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Antitrust, al via il processo a Google per monopolio

Inizia il procedimento contro il motore di ricerca per abuso di posizione dominante: la causa era stata avviata dal dipartimento di Giustizia dell’amministrazione Trump. Nel mirino gli accordi con i produttori di cellulari

di Luca Veronese

25 anni di Google: il mondo (digitale e non) conquistato in un quarto di secolo

4' di lettura

Il governo degli Stati Uniti contro Google. Prende il via martedì 12 settembre a Washington il procedimento contro il motore di ricerca più utilizzato del mondo, accusato di avere violato le norme Antitrust. La causa - avviata dal dipartimento di Giustizia sotto la presidenza del repubblicano Donald Trump e proseguita con determinazione anche con l’amministrazione democratica di Joe Biden - avrà, comunque vada a finire, implicazioni pesanti non solo sul business del gruppo di Mountain View e di tutte le big tech, ma determinerà lo sviluppo di internet e il modo in cui i consumatori avranno accesso alle informazioni sulla rete. Mentre, da un punto di vista più politico, farà chiarezza sulla capacità del governo americano di tenere a freno le pratiche al limite del monopolio dei giganti della Silicon Valley, farà da test per le leggi Usa che, a partire dal Sherman Act, hanno difeso la concorrenza e il libero mercato nei settori tradizionali - dai trasporti, all’acciaio, all’agricoltura - ma potrebbero non essere altrettanto efficaci nell’arginare le pressioni esercitate sul mercato dalle società hi-tech come quella fondata da Larry Page e Sergey Brin.

Il maggior monopolio dai tempi di Microsoft

«È il caso di monopolio antitrust più significativo dai tempi di Microsoft, potrebbe determinare molti cambiamenti», sostiene Michael Carrier, professore di diritto alla Rutgers University. Come l’azione delle autorità antitrust contro AT&T - avviata nel 1974 e conclusasi nel 1982 con lo smembramento della società - ebbe il merito di aprire la strada alla moderna industria della telefonia cellulare; e come la battaglia legale contro Microsoft, nel 1998 - impedendo a Bill Gates di imporre di default il suo browser Explorer ai clienti di Windows - creò maggiori spazi ad altri nuovi protagonisti di internet; così la causa contro Alphabet e il motore di ricerca Google, avviata nel 2020, è destinata a segnare un prima e un dopo nell’industria tecnologica statunitense, nell’utilizzo della rete, e a catena anche nel mercato della pubblicità e dei media.

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La tesi del dipartimento di Giustizia

Il dipartimento di Giustizia, assieme a una coalizione di procuratori statali, sostiene che Google avrebbe illegalmente soffocato la concorrenza pagando 45 miliardi di dollari all’anno (ad Apple, Samsung, Lg, Motorola e agli altri produttori) per garantire che il suo motore di ricerca risultasse predefinito sulla maggior parte dei telefoni e dei browser web. Secondo gli esperti del governo Google avrebbe imposto l’esclusiva su questi accordi, negando così ai concorrenti l’accesso alle query di ricerca e ai clic. E consolidando la propria posizione dominante sul mercato, con una strategia che avrebbe inoltre comportato una minore scelta per i consumatori e una minore innovazione. «Ai tempi della causa contro Microsoft, Google sosteneva che le pratiche di Microsoft fossero anticoncorrenziali, eppure, ora, Google utilizza lo stesso schema per sostenere i propri monopoli», hanno affermato gli avvocati dell’accusa. Le stime del governo dicono che negli ultimi anni Google ha conquistato una quota di mercato superiore al 90% nella ricerca su internet negli Stati Uniti, lasciando solo qualche punto percentuale a Bing, Yahoo e DuckDuckGo. E raggiungendo i 283 miliardi di dollari di ricavi lo scorso anno.

La difesa di Google

Google, guidata dal ceo Sundar Pichai, afferma di non aver violato la legge antitrust e che i suoi accordi sui browser erano «concorrenza legittima» e non «esclusione illecita» tanto che non hanno impedito ai rivali di sviluppare i propri motori di ricerca né hanno impedito ad aziende come Apple e Mozilla di promuoverli. Sempre secondo la difesa i produttori di telefoni e browser web avrebbero scelto Google come motore predefinito, ma comunque modificabile, per offrire ai propri clienti la «massima qualità». A sostenere le ragioni di Google ci sarà Kent Walker, che nel 1998 come avvocato di Netscape ebbe un ruolo fondamentale nell’accusare Microsoft. «La linea di fondo è che continuiamo, in Netscape e Google, a stare dalla parte di chi cerca di garantire che le persone abbiano i prodotti che vogliono utilizzare», ha detto Walker.

Per la legge Usa non è illegale per un’azienda stipulare un accordo con un cliente che ne escluda altri. Ma gli accordi esclusivi possono violare la legge antitrust se un’azienda è così grande o potente da impedire ai rivali di entrare nel mercato e non può dimostrare che i suoi limiti alla concorrenza nel settore siano controbilanciati da un effetto positivo sui consumatori.

Toccherà al dipartimento di Giustizia l’onere di dimostrare come gli accordi commerciali di Google hanno danneggiato la concorrenza, l’innovazione e il consumatore.

Il governo Usa non ha chiesto sanzioni per Google ma ha intenzione di ottenere lo stop alle pratiche che danneggiano la concorrenza. E ha fatto presente che potrebbe essere necessario «un aiuto strutturale», facendo riferimento alla possibilità che le attività di Google vengano smembrate.

Dopo tre anni di indagini (e mentre avanzano molte altre cause contro Google negli Stati Uniti e in Europa) si prevede che il processo durerà almeno dieci settimane: il giudice distrettuale, Amit Mehta, non dovrebbe pronunciarsi prima del 2024.

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