L’intervista

Andrea Gaudenzi: «Il nostro obiettivo è unificare, innovare e valorizzare il tennis»

Il presidente dell'Atp: il tennis è il quarto sport più seguito al mondo ma il golf, undicesimo per popolarità, monetizza di più

di Eliana Di Caro

Atp Finals, l'elite del tennis si sfida a Torino

4' di lettura

Torino, il tennis italiano, quello globale con uno sguardo al futuro: il presidente dell'Atp Andrea Gaudenzi, campione negli anni 90 (uno che ha battuto Sampras e Federer, è arrivato in finale in nove tornei vincendone tre: 18° posto il suo miglior piazzamento in classifica), ne parla con Il Sole 24 Ore. Tra gli otto giocatori che si contenderanno il titolo di “Maestro” nell’ultima competizione dell'anno al Palalpitour c'è Matteo Berrettini (era stato in gara anche nel 2019)... Jannik Sinner non ce l’ha fatta per un soffio ed è riserva.

I magnifici otto delle Atp finals di Torino: da sinistra: Andrey Rublev, Sasha Zverev, Matteo Berrettini, Novak Dijokovic, Daniil Medvedev, Stefanos Tsitsipas, Casper Ruud e Hubert Hurkacz

Un momento magico per noi. Come possiamo capitalizzarlo?

Certamente con due giocatori come Matteo e Jannik si catalizza l'interesse, si avvicinano gli appassionati ma anche i ragazzi a uno sport che oggi conta circa 400mila tesserati Fit: un numero destinato a crescere. L'aspetto educativo è importante, la capacità di gestirsi e darsi una disciplina, lo vedo anche con i miei tre figli di 14, 12 e 10 anni che giocano, si allenano, e al contempo sanno che la scuola non si tocca.

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Rispetto ai “suoi” anni, come si caratterizza il tennis di oggi?

Oggi la narrazione è più semplice, si parte a gennaio e si finisce a novembre con le finali. Puoi seguire i migliori all'interno di un circuito facile, dove tutti i giocatori non mancano gli appuntamenti più importanti. Ai miei tempi la differenza tra le superfici era più netta, c'era chi si esprimeva magnificamente su alcuni terreni di gioco e giocava male su altri. Oggi questo succede molto meno. Di sicuro Nadal dà il meglio sulla terra, ma ha vinto anche Wimbledon e gli Us Open, una volta ci riusciva Agassi ma era l'eccezione… Sampras non ha mai sfiorato il successo al Roland Garros. Grazie alla riduzione delle differenze tra il “lento” e il “veloce”, e alle palline, c'è molta più uniformità.

A proposito di evoluzioni, pensa che sia vicino il momento dei set a quattro, o del “killer point”, come nella formula del Next Gen?

Sono convinto di una cosa: lo sport è nel settore dell'intrattenimento, è un contenuto che noi distribuiamo. Un contenuto particolare, ci sono diverse partite in contemporanea, non sai quando un match inizia e quando finisce. Sono cambiati i tempi di fruizione (la gente guarda meno live e recupera magari una partita di sera), e anche le modalità, con il digitale. Tutto questo ci dice che, se dobbiamo cambiare il prodotto, va fatto sulla base dei dati. C'è chi non accetta di vedere una partita di 40 minuti, poco appagante e per la quale ha preso un biglietto costoso, e chi trova eccessivo il 3 su 5 perché ciò che gli sta a cuore è la qualità: un po' come al cinema, dove non conta se il film è lungo tre ore ma se ti piace la storia che racconta. Il Next Gen è un incubatore. Chiaro, se si dovesse pensare a un cambiamento, i giocatori devono essere d'accordo. Una cosa è certa: monetizziamo poco.

Cioè?

Abbiamo un miliardo di appassionati, il tennis è il quarto sport più seguito al mondo (dopo calcio, basket e cricket, prima di rugby e motorsport, ndr) eppure nella torta dei 50 miliardi di dollari dei diritti dello sport ceduti ai media la sua fetta è pari all'1,3 per cento. Quella del golf (solo 11° per popolarità) raggiunge il 2,5 per cento.

Come lo spiega?

I tornei vanno su quattro piattaforme distinte. Nel circuito Atp se ne giocano 64, i cui dati sono disaggregati perché arrivano da altrettanti database; ci sono i quattro Slam che addirittura in finale al quinto set hanno regole diverse; ci sono Itf e Wta... questa parcellizzazione pone dei problemi, per i fruitori e persino per i nostri sponsor. Chi è, alla fine, il responsabile delle regole del tennis? Bisogna allineare giocatori e tornei, allargare il calendario, e poi arrivare a una governance unita. Cioè a quello che noi, internamente, chiamiamo one tennis.

Che cosa pensa della battaglia per l'equità dei premi del tennis femminile?

Sono favorevole, così come sono favorevole all'unione dei due circuiti. Il tennis femminile è un prodotto forte, che gli altri non hanno, agli appassionati piace. Premi uguali (è già così in alcuni tornei) e opportunità uguali: le cose vanno di pari passo. Certo, ci vorrà del tempo.

Pensa che il Covid possa pregiudicare la stagione del 2022?

Il primo momento importante, a gennaio, è in Australia dove c'è l'obbligo di vaccinazione. Questo farà sì che si vaccini oltre il 90 per cento dei giocatori e che si possa viaggiare con più libertà. Io spero che nel '22 si veda luce in fondo al tunnel, pian piano usciremo dall'incubo.

Qual è il percorso che l'ha portata alla guida dell'Atp?

Ho chiuso la mia carriera sportiva nel 2003, a 30 anni, nel frattempo mi sono laureato in Giurisprudenza - e sono grato ai miei genitori che mi hanno sempre ripetuto quanto fosse importante studiare - poi ho fatto un Mba. Avendo una forte passione per la tecnologia, ho fatto un percorso nel mondo del digitale, con Carlo Gualandri (fondatore di Giocodigitale e altre società, ndr) e ora con Max Ciociola e la piattaforma Musixmatch. Ho imparato molto, sono stato a contatto con gente smart, che ha una visione globale. Di lì l'approdo al board di Atp Media, la società che detiene e gestisce i diritti dei tornei del circuito (tranne il Grande Slam), fino alla nomina di presidente Atp del 2020.

Una sua giornata-tipo?

Mi alzo e faccio sempre un'ora di sport, che sia bicicletta, corsa o palestra. Poi comincio con le riunioni su Zoom, le chiamate, videochiamate, email, ma mi ritaglio sempre del tempo per leggere.

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