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Annullato l’atto di nascita del minore con due papà. Sì al figlio di due mamme nato con la fecondazione assistita

Un’inversione di rotta sulla surrogata in adesione alla via tracciata dalla Cassazione. Non si possono invece rettificare gli atti di nascita dei minori riconosciuti da due mamme

di Patrizia Maciocchi

3' di lettura

Il tribunale di Milano ha annullato la trascrizione dell’atto di nascita del genitore di intenzione di un bambino nato con la maternità surrogata, perché avvenuta in violazione della normativa vigente. Il Tribunale ha considerato ammissibile il ricorso della Procura teso all’annullamento dell’atto di nascita formato all’estero del minore nato con la gestazione per altri che conteneva l’indicazione sia del genitore biologico sia del genitore di intenzione. La decisione è il risultato di un cambio di rotta del Tribunale che ha ora ritenuto di aderire ai principi dettati dalla sentenza della Cassazione 38162/2022.

Tutela piena con l’adozione

Anche per i giudici milanesi la tutela del minore nato da maternità surrogata può oggi essere riconosciuta, pienamente, grazie all’adozione in casi particolari. Un istituto, uscito anche “rafforzato”, dopo la sentenza della Consulta 79/2022 che ha cancellato la norma che impediva l’estensione al minore dei rapporti di parentela dell’adottante. Per i giudici milanesi l’annullamento si imponeva anche perchè la trascrizione del nome del genitore di intenzione è avvenuta trasgredendo alle norme interne, che vietano il ricorso al cosiddetto utero in affitto.

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La strada indicata già dalla Cassazione, come di recente da Strasburgo, è ancora una volta quella della stepchild adoption. Uno strumento - ricordano i giudici - che tutela il diritto del minore al pieno riconoscimento del ruolo svolto dal genitore di intenzione «non solo nel progetto procreativo ma altresì nel successivo progetto volto alla sua crescita, educazione e istruzione». Un riconoscimento dello status di figlio «e dei relativi diritti e al genitore di intenzione pienezza della titolarità e dell’esercizio della responsabilità genitoriale».

Diversa è stata invece la decisione rispetto ad altre tre impugnazioni della Procura, relativi a tre coppie di donne che avevano invece fatto ricorso alla procreazione materialmente assistita, all’estero. Il collegio «ha ritenuto inammissibile il procedimento di rettificazione degli atti dello Stato civile - si legge nella nota del Tribunale - utilizzato dalla Procura della Repubblica per chiedere l’annullamento della trascrizione dell’atto di riconoscimento del figlio, già riconosciuto dalla madre biologica, da parte della madre intenzionale. Una scelta fatta in considerazione della natura dell’atto di riconoscimento e dei suoi effetti, tali da precludere l’annullamento attraverso il procedimento di rettificazione, rendendo invece «necessaria l’instaurazione di una vera e propria azione volta alla rimozione dello stato di figlio». L’ufficiale dello Stato civile può, infatti, non accettare una dichiarazione di riconoscimento del figlio, ma se la consente - per compiacenza, per errore o in violazione della legge - e viene annotata nell’atto di nascita del minore, il riconoscimento non può essere contestato. E dunque va esclusa la rettificazione «ma sarà necessario ricorrere al modello di tutela che il nostro ordinamento prevede per la rimozione dello status di figlio (impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità, disconoscimento di paternità, contestazione di stato) ossia un procedimento - scrivono i giudici -svolto secondo le forme e con la pienezza di garanzie del procedimento contenzioso di cognizione e con la specifica garanzia della nomina di un curatore speciale del minore onde tutelare il relativo interesse nell’ambito della procedura».

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L’intervento del ministero dell’Interno

Tutti i ricorsi trattati sono stati promossi dalla Procura della Repubblica con il procedimento che prevede la possibilità di rettificare gli atti di Stato Civile per eliminare una difformità tra situazione di fatto, come dovrebbe essere secondo la legge, e quanto risulta dall’atto dello Stato Civile, a causa di un vizio «comunque da chiunque originato nel procedimento di formazione dell’atto stesso». In tutti i procedimento è intervenuto il ministero dell’Interno, attraverso l’avvocatura di Stato, aderendo al ricorso del Pm.

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