«Annette», il Festival di Cannes si apre sotto il segno del musical
Al via l'edizione numero 74 della kermesse francese con la proiezione dell'ultimo lavoro di Leos Carax. Straordinario Adam Driver in un film affascinante ma confuso
di Andrea Chimento
2' di lettura
Finalmente Cannes! Dopo l'assenza forzata dello scorso anno a causa della pandemia, riparte il Festival di cinema più glamour del mondo. E lo fa con uno dei più grandi registi francesi in attività, Leos Carax, attesissimo sulla Croisette nove anni dopo il meraviglioso «Holy Motors».
Da sempre tra gli autori più eccentrici del cinema europeo, Carax è tornato dietro la macchina da presa per «Annette», film scelto come titolo d'apertura della kermesse di quest'anno e suo primo lavoro girato in lingua inglese.
Si tratta di un musical accompagnato dalle canzoni degli Sparks, che vede protagonisti Adam Driver e Marion Cotillard nei panni di una coppia, cabarettista lui e cantante di fama internazionale lei, la cui vita viene rivoluzionata dalla nascita della prima figlia, Annette.
Un'opera rock
Si può definire «Annette» un'opera rock a tutti gli effetti, in cui i brani musicali non si limitano ad accompagnare l'azione, ma creano una vera e propria sceneggiatura a se stante.Il film si apre in maniera profondamente metacinematografica, con lo stesso Carax che dà il via all'azione, occupando un ruolo simile a quello già giocato nell'incipit di «Holy Motors».Sono numerosi i collegamenti con la pellicola del 2012 (dalla riflessione sul ruolo del performer alla struttura narrativa profondamente episodica), ma non mancano possibili legami con il genere melodrammatico, che Carax aveva affrontato sia nella sua opera prima, «Boy Meets Girl», sia ne «Gli amanti del Pont-Neuf».
Più che il disegno complessivo, a tratti troppo confuso, contano i momenti singoli in questo lungometraggio che vive di grandi sprazzi e di brusche cadute, dovute anche all'ambizione sterminata e sempre degna di grande stima di un autore che continua a rischiare, film dopo film, mantenendosi sempre coerente con se stesso.
Grande prova di Adam Driver
Potente nella prima parte, il film risulta meno appassionante nella seconda, soprattutto a causa di un andamento narrativo che fatica a coinvolgere come dovrebbe.La colonna sonora, però, resta di ottimo livello, così come le prove dei due protagonisti, tra cui svetta uno straordinario Adam Driver, capace di crescere sempre più, pellicola dopo pellicola: già nell'emozionante «Storia di un matrimonio» di Noah Baumbach aveva dato una piccola prova delle sue doti (anche) canore, ma qui regge (vocalmente e fisicamente) una performance complicatissima, ricca di diverse sfumature psicologiche.È indubbiamente lui il punto di forza di un lungometraggio ricco di riferimenti letterari e cinematografici (a King Vidor, tra gli altri), dotato di bellissime immagini che, però, finiscono per risultare a tratti troppo forzate e fini a se stesse.
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