Anime europee
Thomas Mann aveva capito già nel 1903 che abbiamo tutti un Nord e un Sud dentro di noi. Se gli italiani scomparissero, noi olandesi li reinventeremmo subito, (per poi tornare, in un attimo, a lamentarci di loro)
di Jan Brokken
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Sono di nuovo a Riga e ho appuntamento con Ainars Roze, il nipote del libraio Jānis Roze. Ho raccontato la storia drammatica della sua libreria in Anime baltiche; da quando il libro è stato pubblicato sono tornato spesso a Riga e ogni volta io e Ainars ci vediamo. Ma questa volta non arriva. Non è da lui, persona estremamente cortese e sempre puntualissima. Dopo tre quarti d'ora il mio telefono vibra. «Dove sei finito?», chiede Ainars. «Ti sto aspettando ». «Dove?». «Al ristorante Fellini, come d'accordo». «Oddio no, io questi italiani me li confondo tutti, ti sto aspettando al Rossini».
Da quando, il primo maggio 2004, la Lettonia è entrata a far parte dell'Unione europea, a Riga è arrivato un cuoco italiano dopo l'altro, in genere in compagnia di un amico o della moglie, e ha aperto un ristorante. Dieci anni dopo, otto ristoranti su dieci nella capitale lettone sono italiani. La Lettonia è stata per tre secoli sotto la tutela tedesca e per due sotto quella russa – nessuno dei due oppressori era rinomato per la sua raffinata cucina. «Andare dagli italiani» fa quindi parte per i lettoni della loro libertà ritrovata. Con l'abbassarsi delle temperature e il buio che arriva sempre prima la sera, i ristoranti si fanno più affollati.
Quando alla fine mi metto a tavola con Ainars al Rossini, la temperatura esterna è di -19 e quella interna +25. In un apposito locale all'ingresso del ristorante vero e proprio, uomini e donne si liberano dei cappotti (di pelliccia), tolgono giacche e maglioni, stivali o scarponcini, e cenano in t-shirt. Forse ancora più importante del cibo italiano e del vino italiano è la sensazione di essere a Palermo o a Roma. Da questo punto di vista i baltici non sono per niente diversi da svedesi, tedeschi, olandesi: razionalmente sono nordici, ma il loro animo anela alla maniera di vivere mediterranea.
Con una differenza: a lungo, per lettoni, estoni e lituani il Sud è stato unicamente un sogno. Chiedete loro qual è stato il maggiore cambiamento da quando è stata sventrata la Cortina di ferro, e la risposta sarà sempre la stessa: che possiamo viaggiare liberamente, che possiamo andare a Sud. Quanto a me, da più di mezzo secolo ormai trascorro il mio tempo nei due ambiti: per metà dell'anno vivo e lavoro ad Amsterdam e per l'altra metà in un villaggio sulla costa atlantica nel Sud-Ovest della Francia. Ho cominciato a studiare nei Paesi Bassi e ho finito a Bordeaux. A casa ad Amsterdam parlo francese con mia moglie, che è francese, a casa a Lacanau-Océan parlo olandese, altrimenti mia moglie disimpara la lingua. Quando studiavo a Bordeaux, mi stupivo della noiosissima vita studentesca, totalmente priva del savoir vivre che dovrebbe essere caratteristica del modo di vivere latino.
A paragone della Francia, studiare in Olanda era una continua festa. Quando mia moglie si trasferì in Olanda, era convinta di entrare in un paradiso sociale. Scoprì con stupore che il medico di base aveva un orario di visita (su appuntamento) per i pazienti assicurati privatamente e un altro (con attese interminabili) per quelli iscritti alla mutua. Chi va da Nord a Sud, o da Sud a Nord, deve valicare una montagna di pregiudizi o di illusioni. A volte in Europa succede che Nord e Sud si azzuffino. I settentrionali sono immancabilmente prudenti fino alla spilorceria, i meridionali sono spendaccioni e sconsiderati.
Gli animi si scaldano, i capi di governo usano toni forti, i populisti invocano l'uscita dalla Ue. In generale dopo un po' le cose si sistemano, la Germania paga gran parte del conto (perché deve ancora espiare per la Seconda guerra mondiale) e i settentrionali d'estate tornano tranquillamente a partire per la Grecia, la Francia, l'Italia o la Spagna. Perché, santo cielo, i settentrionali non possono stare senza il Sud, e i meridionali sanno benissimo che dal punto di vista economico spesso ricevono una spintarella da quegli aridi contabili del Nord.
Con il Coronavirus c'è ora il rischio che le cose vadano in modo diverso: Italia, Francia e Spagna potrebbero rimanere inaccessibili per tutta l'estate. Stasera devo spiegare alla televisione olandese se noi del Nord saremo in grado di sopravvivere. Io credo di sì, ma a fatica, e con il corollario di un inverno terribile. A causa della mancata gioia di vivere. Sono tempi duri e rileggo Tonio Kröger di Thomas Mann. Un racconto scritto nel 1903, prima della Prima e della Seconda guerra mondiale e molto prima dell'incompresa Europa unita. Quando avevo diciassette anni era il mio libro preferito. Tonio ha una madre che viene dal Sud (Consuelo) e un padre della Germania settentrionale, un commerciante con radici danesi. Tonio ha un animo sognante e artistico, vuole vivere nel modo più eccezionale possibile e di certo non aspira a un'esistenza per bene e borghese. Ma il suo lato Kröger è tranquillo e pratico. In Kröger si nasconde un lavoratore indefesso che vuole guadagnarsi da vivere in modo onesto e che ha orrore del disordine e del caos. Tonio Kröger diventa un poeta, un poeta famoso, ma continua a sentirsi lacerato. Si sente troppo ragionevole per essere un artista e troppo artista per vivere come un normale cittadino.
Le due anime che ha nel petto sono, per lui, inconciliabili. E invece la sua fidanzata Lisaweta, pittrice, gli insegna che può unificare quei due aspetti di se stesso, semplicemente lasciandoli coesistere. Puoi diventare un artista borghese. O un borghese artistoide. Noi in Europa finalmente riusciamo a capire quell che Thomas Mann ci diceva già nel 1903: che abbiamo in noi un Nord e un Sud. Proprio grazie a quel dualismo, che non riusciremo mai a eliminare, viviamo nel continente in cui si vive meglio, nonostante tutto. Se gli italiani smettessero di esistere, noi nel Nord dell'Europa li reinventeremmo seduta stante.
Non ce la facciamo ad andare avanti senza le benedizioni di Fellini e Rossini. E se tornassero, ricominceremmo subito a lamentarci degli italiani (e greci, spagnoli, portoghesi, sì, perfino dei francesi) perché vivono in modo così spensierato e noncurante, con un gran cuore e le mani bucate.
Lo scrittore olandese Jan Brok ken, pubblicato in Italia da Iperborea, è celebre per Bagliori a San Pietroburgo e soprattutto per il fortunatissimo Anime baltiche, uno splendido viaggio letterario che ha messo per sempre sulle nostre mappe sentimentali la Lituania, la Lettonia e l'Estonia. Il suo ultimo libro tradotto nella nostra lingua è I giusti, l'imponente
ritratto dell'olandese Jan Zwartendijk e del giapponese Chiune Sugihara che, nella Kaunas del 1940, seppero aprire per migliaia di ebrei una via di fuga lontano dal tritatutto nazista.
Jan Brokken
I giusti
Iperborea 2020
640 pagine
19,50 euro
traduzione
di Claudia Cozzi
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