Andy Warhol, l’artista oltre il mito
La mostra alla Tate Modern è visitabile on-line
di Nicol Degli Innocenti
3' di lettura
L'immensa fama di Andy Warhol, diventato più celebre e riconoscibile perfino di Pablo Picasso, ha paradossalmente oscurato la sua personalità. L'artista, con la sua immagine pubblica minuziosamente creata, ha quasi obliterato l'uomo vero che si celava sotto la parrucca bionda e dietro frasi sibilline e slogan d'effetto.
Una grande retrospettiva alla Tate Modern punta ora a riscoprire l'uomo per comprendere e interpretare meglio la sua arte. “Vogliamo guardare oltre l'apparenza e l'immagine per presentare la persona, non la celebrità, un artista che resta più influente e rilevante che mai,” spiega Gregor Muir, curator della mostra.
La storia personale ha determinato le sue scelte artistiche. La prima sala della mostra ricorda le caratteristiche salienti che lo hanno plasmato: il suo essere figlio di immigrati slovacchi poveri e fortemente religiosi, nato Andrew Warhola a Pittsburgh, città industriale in declino, e il suo essere gay, timido e introverso.
La mostra, con oltre cento opere, è una carrellata selettiva dei “grandi successi” di Warhol. Prima la serie “Death and Disaster”, dove le immagini colorate e ripetute amplificano il senso di inquietudine: una ragazza suicida che si getta da un grattacielo, un aereo precipitato, scontri razziali, la sedia elettrica, un incidente automobilistico.
La Pop Art è una macchina, amava dire l'artista che non ha mai nascosto l'aspetto commerciale del suo lavoro, ma uno dei messaggi della mostra è che l'apparente cinismo e indifferenza ostentati da Warhol fossero solo una posa per mascherare sentimenti e convinzioni profonde.
Dei numerosi ritratti coloratissimi fatti da Warhol sono stati scelti i più celebri: Elvis Presley, Mao, Jackie O, Debbie Harry, Mick Jagger, Liz Taylor, Dolly Parton, Grace Jones, il dittico di Marilyn Monroe (presentata come “santa moderna” anche in un tondo dorato di ispirazione rinascimentale del 1962)
Una sala è invece dedicata alla serie Ladies and Gentlemen che ritrae una serie di sconosciuti, gli animatori delle notti newyorchesi, transessuali e travestiti che lavoravano nei nightclub della città, ritratti con colori accesi, grande esuberanza e una chiara empatia, senza la distanza tra artista e soggetto dei ritratti di celebrità.
Grande spazio è dedicato alla vita privata di Warhol. Ci sono ritratti, filmati e foto degli uomini che ha amato, per contrastare l'immagine di un uomo freddo e solitario. Una sala ricorda l'evento che nel 1968 ha cambiato la sua vita, quando la scrittrice Valerie Solanas, che lo accusava di avere rubato le sue idee, gli sparò ferendolo quasi mortalmente.
L'artista è sopravvissuto all'attentato ma le conseguenze sia fisiche che psicologiche sono durate tutta la vita e lo hanno portato a morire a 59 anni. Una foto di Richard Avedon mostra il suo torso ricamato da profonde cicatrici, “cucito come un vestito di Yves Saint Laurent”, amava dire Warhol.
In una teca si possono anche vedere tre delle oltre cento parrucche biondo platino che Warhol possedeva e indossava da quando a trent'anni aveva iniziato a perdere i capelli, e che erano diventate parte integrante della sua immagine pubblica che lo ha reso riconoscibile in tutto il mondo.
L'ultima sala ha un'unica opera, la monumentale versione in 60 immagini in bianco e nero dell'Ultima Cena di Leonardo, un'opera che gli era cara perché la madre ne teneva una stampa appesa in cucina. Creata nel 1986 per commemorare i tanti morti all'epoca dell'epidemia di Hiv/Aids, la tela di 10 metri ricorda anche ai visitatori la morte prematura dell'artista l'anno successivo.
Andy Warhol, Tate Modern, Londra, fino al 6 settembre 2020
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