della storia. Necessario, quindi, guardare tra le pieghe delle scritture contabili per trovare qualche “fil rouge” degno di nota. Ricordandosi, peraltro, che ogni azienda è una storia a sé.
Il ritorno alle origini
Ebbene, un aspetto che salta all’occhio dalle tabelle dei bilanci è il seguente: una spinta al business l’ha data il ritorno alle origini. La riprova? In primis La offre Amazon (+10% in Borsa nel pomeriggio). La società fondata da Jeff Bezos, da diversi anni, trae la sua maggiore redditività dalla divisione Aws. Cioè: i servizi di cloud computing che, ad esempio nel 2022, hanno generato un utile operativo di 22,8 miliardi di dollari a fronte del rosso del commercio elettronico. Quell’e-commerce che invece – ecco la riscossa dell’attività tradizionale –, nell’ultimo trimestre, ha registrato un operating income di 2,3 miliardi. E questo mentre la nuvola informatica frenava proprio sui profitti operativi. Certo: la redditività di Aws resta superiore (5,365 miliardi) di quella del commercio elettronico. Inoltre,quest’ultimo, si è avvantaggiato della riduzione dei costi (oltre 27.000 i licenziamenti nell’ultimo anno). Ciò detto, però, il discorso di fondo è innegabile.
Il mondo di Google
Così come è innegabile che anche Alphabet sia stata spinta soprattutto dal business tradizionale: la pubblicità sul motore di ricerca Google. L’advertising della grande “G” ha generato 42,6 miliardi di dollari di ricavi, battendo le stime di consensus. In generale, poi, il mondo della pubblicità del gruppo (che comprende You Tube) è salito a 58,143 miliardi (erano 56,288 nel 2022). Vero! La divisione del cloud, grazie all’Artificial intelligence (Ai), è andata meglio delle previsioni del mercato. Ciononostante, l’advertising è stato un ottimo propellente per il motore di Alphabet.
Già, l’advertising. La pubblicità ha recitato il ruolo da protagonista anche in quel di Meta. L’ex Facebook, al di là dello scandalo di Cambridge Analytica, nel recente passato ha affrontato diversi problemi nella raccolta e uso dei dati sui suoi social network. Le regole approvate dall’Ue, unitamente al sistema “Tracking trasparency” voluto da Apple, hanno creato limiti al marketing digitale che è essenziale per l’azienda. In un simile contesto Mark Zuckeberg - è noto - ha puntato tutto sul metaverso. La scommessa, finora, è fallimentare. Tanto che il fondatore di Facebook è tornato sui suoi passi – ecco il fil rouge che riappare -, focalizzandosi nuovamente sul core business: le piattaforme social. Con l’aiuto dell'Ai, che rende più efficaci analisi ed uso delle informazioni, l’advertising è ripartito e i ricavi consolidati nell’ultimo quarter sono cresciuti dell’11% (maggiore rialzo trimestrale dal 2021 ad oggi). Tutto rose e fiori, quindi? Non proprio. Zuckerberg, pure confermando il 2023 come l’anno dell’ “efficienza”, ha riconosciuto che le spese per il metaverso (sempre in perdita) aumenteranno anche nel 2024.
L’attesa per l’Ai
Fin qui il ritorno alle origini. Ma cosa ne è della star del 2023, dell’Intelligenza artificiale? Senza ombra di dubbio, da un lato, è al centro delle strategie dei big dell’hi tech; e dall’altro, come per Alphabet e Meta, ha contribuito in alcuni casi ai conti aziendali trimestrali. Ciò detto, però, il massiccio aiuto ai business del colossi dell’ hi tech ancora non si vede. Per rendersene conto basta analizzare i numeri di Microsoft. La “vecchia signora” del software è, da molti esperti, considerata la società meglio posizionata per cavalcare l’onda dell’Ai. E, però, nell’ultimo quarter ha registrato una salita delle vendite (+8%) considerato “tiepida”. Non c’è dubbio: i numeri sono in crescita. E, tuttavia, il rallentamento dell’aumento dei ricavi di Azure (il motore del cloud che ha rilanciato l’attività del gruppo di Redmond) ha fatto storcere il naso. In altre parole: il passaggio di testimone tra il cloud computing - che come settore in generale batte testa - e l’Intelligenza artificiale finora non c’è stato.
Ogni azienda è storia a sé
Infine: le singole storie aziendali. Fare di tutta l’erba un fascio è, per l’appunto, un errore. In particolare rispetto ai colossi tecnologici statunitensi. Ne é in tal senso una prova Apple. Il gruppo (-4% ieri in Borsa nel pomeriggio), sempre nell’ultimo quarter, ha riportato ricavi in calo del 2,25%. La dinamica, in linea con la crisi del mercato dei device elettronici, è l’effetto sia delle vendite dell’iPhone (-2,4% rispetto allo stesso periodo del 2022) che di quelle di iMac e iPad (entrambi in calo). In aumento, invece, il comparto dei servizi (dalle sottoscrizioni per lo streaming di musica ai prodotti Tv fino alle spese di software in App store). Insomma: in questo caso, forse ancora più che in altri, appare chiaro come il gruppo (comunque con un utile salito a 19,88 miliardi di dollari) sia in caccia del nuovo Graal che sostituisca l’ iPhone (soprattutto in Occidente e nei mercati maturi). Probabile, vista la non buona performance dell’ultimo device (il visore Vision Pro), che sia l’Intelligenza artificiale. Dopo tutto: in “Artificial intelligence the profit trusts”.
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