I CONTI DEI BIG TECNOLOGICI

Apple e Amazon, utili record per 22 miliardi. Alphabet cresce, ma inciampa su tasse e costi

di Marco Valsania

5' di lettura

NEW YORK - Apple, Amazon e Alphabet. In un colpo solo, tre grandi moschettieri americani della tecnologia e di Internet hanno dato conto di performance che dimostrano il loro dominio e promettono nuovo sostegno alla crescita, alla competitivita' e alla borsa americana. Due di loro hanno anzi macinato record: Apple e Amazon. Apple ha riportato fatturato e utili trimestrali ai massimi storici - con profitti che hanno superato i 20 miliardi di dollari - nonostante una frenata nelle vendite del suo prodotto iconico, l'iPhone. Amazon per la prima volta nella sua storia ha sollevato il sipario su un attivo volato oltre il miliardo. Per l'esattezza, gli utili del leader dell'e-commerce sono piu' che raddoppiati sfiorando i due miliardi una volta sommate voci straordinarie.

I titoli hanno risposto con scatti in rialzo. Anche nel caso di Apple, dove i risultati hanno minimizzato persino i timori di un outlook deludente nel trimestre in corso. Nel dopo mercato, con gli investitori rassicurati da forti aumenti dei prezzi medi incassati per gli iPhone, la societa' di Cupertino leader della market cap a Wall Street ha guadagnato il 3,3 per cento. Amazon, che con i risultati ha dimostrato sia disciplina nelle spese che sempre piu' aggressive mire espansionistiche, ha spedito le proprie quotazioni in rialzo del 6,4% dopo aver guadagnato il 65% in dodici mesi. Per il terzo moschettiere, Alphabet, il bilancio e' stato solido ma meno brillante: se il fatturato e' salito piu' delle attese, ha scontato perdite trimestrali causate da oneri legati alla riforma delle tasse e ha pagato aumenti dei costi. Il titolo e' arretrato del 2 per cento.

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Apple
L'azienda ha messo a segno profitti netti levitati del 12% a 20,1 miliardi e utili operativi saliti di altrettanto a 26,3 miliardi. Entrambe le cifre sono state record, come anche le revenue aumentate del 13% a 88,29 miliardi. Gli utili per azione, pari a 3,89 dollari, hanno superato i 3,86 attesi. Il giro d'affari ha battuto gli 87,28 miliardi anticipati dagli analisti.
Gli iPhone venduti sono diminuiti dell'1% a 77,3 milioni e hanno deluso attese di 80 milioni. Ma sono stati piu' che sufficienti a sostenere l'andamento del gruppo: il giro d'affari generato dagli iPhone e' salito del 13% a 61,6 miliardi grazie all'aumento del prezzo medio pagato dai consumatori per i gadget. L'iPhone X, lanciato per il decimo anniversario dello smartphone al prezzo base di 999 dollari, ha aiutato a far salire la media del 15% a 796 dollari, a sua volta un massimo storico.
L'outlook per il trimestre in corso e' stato moderato, con attese di entrate tra 60 e 62 miliardi inferiori ai 66,54 miliardi finora pronosticati dagli analisti. Ha pero' fatto colpo la crescente diversificazione oggi evidenziata dal business, davanti a paure di una eccessiva dipendenza dall'iPhone e di insufficiente innovazione. Con 1,3 miliardi di propri devices ormai in uso, aumentati del 30% in due anni, Apple ha visto la divisione di servizi mettere a frutta una simile popolarita' con un incremento trimestrale delle entrate del 18% a 8,47 miliardi, pari a un decimo del fatturato totale.

L'azienda non ha invece sciolto un altro nodo, quello dell'utilizzo dei suoi ingenti profitti all'estero. Apple, al contrario di altri gruppi, non ha dovuto contabilizzare oneri per pagare tasse stimate in 38 miliardi legate ad un loro programmato rimpatrio sulla base della riforma del fisco americano voluta da Donald Trump. Aveva infatti gia' stanziato in passato risorse adeguate per farvi fronte. Il direttore finanziario Luca Maestri ha tuttavia indicato che discutera' piani piu' specifici per questo “tesoro”, adesso salito al record di 285,1 miliardi, solo quando saranno annunciati i conti del trimestre in corso, che termina a fine marzo. Escluso il debito, la cassaforte ammonta a 163 miliardi e Maestri si e' limitatona lasciar filtrare che Apple potrebbe usare i fondi, oltre che per investimenti, soprattutto per dividendi, buyback e acquisizioni.

Amazon
La societa' ha piu' che raddoppiato i profitti a 1,9 miliardi, una serie positiva che dura ormai da due anni e mezzo, aiutata da una voce straordinaria per la riforma delle imposte pari a 789 milioni. Robuste performance nelle divisione di servizi cloud e nella pubblicita' e maggior efficienza nei suoi enormi centri di distribuzione hanno contribuito significativamente all'exploit, stando ai vertici del gruppo.
Le entrate sono balzate del 38% a 60,5 miliardi, oltre le attese di 59,83 miliardi. Per ogni dollaro speso online dagli americani, 40 centesimi passano oggi da Amazon. L'azienda, sempre piu' diversificata, controlla tre quarti del mercato degli smart-speaker con i suoi gadget Echo e ha ormai dato vita a una vera e propria casa di produzione cinematografica di Hollywood. E' soprattutto il protagonista dominante nel cloud computing, con Amazon Web Services che vanta il 40% del mercato davanti a rivali quali Microsoft e Alphabet.
Amazon Web Services, che affitta servizi dati alle aziende e alla pubblica amministrazione, ha visto le entrate salire del 45% a 5,11 miliardi e gli utili operativi impennarsi del 46% a 1,35 miliardi.

L'espansione di Amazon, nel trimestre, si e' tradotta anche nell'assorbire i supermercati di qualità Whole Foods. Questi hanno incassato 4,52 miliardi, meglio dei 3,5 miliardi di un anno prima quando erano indipendenti. Segno delle continue ambizioni, nei giorni scorsi Amazon ha annunciato un'intesa con JP Morgan e Berkshire Hathaway per creare una societa' sanitaria con l'obiettivo di contenere i costi dell'assistenza per centinaia di migliaia di dipendenti. Il gruppo sta infine per scegliere una citta' nordamericana per un secondo grande quartier generale da affiancare all'originale sede di Seattle.

Alphabet
Alphabet ha riportato un bilancio con perdite per 3,02 miliardi, a causa di oneri di 9,9 miliardi legati alla riforma delle tasse americane. Senza queste voci una tantum, i profitti sarebbero aumentati del 28% a 6,84 miliardi. Hanno pero' ugualmente deluso, con gli utili per azione che sono stati di 9,70 dollari, sotto le attese di 9,96 dollari.
Bene, pero', e' andato il giro d'affari, sostenuto anzitutto dalla raccolta pubblicitaria digitale pari a 27,27 miliardi. E' levitato del 24% a 32,32 miliardi. Le revenue annuali sono inoltre balzate oltre la soglia psicologica dei cento miliardi. La divisione strategica Google domina tuttora il 92% delle ricerche su Internet e la controllata YouTube rimane leader tra i siti di video. I click pubblicitari sono aumentati del 43% nel trimestre, leggermente meno del 47% dei tre mesi immediatamente precedenti. Le revenue per click sono pero' diminuite ancora, del 14%, dopo un calo del 18% tre mesi prima. A tenerle sotto pressione e' il minor valore delle inserzioni “mobili”.

Google sta investendo per diversificare il suo business. Nel mirino sono servizi cloud e hardware tecnologico, anche se ancora indietro rispetto ai protagonisti in questi segmenti. Assieme al suo media store e alle app di Google Play, queste attivita' sono raggruppate nella categoria “Altre entrate” e hanno mostrato una crescita del 38% a 4,69 miliardi. Le “Altre scommesse”, attivita' non core e piu' rischiose, comprendono la divisione per l'auto self-drivng Waymo (che ha appena rafforzato la sua partnership con Fca) e la startup biotech Verily. Ma hanno continuato a rimanere in perdita, un passivo di 916 milioni e entrate di 409 milioni. Anche se le perdite sono leggermente diminuite e il fatturato quasi raddoppiato rispetto all'anno precedente. Ieri e' inoltre venuto alla luce che Alphabet, nei suoi sforzi di trovare nuove strade di crescita, sta discutendo una joint venture con la compagnia petrolifera di stato dell'Arabia Saudita Aramco per costruire in grande hub tecnologico e Data Centers nel paese.
Nell'ultimo trimestre, a penalizzare particolarmente i conti sono stati i costi di cosiddetta traffic-acquisition, i pagamenti ai partner (tra cui Apple) perche' inseriscano i servizi dell'azienda nei loro prodotti. Questi costi sono aumentati del 33% a 6,45 miliardi, pari al 24% delle entrate rispetto al 23% precedente. La spesa di marketing e' a sua volta salita del 38% a 4,31 miliardi. Alphabet, come Apple, non ha scoperto le carte su progetti per le riserve cash di 101 miliardi di dollari finora tenute all'estero: nessun piano preciso per il rimpatrio.

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