Anche gli Usa assolvono il glifosato. L’Epa: non è cancerogeno
Nuovo esame per l’erbicida. L’agenzia statunitense dell’ambiente si affianca al risultato di altri organismi scientifici e ha escluso pericoli. Vi sono rischi per le api? Lobby contrapposte
di Jacopo Giliberto
4' di lettura
Nuova assoluzione per il glifosate, diserbante di cui molti temono possibili effetti sull’ambiente o sulla salute. Nelle settimane scorsa l’Epa (Environmental protection agency), l’agenzia statunitense per la tutela dell’ambiente, in uno studio ha riconfermato che il prodotto non è cancerogeno, affiancandosi in questo ai risultati degli studi dell’Efsa europea e di altre istituzioni scientifiche.
Ma è difficile che questo nuovo studio possa ridurre i rischi giudiziari in cui incorre la Monsanto, azienda chimica ora rilevata dalla Bayer , che negli Anni ’70 aveva sviluppato il prodotto: molte persone, soprattutto agricoltori, hanno deciso di accusare il diserbante come origine di malattia e diversi giudici statunitensi hanno condannato l’azienda al risarcimento. Alcune aree agricole in Italia hanno annunciato che non lo usano più, come nel caso delle colline del prosecco a Valdobbiadene (Treviso), e il presidente del veneto, Luca Zaia, ne fa un punto della sua campagna elettorale con cui cerca la riconferma.
Che cos’è il glifosate
Il glifosate (chiamato anche glifosato o glyphosate) è un composto con un gruppo amminico, un gruppo carbossilico e un gruppo fosfato. Fu sviluppato una cinquantina di anni fa dal colosso chimico statunitense Monsanto con il nome commerciale Roundup. Ha una proprietà: assorbito attraverso le foglie, interagisce con i meccanismi vitali delle piante e le fa seccare.
Per questo motivo i prodotti a base di glifosate sono gli erbicidi più usati nel mondo e sono usati per togliere le erbacce oppure per portare amaturazione e al raccolto le colture.
Tra le caratteristiche ci sono: la bassissima tossicità per l’uomo e gli animali, l’impatto ambientale modesto (nel terreno il glifosate è metabolizzato dai batteri naturali), il fatto che il brevetto in esclusiva è scaduto nel 2001 e quindi da quasi due decenni la sua produzione è libera e in concorrenza (per esempio con i marchi Rodeo oppure Accord).
Il parere dell’Epa segue quelli simili dell’European food safety authority (Efsa), dell’European chemicals agency (Echa), dell’ente tedesco BfR e di altre autorità (Australia, Canada, Corea, Giappone, il Joint Fao-Who Meeting on Pesticide Residues Jmpr e altri). L’Echa ha però osservato effetti sugli organismi acquatici.
Opinioni contrapposte
Vi sono pareri diversi come una contestata ricerca condotta nel 2015 dallo Iarc dell’Oms (Onu), e da qualche anno è in corso una guerra di lobby contrapposte a favore o contro questo composto.
Sfumata l’accusa di essere cancerogeno, nel tempo il glifosate è stato imputato via via di pericoli differenti, per esempio è stato accusato di interagire con il sistema endocrino umano.
Il parere dell’Epa
In gennaio l’agenzia statunitense ha emanato il documento Interim registration review decision basato sulla revisione dei dati sull’arco di 10 anni in cui l’Epa ribadisce che consistenti prove scientifiche continuano a sostenere la sicurezza degli erbicidi contenenti glifosate e che questo principio attivo non è cancerogeno.
L’Epa ha concluso che «non ha identificato alcun rischio per la salute umana derivante dall’esposizione al glifosate» e ha stabilito che non vi sono rischi alimentari per qualsiasi segmento della popolazione, rischi che non vi sono neanche se si assumesse lo scenario peggiore, nemmeno in caso di contaminazione delle acque e di una dieta a base di soli alimenti esclusivamente a . («The agency concluded that there are no dietary risks of concern for any segment of the population, even with the most conservative assumptions applied in its assessments (e.g., tolerance-level residues, direct application to water, and 100% crop treated)»).
Fa male alle api?
Un tema importante è ridurre l’uso di prodotti che possono essere nocivi per le api, insetti preziosissimi per l’impollinazione di molte piante. È stata individuata una tossicità modesta su animaletti singoli e nessun effetto rilevabile a livello di famiglia d’alveare. («Based on an adult honey bee acute contact and oral toxicity tests, the likelihood of acute adverse effects to adult bees is considered low at application rates up to 5.7 lb a.e./A; however, it is uncertain if effects would occur at higher application rates (i.e., up to 8 lb a.e./A). In a colony-level study, no adverse effects (acute or sublethal) were reported based on exposure to residues from an application at a rate of 1.92 lb ae/A»).
Comunque è bene condurre nuove prove, sebbene l’Epa le ritenga superflue. («The agency believes that additional data may be necessary to fully evaluate risks to bees. Although the agency did not identify the need for these additional data to evaluate potential effects to bees when initially scoping the registration review for glyphosate, the Problem Formulation and registration review generic data call-in (GDCI) for glyphosate were both issued prior to publication of the June 2014 harmonized Guidance for Assessing Pesticide Risks to Bees»).
Una lobby contro il glifosate?
Ovviamente, vi sono anche documenti di accusa contro questo prodotto. Per esempio due anni fa una rivista (Sustainability), pur non parlando di effetti sulla salute o sull’ambiente, ha rilevato una presenza pervasiva di questa ammina in molti ambienti e prodotti, come per esempio ha rilevato tracce di glifosate perfino nelle garze sterili (immagino perché il prodotto era stato usato nella coltivazione del cotone usato per produrre le garze).
Da tempo molti sospettano che vi siano lobby economiche contrapposte. Secondo alcuni, c’è un complotto per imporre il glifosate.
Secondo altri, vi sono interessi per fare scomparire dal mercato il glifosate, senza brevetti ed esclusive, per sostituirlo con prodotti protetti da brevetti e quindi più appetibili per il fatturato. Per esempio, l’istituto dell’Oms (Onu) per la ricerca sul cancro, lo Iarc di Lione, nel 2015 aveva emanato un documento contestatissimo per i cambiamenti peggiorativi che una misteriosa “manina” aveva apportato ai risultati dello studio.
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