ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùFormaggi

Antonio Auricchio: «Remando tutti dalla stessa parte vincerà la qualità del made in Italy»

Secondo il presidente dell’Associazione formaggi Dop e del Consorzio Gorgonzola c’è ancora spazio per crescere all’estero e in Italia vanno evitati i conflitti all’interno della filiera

di Emiliano Sgambato

Antonio Auricchio

2' di lettura

Quando l’abbiamo raggiunto al telefono, Antonio Auricchio – una vita nel mondo caseario con l’azienda di famiglia, presidente dell’associazione dei formaggi a origine protetta (Afidop) e del Consorzio di tutela del Gorgonzola – stava per partire per New York per partecipare al Summer Fancy Food, la fiera più importanti per l’alimentare negli Stati Uniti. «Non mi stancherò mai – ci ha detto – di portare le eccellenza italiane nel mondo e di emozionarmi quando vedo come vengono apprezzate».

La quotazione Ue del latte è cresciuta del 29% in un anno, e se per Assolatte sono insufficienti gli aumenti riconosciuti dalla Gdo, per Coldiretti gli allevamenti restano in difficoltà soprattutto in zone meno vocate, e perché in prospettiva i prezzi di mangimi ed energia non sembrano vedere un calo. Una situazione al limite della sostenibilità economica quella del lattiero caseario, in modo non molto dissimile da quello che sta succedendo in altri settori, ma si inserisce in un contesto in cui spesso gli allevatori produttori di latte si contrappongono ai trasformatori. Da Auricchio arriva un appello all’unità in difesa della qualità del made in Italy.

Loading...

Su cosa bisogna puntare per superare la crisi?
Va mantenuta l’eccellenza, non va abbassata la qualità dei formaggi, perderemmo consumatori in Italia e nel mondo. I produttori non devono, diciamo così, fare furbate, e i Consorzi devono tenere alta la guardia sui controlli e sulle regole che garantiscono la qualità. Dobbiamo poi saper comunicare perché chiediamo un determinato prezzo. Ma per fare questo è essenziale che tutti remino dalla stessa parte, dagli allevatori ai trasformatori alla distribuzione organizzata. Per difendere il valore del made in Italy, soprattutto in questo momento di difficoltà, è ora di smetterla con le “guerricciole” all’interno della stessa filiera.

In questo momento di difficoltà sui costi e inflazione c’è ancora spazio per una crescita dell’export?
Tra pandemia, guerra e crisi energetica siamo in una situazione mai vista prima. A crescere non è solo il costo del latte ma anche tutto il resto, dalla plastica al cartone alle bollette, fino a noli per l’export. La situazione è difficile, bisognerà vedere a settembre-ottobre cosa segnerà il termometro. Ma come imprenditore devo essere ottimista, bisogna continuare a fare promozione per conquistare nuove quote di mercato, non solo dei formaggi più noti, ma anche dei più piccoli tra le 54 specialità tutelate. Soprattutto i piccoli possono essere spaventati da questo momento, ma vanno tenuti i nervi saldi, va fatta capire al mondo la differenza della nostra storia e della nostra qualità, lottando contro imitazioni e italian sounding.

Quali sono le nuove frontiere?
Non per forza si tratta di mercati del tutto sconosciuti. Ad esempio negli Usa siamo concentrati sulla costa Est, ma ci sono ancora molti stati del’Ovest su cui lavorare. Ci sono anche pregiudizi da sfatare: agli americani piace mangiar bene, se porti un prodotto di qualità lo sanno apprezzare. Naturalmente poi c’è il far East e la Cina. E l’India, anche se la sacralità delle mucche impedisce la diffusione del formaggio fatto con il caglio di vitello, ma la soluzione può essere trovata in sostanze vegetali.

Riproduzione riservata ©

Brand connect

Loading...

Newsletter

Notizie e approfondimenti sugli avvenimenti politici, economici e finanziari.

Iscriviti