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Ambiente e finanza, la svolta green delle banche centrali

L’impegno all’elaborazione e implementazione di un green new deal presentato dal Presidente della Commissione Von der Leyen che riveda il modello di crescita economica in un’ottica di “climate neutrality” è un obiettivo strategico di straordinario pregio e di complicata esecuzione

di Marcello Minenna

(Rielaborazione da foto Adobe Stock)

6' di lettura

Tra le note positive di questo anno difficile per l’economia globale va annoverata sicuramente la svolta “green” della finanza. I principali attori del sistema finanziario mondiale sembrano avere acquisito consapevolezza di crescenti rischi ambientali che non sono più classificabili come semplici esternalità ma oramai minacciano direttamente il tessuto dell’economia.

In questa prospettiva assume un certo peso l’istituzione di un ”Network per il Greening del sistema finanziario” (NGFS), che unisce 40 banche centrali, agenzie di supervisione ed istituzioni finanziarie internazionali per lo sviluppo di una risposta coordinata ai rischi climatici ed ambientali.

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In questo progetto - per una volta - l’Unione Europea (Ue) non è in ritardo ma guida il processo di transizione. L’impegno all’elaborazione e implementazione di un green new deal presentato dal Presidente della Commissione Von der Leyen che riveda il modello di crescita economica in un’ottica di “climate neutrality” è un obiettivo strategico di straordinario pregio e di complicata esecuzione. Gli investimenti nelle tecnologie verdi dovranno essere coordinati infatti in tutti i settori dell’economia con attenzione a ridurre gli effetti negativi sui livelli di occupazione.

In particolare, il green new deal dovrà impegnarsi a ridisegnare gli strumenti a disposizione dell’Ue, con l’inclusione della Banca Centrale Europea (Bce), dei regulators, della Banca Europea degli Investimenti (Bei), dei fondi strutturali e di investimento.

L’attività delle banche centrali sembra quella più lontana dai temi della sostenibilità ambientale; questo vale soprattutto per la Bce che è vincolata dall’unico obiettivo di politica monetaria della stabilità dei prezzi che impone una “market neutrality” tale per cui l’istituto non può discriminare nella sua operatività asset finanziari a favore di altri. Il principio di mono-mandato è stato utilizzato di recente dal presidente della Bundesbank Weidmann per esprimere netta contrarietà all’ipotesi – ventilata dal nuovo presidente Bce Lagarde – di rivedere le politiche di selezione titoli del Quantitative easing per incentivare investimenti sostenibili dal punto di vista climatico/ambientale.

Esistono tuttavia vie meno invasive per le banche centrali di un programma di acquisto titoli su larga scala nella prospettiva di sostenere gli investimenti “verdi” che coinvolgono l’utilizzo delle riserve valutarie. Storicamente l’obiettivo che giustificava l’accumulazione di riserve da parte delle banche centrali era quello di rassicurare i mercati sulla capacità dell’economia nazionale di far fronte al pagamento del debito estero di breve termine. L’accumulo di riserve “in eccesso” causato dai persistenti surplus commerciali degli ultimi 20 anni delle economie europee, di Cina e Giappone ha indotto i gestori a concentrarsi sull’obiettivo di massimizzare i rendimenti, diversificando i portafogli in termini di attività e valuta di denominazione.

Si è sviluppata dunque una tecnica di tranching gerarchico dei portafogli di investimento che prevede: una sotto-tranche ultra-liquida investita in titoli governativi a breve termine, denominati in valuta locale ed a rendimento nullo/negativo, ed una tranche destinata ad investimenti più remunerativi sotto vincoli specifici di rischio gestita attraverso tecniche di ottimizzazione di portafoglio. Questo approccio di gestione che si basa sui principi di liquidità, rischio e rendimento può essere definito “a triade” (cfr. Figura 1).

GLI OBIETTIVI NELLA GESTIONE DELLE RISERVE VALUTARIE

GLI OBIETTIVI NELLA GESTIONE DELLE RISERVE VALUTARIE

La transizione a una gestione “green” delle riserve valutarie in eccesso richiederebbe il passaggio da un approccio a “triade” ad uno a “tetrade” che comprenda la sostenibilità ambientale come quarto obiettivo. Questo policy shift non si dovrebbe riflettere necessariamente in cambiamenti strutturali delle linee-guida di investimento delle banche centrali, ma potrebbe essere perseguito de facto come obiettivo complementare di misure già in essere.

In particolare, la tranche delle riserve destinata a massimizzare i rendimenti potrebbe prevedere una larga quota detenuta di green bonds. Si tratta di obbligazioni a reddito fisso i cui proventi sono utilizzati per finanziare progetti nuovi o esistenti che combattono l’inquinamento, il cambiamento climatico, la distruzione di biodiversità o di risorse naturali. Il controvalore circolante di questa categoria è cresciuto rapidamente, passando da poco più di 10 miliardi di $ nel 2013 ai 250 miliardi stimati per il 2019 (cfr. Figura 2).

LE EMISSIONI ANNUALI

Fonte: Climate Bond Initiative

LE EMISSIONI ANNUALI

Il catalizzatore per l’espansione del mercato è stato l’introduzione da parte della International Capital Market Association – il portavoce e referente globale degli emittenti di bond – di un “codice verde” per gli investimenti green che definisce procedure trasparenti in grado di identificare: la destinazione d’uso dei proventi, i processi di valutazione e selezione dei progetti, la loro gestione ed il successivo reporting al mercato. I titoli che soddisfano questi standard vengono certificati come green dall’Icma e servono come garanzia contro comportamenti fraudolenti finalizzati a perseguire un ambientalismo puramente di facciata (il c.d. greenwashing) da parte di industrie inquinanti.

In 5 anni il mercato è andato incontro a cambiamenti importanti: se all’inizio la maggioranza delle emissioni erano denominate in Euro e Dollari, dal 2017 ha acquisito una crescente importanza la quota denominata in Renmimbi che segnala l’ingresso dirompente dell’industria cinese sugli investimenti green, principalmente in energie rinnovabili (cfr. Figura 3). Comunque se si guarda alla nazionalità degli emittenti, l’Ue continua a detenere una posizione dominante con oltre il 30% delle emissioni, di cui il 25% concentrato tra Germania, Francia e Olanda. A livello governativo, l’Olanda è stata la prima emittente con rating “AAA” nel 2019 per circa 6 miliardi; la Francia ha seguito con un’emissione di ben 21 miliardi. Il governo svedese ha programmato un’emissione per il 2020.

GREEN BONDS

Decomposizione per Paese di emissione. Dati % sul totale circolante. Settembre 2019 - Fonte: Climatic Bond Initiative

GREEN BONDS

Il mercato tuttavia, proprio perché piccolo in termini assoluti (1/10 di quello delle obbligazioni ordinarie) resta poco liquido, con la maggioranza dei sottoscrittori che tende a conservare i titoli fino a scadenza. La disponibilità di green bonds sui mercati secondari è pertanto assai scarsa, con alti costi in termini di bid-ask spreads per chi voglia comprare/vendere. Se anche le banche centrali volessero aumentare la propria quota di partecipazione in obbligazioni green certificate, si scontrerebbero ben presto con la mancanza di titoli da acquistare.
Dal punto di vista della qualità del credito, le banche centrali tipicamente impongono dei requisiti di rating sulla tranche di investimento delle riserve, escludendo obbligazioni con rating pari a BBB+ o inferiore. Un’analisi statistica svolta dalla Bank of International Settlement sull’universo delle obbligazioni esistenti tuttavia non sembra evidenziare una maggiore rischiosità dei green bonds rispetto alle alternative convenzionali.

Le note dolenti sembrano concentrarsi sui rendimenti. Tra il 2014 ed il 2019, mediamente le obbligazioni green hanno infatti offerto dei rendimenti più bassi rispetto a quelle ordinarie, anche se solo di alcuni punti base. La BIS definisce “greenium” questo premio al rischio negativo, che in parte riflette l’internalizzazione dei costi di tutela climatica e ambientale. Una gestione classica delle riserve valutarie di banca centrale secondo l’approccio a triade penalizzerebbe troppo i progetti (magari energetici o infrastrutturali) che minimizzano il proprio impatto sull’ambiente naturale.

In questa prospettiva appare più che benvenuta una specifica malleva procedurale che consenta alle istituzioni europee di investire su progetti green meritevoli, che però non sarebbero eligible se valutati nella stretta logica rischio/rendimento dell’ottimizzazione di portafoglio. In particolare dalle anticipazioni pare che il green new deal potrebbe prevedere una simile facoltà per la BIS.
In ogni caso dai dati il greenium sembra ridursi nel tempo, indicando una maggiore aderenza dei rendimenti dei green bonds con i tassi delle obbligazioni ordinarie, presumibilmente per via di una maggiore concorrenza tra gli emittenti.

A livello progettuale è possibile immaginare un intervento di ingegneria finanziaria attraverso una società veicolo (SPV) che punti ad ampliare il pool di investitori in investimenti green. Come ho proposto anche nel caso di investimenti meritevoli dal punto di vista sociale, un SPV a capitalizzazione mista pubblico/privata potrebbe emettere 20 miliardi di euro di green bonds con una struttura a 6 tranches ordinate dalla meno rischiosa alla più rischiosa.
Per una migliore governance del rischio, la tranche di mezzo (c.d. mezzanine) potrebbe essere supportata da garanzie regolate a prezzi di mercato rilasciate dalla BEI o dagli Stati membri, singolarmente o tramite un apposito consorzio.

Come conseguenza le tranches sopra quella di mezzo (c.d. Super-senior, senior, senior-mezzanine) sarebbero rischiose al più come i titoli di Stato dei vari Paesi membri o delle relative entità sovranazionali in quanto sarebbero una loro replica sintetica e la tranche più sicura verrebbe trattata sul mercato interbancario e in Bce come titolo privo di rischio, con un possibile premio al rischio per la minore liquidità.
Le redditività delle varie tranches di green bonds potrebbero essere strutturate anche attraverso dei benefici fiscali come per i Piani Individuali di Risparmio (PIR). Le tranches sopra la mezzanine sarebbero accessibili anche ai piccoli investitori mentre le tranches più rischiose sarebbero riservate agli investitori istituzionali con delle soglie minime di sottoscrizione.

L'ESEMPIO

Un esempio di veicolo a capitalizzazione mista per il finanziamento di investimenti verdi - Fonte:elaborazione dell'autore

L'ESEMPIO

La scommessa della svolta green della finanza globale è in fondo quello di coniugare la remunerazione del capitale investito in una prospettiva di sostenibilità ambientale. È possibile o si tratta di un ossimoro? Staremo a vedere.

*Economista
@MarcelloMinenna

Riproduzione riservata ©

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