Amazon chiude i negozi cinesi e blocca le spedizioni verso gli Usa
Congelati prodotti software per 20 milioni di dollari a Shenzhen Youkeshu Technology. Sale la tensione sul traffico e-commerce crossborder
di Rita Fatiguso
I punti chiave
2' di lettura
Le frizioni del commercio Usa-Cina viaggiano online. Amazon ha appena bloccato in un sol colpo 20 milioni di dollari di merce chiudendo i 340 negozi di un cliente top: Shenzhen Youkeshu Technology, collegato a Tiza, società di software di Nanjing quotata a Shenzhen. Amazon accusa Youkeshu di aver utilizzato una pratica vietata nell’e-commerce, quella delle recensioni sugli acquisti a pagamento fatte per gonfiare illegalmente il business.
La battaglia tra Amazon e le società cinesi
È solo l’ultimo atto di una lunga serie di schermaglie tra le 200mila aziende presenti su ciò che resta in Cina del gigante americano che, due anni fa, conscio dell’impossibilità di competere con Alibaba&co., ha chiuso il quartier generale lasciando la divisione Amazon Prime Crossborder che ha grandi potenzialtà.
Ma i cinesi sono delusi del trattamento riservato loro, specie dopo che una delegazione di imprenditori americani del Midwest un mese fa ha incontrato la municipalità di Shenzhen per discutere proprio le prospettive dell’e-commerce crossborder. A settembre la megalopoli ormai snodo cruciale della logistica cinese ospiterà la prima fiera di settore per le aziende che vogliono vendere i loro prodotti sui mercati esteri con l’e-commerce. Ma, come si può notare, non è tutto rose e fiori.
L’appeal del mercato statunitense
L’e-commerce in generale ha raddoppiato il fatturato grazie alla pandemìa, ed è proprio verso gli Usa che ora si stanno dirigendo i prodotti a marchio cinese.
L’ultima edizione di 6.18, il festival dell’e-commerce via streaming fondato da JD.com, ha fatto emergere almeno una ventina di nuovi marchi cinesi per giovani che hanno rafforzato l’orgoglio nazionale anche dal punto di vista del riscatto sulla qualità.
Ovviamente, online viaggia anche molta paccottiglia e Amazon ne è ben conscia. I cinesi, a loro volta, l’accusano di essere incappata in questi due anni in una serie di incidenti di percorso.
La piattaforma che manca a Pechino
«Amazon Prime è però uno snodo molto appetibile - conferma Riccardo Fuochi, presidente di Propeller Club -, un gateway verso l’ambìto mercato americano per far conoscere i marchi cinesi. Per questo la saracinesca dei negozi su Amazon non è cosa gradita».
Amazon, Facebook, Paypall, Google restano strade obbligate per farsi conoscere, ma per la Cina questi passaggi sono troppo scomodi. D’altronde, al momento è così.
Se vogliono affacciarsi all’estero devono bussare a queste porte nè possono mollare sul fatturato.
Janet Yellen, segretario al Tesoro americano, ha appena chiuso virtualmente la stagione dei dazi, che tanto male hanno fatto anche ai consumatori americani. Ma per i cinesi quell’incubo non è ancora finito perchè i dazi della Fase 1 sono ancora operativi.
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