Le sfide per i piccoli

«Aprire il capitale e logiche di filiera per crescere bene»

di Chiara Bussi

Lucio Poma. Il capo-economista di Nomisma: «Paese a due velocità. Occorre attrezzarsi per porre la basi per una crescita duratura»

3' di lettura

Lezione numero uno: «La pandemia ha accentuato i divari già esistenti e ci ha restituito l’immagine nitida di un Paese a due velocità». Lezione numero due: «Le imprese che sono riuscite a viaggiare controcorrente nonostante la crisi non devono adagiarsi sugli allori e continuare ad essere ambiziose». Così Lucio Poma, capoeconomista di Nomisma, riassume l’eredità del Covid sul tessuto produttivo del nostro Paese. «Le micro e piccole aziende che dominano la classifica – spiega – hanno registrato un tasso di crescita strepitoso nel triennio 2017-2020. Adesso la sfida è mantenerla e porre le basi per uno sviluppo strutturale e duraturo». Una sfida su più terreni di gioco: per le imprese stesse ma anche per la classe politica (italiana ed europea) che deve creare un habitat adeguato per l’innovazione, la formazione di qualità e la competitività.

Nell’annus horribilis 2020 l’economia del nostro Paese ha subito un brusco contraccolpo: -8,9 per cento. «Eppure – sottolinea Poma – i conti non tornano. Una parte delle imprese di ogni dimensione ha continuato a crescere e la pandemia ha accelerato i cambiamenti già in atto. Lo abbiamo visto con il boom dell’e-commerce o con la maggiore consapevolezza sull’importanza delle tecnologie Industria 4.0 che hanno riguardato anche le realtà di più piccole dimensioni. Oggi ci sono spazi importanti per una crescita vigorosa anche per loro. Posto che ormai è chiaro che il nanismo non paga, la vera domanda che devono porsi è se sono davvero attrezzate per cogliere questo potenziale, perché passare da poche unità ad alcune decine di dipendenti significa anche rivedere la struttura dell’impresa stessa e la logica industriale».

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Qui entrano in gioco le fragilità storiche del sistema manifatturiero del nostro Paese. «Il primo passo cruciale da compiere per una crescita costante – dice - riguarda la governance: occorre aprire il capitale e diventare una Spa. È un salto culturale notevole perché ancora oggi c’è una forte personalizzazione dell’attività d’impresa, ma è indispensabile togliere i parenti dal cda». Con i tassi ai minimi storici e l’enorme massa di liquidità disponibile «se un’impresa è sana e in crescita – fa notare Poma – reperire finanziamenti non è un problema. Servono risorse per acquistare macchinari e tecnologie Industria 4.0, più che mai essenziali, ma ancora a misura di aziende più grandi. E c’è bisogno di un intervento del governo per affiancare agli incentivi fiscali esistenti nuove formule che consentano di coprire queste spese che per un’azienda più piccola si rivelano molto onerose». Un’altra azione urgente riguarda il capitale umano, con investimenti nella formazione per valorizzare i profili tecnici. «Per le imprese più piccole – fa notare Poma – lo sforzo è doppio, perché un altro fattore critico è il tempo da dedicare a queste attività. Per questa ragione è essenziale l’elemento motivazionale. Un personale più qualificato si rivela per l’azienda anche un fattore di competitività e di attrazione dei talenti sul territorio».

Per una crescita duratura servono anche un cambio di passo nella logica industriale valorizzando le potenzialità della filiera e premendo l’acceleratore su un’integrazione tra i vari anelli della catena del valore. «Alcuni esempi virtuosi nel settore farmaceutico o nel packaging – dice Poma- mostrano l’effetto traino del capofiliera su tutto il sistema. Ragionando in quest’ottica si potrebbe affrontare il nodo della carenza di materie prime con una maggiore capacità contrattuale, ma anche quello della logistica o dell’accesso al credito». In alcuni casi la relazione con i subfornitori è ancora più stretta. E cita Sinermatic, un network di oltre 30 aziende con la partecipazione azionaria della multinazionale emiliana Ima nato per mettere a fattor comune gli acquisti e creando facilitazioni con il mondo bancario presentandosi come unico interlocutore. «Un esempio – dice – che potrebbe essere seguito anche in altri settori».

Ma il cambio di passo deve essere anche “di sistema”. «Il Next Generation Eu - conclude Poma - non basta: Bruxelles deve dispiegare un’azione di politica industriale a tutto campo per difendere la propria competitività dall’avanzata di Stati Uniti e Cina. Su questo fronte servono sforzi aggiuntivi e un’azione coordinata tra i Ventisette».

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