Anche al cinema è il momento della Corea: Gelso d'Oro al Feff di Udine
di Stefano Carrer
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E' il momento della Corea, non solo sul piano della diplomazia internazionale ma anche al cinema: alla 20esima edizione del Far East Film Festival di Udine il pubblico ha premiato con il “Gelso d'Oro” il cinema dell'impegno e del messaggio politico-sociale con “1987: When the Day Comes” di Jang Joon-hwan, che porta sullo schermo la travagliata lotta popolare per far tornare la democrazia in Corea del Sud. Un film che ha prevalso di misura su un film giapponese di zombie molto energico e professionale nel suo genere, “One Cut of the Dead” di Shinichiro Ueda. Ma il trionfo di quest'anno e' davvero andato al cinema coreano, che era anche il piu' rappresentato con 14 titoli. Al terzo posto si è classificato il kolossal storico-politico, “The Battleship Island” di Ryoo Seung-wan (sui lavoratori coreani portati a spalare carbone in condizioni disumane in un'isoletta giapponese nel corso della seconda guerra mondiale), mentre un nuovo premio, il “Gelso Bianco” per opere prime o seconde – assegnato da un trio di giurati composto dal produttore di Hong Kong Albert Lee, dal produttore americano Peter Loehr e dallo sceneggiatore Massimo Gaudioso - , e' andato a “Last Child”, prima pellicola dell'esordiente Shin Dong-seok.
Cinema di impegno. Non e' un caso che il rilancio del cinema di impegno politico arrivi dalla Corea. Se il tema della piazza che si mobilita e riesce a provocare cambiamenti del sistema tra la fine degli anni '80 e il 1991 e' il focus sia del film vincitore sia del docufilm proposto in tandem – “Courtesy to the Nation” di Gwon Gyung-won -, e' stata la piazza, con il “movimento delle candele”, ad aver avuto un ruolo fondamentale solo un anno e mezzo fa nel creare le condizioni per l'impearchment dell'ex presidente Park Geun-hye. La caduta della sua amministrazione ha segnato anche la fine di una politica di tagli ai finanziamenti e di liste nere di personaggi della cultura. Lo stesso regista Jang Joon-hwan ha detto a Udine che il progetto del film e' stato rallentato in quanto, sotto la Park, c'era chi esitava a parteciparvi: l'argomento del popolo che si solleva non era di quelli fatti per trovare favore presso un governo conservatore venato di persistenti tendenze autoritarie. Anche per questo, ha aggiunto, finora non era approdato sul grande schermo un tema cosi' fondamentale della storia recente del Paese: la “lotta del giugno 1987” che costrinse il governo militare a non ritardare piu' le elezioni e la nuova costituzione, anche se poi occorsero ancora cinque anni per l'affermazione della democrazia (un altro film uscito l'anno scorso è “A Taxi driver”, sui moti di Gwangju repressi nel 1980). Una democrazia che – per Jang e Gwon – ha ancora tratti di incompiutezza. In questo senso, l'arrivo alla Blue House del presidente Moon Jae-in (ex avvocato per i diritti civili) e i venti di distensione con la Corea del Nord fanno ben sperare, visto che l'argomento principale per la permanenza di un approccio “top-down” allo stile di governo è rappresentato dalla situazione anomala della penisola, con la minaccia da Nord che richiede forti apparati di sicurezza. Ora la realta' coreana appare in rapido movimento, tanto che rischia di apparire non troppo attuale dopo il vertice intercoreano di Panmunjom il film che ha aperto il FEFF di Udine: la spy story “Steel Rain” di Yang Woo-seok, che inizia con un tentativo di colpo di stato in Corea del Nord che finisce per minacciare il mondo. Per fortuna sua, questo film è uscito a dicembre, quando la tensione tra Trump e Kim era ai massimi. A Udine c'era inoltre una interessante mostra fotografica sul mondo della Corea del Nord. Del resto, per l'edizione 2013 arrivo' a sorpresa la delegazione nordcoreana di “Comrade Kim Goes Flying”.
Cinema «nazionalista». Il Feff di Udine è una vetrina impagabile di altre tendenze del cinema asiatico, in grado di farci riflettere sui possibili scenari del futuro del mondo. Uno di questi trend è sicuramente la tendenza a solleticare il nazionalismo, attraverso kolossal storici o film di grande azione di chiara impronta patriottica. Un esempio originale è “The Battleship Island”, che però, a differenza di quanto appaia ad occhi stranieri, in Corea è stato considerato troppo poco antigiapponese, visto che tende a dipingere molti coreani in termini non lusinghieri, a partire dai collaborazionisti (il tema dei coreani che cooperarono con gli occupanti giapponesi pare ancora parzialmente tabù). A differenza del cinema coreano, legato a un nazionalismo antigiapponese del passato – ha osservato la produttrice di Hong Kong, Nansun Shi - la cinematografia cinese propone ora un nazionalismo del presente, conscio della ritrovata forza e statura mondiale del Paese, esaltando il neonato ruolo internazionale della Cina e delle sue forze armate, ad esempio nelle crisi africane. Un esempio tipico e' “Wolf Warrior II”, che ha battuto nella seconda meta' dell'anno scorso ogni record di incassi ai botteghini. Film di azione, elettrizzante, ma con tanti messaggi non poi tanto subliminali: esalta il ruolo positivo in Africa di una Cina che cerca di salvare non solo i suoi connazionali, ma anche molti africani piombati nel gorgo della guerra civile. Una Cina che aiuta la crescita economica con le sue merci e le sue fabbriche decentrate, che istituisce ospedali, scopre vaccini, e' presente con la sua Marina anche quando quella americana se ne e' andata. Una Cina la cui bandiera e' rispettata al massimo. Con un eroe cinese che combatte la pirateria ed elimina i cattivi mercenari occidentali, accennando persino a diventare un sex symbol: se il capo mercenario gli dice “quelli come te non possono aver la meglio su di noi”, lui riesce a ucciderlo replicando “questo valeva per il passato”. Un film che preconizza, insomma, la sostituzione del mito americano, non solo nel cinema.
Sulla stessa scia si pone la produzione mista Hong Kong/Cina “Operazione Mar Rosso” del veterano Dante Lam: tra Africa, pirateria e ordine di evacuare i cittadini cinesi, un grande action movie piuttosto brutale (anch'esso re ai bottegHini) che rinvia a uno spiccato patriottismo culminante in un finale incongruo e inquietante. Dopo la missione compiuta in Africa e il solenne funerale dei caduti, le navi da guerra cinesi tornano verso la patria e nel Mar cinese meridionale rilevano intrusioni. “Qui siete in acque territoriali cinesi, lasciate immediatamente la zona”, ordinano gli altoparlanti in modo ossessivo (evidentemente a navi americane impegnate nell'affermare la liberta' di navigazione in quel mare).
Le forze armate cinesi sono protagoniste positive anche in film ambientati in periodi delicati come quello della rivoluzione culturale e della guerra contro i “compagni” vietnamiti: e' il caso di “Youth” (“Giovinezza) di Feng Xiaogang, affresco storico-generazionale con un afflato epico, in cui gli eccessi della rivoluzione culturale sono accennati senza che intacchino il prevalente idealismo del gruppo di protagonisti.
Sessantamila spettatori. Il Feff si chiude con un bilancio di 60 mila spettatori, 150 guest star dall'Asia (tra cui la superdiva Brigitte Lin Ching Hsia) e 150 professionisti dell'industria cinematografica orientale ed europea (i sale agent, i buyer, i key-player del workshop” Ties That Bind” e del project market Focus Asia). La città di Udine è stata coinvolta con circa un centinaio di appuntamenti ed eventi legati alle culture asiatiche. Peccato che, sotto elezioni, un consigliere comunale abbia trovato il modo di criticare come una sgradita “Chinatown” l'allestimento in una piazza di alcune strutture commerciali e di intrattenimento: dovrebbe piuttosto considerare che il festival fa conoscere Udine non solo a tanti asiatici, ma anche a molti italiani. Il prossimo Far East Film Festival,21esima edizione si terra', dal 26 aprile al 4 maggio 2019. Tra le novita', si profila una attenzione inedita per i “serial” promossi da nuove piattaforme che stanno modificando il mondo del cinema.
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