Anche nei vaccini il nazionalismo non serve
La pandemia finirà solo quando miliardi di dosi di vaccino saranno prodotte a prezzi accessibilie rese disponibili a tutti, anche nei Paesi più poveri del mondo
di Gianmarco Ottaviano
3' di lettura
«La nostra leadership non riguarda la propaganda egoistica. Non si tratta di Europe First. (...) Il nazionalismo dei vaccini mette a rischio le vite umane. La cooperazione sui vaccini le salva». Con queste parole, pronunciate durante il discorso sullo stato dell’Unione, Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea, ha definito l’approccio europeo alla lotta al Covid-19.
La speranza è che un vaccino sicuro ed efficace possa essere disponibile nei prossimi mesi entro la primavera del 2021. Ma, mentre la scoperta di un vaccino rappresenta un’ovvia priorità, non bisogna dimenticare che l’obiettivo finale non è tanto quello di scoprire tale vaccino, quanto quello di porre fine alla pandemia. L’opinione di molti e anche della Commissione Europea è che questo non sarà possibile se la produzione e la distribuzione del vaccino sarà lasciata unicamente al libero mercato.
La ragione è che vaccinarsi crea degli effetti “esterni” positivi. Chi si vaccina fa ovviamente del bene a sé stesso, ma lo fa anche agli altri. Ai non vaccinati, perché riduce le loro probabilità di contagiarsi. Più in generale, a tutta la comunità, perché non ammalandosi lascia libere risorse sanitarie – posti letto in ospedale, medicinali o tempo del personale – che possono essere utilizzate anche da malati con altre patologie. Quando però una persona decide individualmente di comprare e somministrarsi un vaccino, non tiene conto di queste esternalità positive, che quindi non vengono rispecchiate nel prezzo del vaccino, con il risultato che tale prezzo risulta essere troppo basso relativamente ai benefici che crea per la collettività. Per questa ragione, la quantità di dosi di vaccino scambiata sul mercato risulta essere a sua volta inefficientemente bassa.
Poiché in questo caso il mercato “fallisce”, l’offerta socialmente efficiente di immunizzazione richiede necessariamente un intervento pubblico. Nel caso di una pandemia l’intervento pubblico a livello di singolo Stato nazionale non basta perché, quando un Paese vaccina i suoi cittadini, crea degli effetti esterni positivi anche sui cittadini degli altri Paesi. Il libero mercato non produce abbastanza immunizzazione, non solo su scala nazionale, ma anche su scala planetaria.
Questo non vuole però dire che l’intervento pubblico possa fare a meno del settore privato, per la semplice ragione che quest’ultimo offre competenze e risorse assolutamente necessarie allo sviluppo, alla produzione e alla distribuzione del vaccino. Pertanto la scoperta e la disponibilità universale di un vaccino anti-Covid rappresentano un’impresa di proporzioni tali da non poter essere portata a termine a meno che pubblico e privato non cooperino intensamente.
Facilitare questa cooperazione è la missione di Gavi (Global Alliance for Vaccines and Immunization), una partnership globale, di natura sia pubblica che privata, che promuove l’accesso ai vaccini, soprattutto nei Paesi poveri. Tra i partner, dal lato pubblico spiccano, oltre all’Oms, l’Unicef e la Banca Mondiale; dal lato privato la Bill & Melinda Gates Foundation. Tra le attività di Gavi è di particolare rilievo in questo momento la recente iniziativa denominata ACT (Access to Covid-19 Tools Accelerator) compartecipata dall’Oms e dalla Cepi, una fondazione pubblica-privata, a cui aderisce anche l’Unione Europea, che raccoglie fondi per finanziarie la ricerca sui vaccini contro le cosiddette “malattie infettive emergenti”, cioè le malattie infettive la cui incidenza è aumentata negli ultimi venti anni. Per quanto riguarda i vaccini, il pilastro di ACT si chiama Covax (menzionato anche nel discorso della von der Leyen), il cui scopo è accelerare lo sviluppo e la produzione di vaccini anticovid e garantire un accesso giusto ed equo a tutti i paesi del mondo.
ACT si ispira al un progetto pilota di Gavi denominato Advance Market Commitment (AMC), un meccanismo di finanziamento innovativo che dal 2009 ha già contribuito ad accelerare la diffusione di vari vaccini. Prima di AMC ci sarebbe voluto più di un decennio perché il prezzo di tali vaccini scendesse abbastanza da permettere ai Paesi più poveri di acquistarli. AMC ha contribuito ad accorciare significativamente questi tempi, mettendo a disposizione i fondi necessari per garantire in anticipo il prezzo dei vaccini in via di sviluppo. In questo modo, la rimozione del rischio di investire in capacità produttiva prima di avere i vaccini ha permesso di avere tale capacità già pronta non appena i vaccini vengono scoperti.
Per definizione, l’epidemia in corso resterà “pandemica” finché coinvolgerà gran parte della popolazione mondiale, o perché infetta o anche semplicemente perché a rischio di infettarsi. Per questo motivo, il Covid-19 si potrà dire sconfitto soltanto quando miliardi di dosi di vaccino saranno prodotte a prezzi accessibili e rese disponibili a tutti, anche nei Paesi più poveri del mondo. Nessun “nazionalismo dei vaccini” potrà mai farcela.
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